Capitolo zero

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«Papà, papà, guarda!»

Una bambina puntava il suo indice minuto verso il cielo. Sopra di lei si ergevano maestose le conifere della foresta, che parevano sorreggere la volta celeste. Un debole sole si posava sull'erba verde e sui licheni. Ma non furono le conifere né il sole a rubare l'attenzione della piccola. Il padre alzò lo sguardo, mentre un falco volteggiava sopra le loro teste. La bambina osservava con occhi pieni di stupore i cerchi concentrici che il volatile eseguiva nell'aria con grande maestria.

«Quello è un falco, tesoro. Che animale magnifico!»

L'uccello continuava a girare in tondo, senza distogliere lo sguardo dai due. Le sue iridi, lucenti e impenetrabili, riflettevano l'immagine del padre e della figlia, come uno specchio maledetto. Dopodiché l'incanto svanì, il falco ruppe il cerchio e volò via. Era la prima volta che la bambina ne vedeva uno. A New York non c'era nulla di simile e né le immagini dei libri né la televisione potevano compensare l'esperienza di trovarsi faccia a faccia con un animale vero. Ora però la piccola si girò, in cerca di qualcos'altro. Allungava il collo, prima in una direzione, poi in un'altra, cercando di distinguere tra le macchie verdi, ma niente. Poi qualcuno sbucò da dietro gli alberi. La bambina rivide finalmente sua madre e tirò un sospiro di sollievo. Le corse incontro, ansiosa di rivelarle l'incredibile avvistamento che aveva fatto. Era una donna alta e longilinea, con degli splendidi capelli neri come il corvo, leggermente mossi e gli occhi di un grigio perla penetrante. Sua figlia aveva ereditato da lei il nasino aggraziato e la fronte un po' sporgente, mentre dal padre aveva preso il colore castano degli occhi e dei capelli. Lui un impiegato d'ufficio, lei un'infermiera. Avevano deciso di prendersi una lunga vacanza dopo diversi anni costretti a passare le estati nel soffocante tessuto urbano della metropoli; in parte per i debiti accumulatisi, che finalmente erano riusciti a pagare; in parte per il lavoro precario di lui. Fino a quando, due anni prima, era stato assunto a tempo indeterminato, con un ottimo stipendio da impiegato. Una favola a lieto fine, insomma.

Ora dalla Grande Mela avevano deciso di allontanarsi dalla civiltà, dal caos degli ingorghi stradali, dal groviglio di incroci e semafori, per recuperare parte di quel contatto originale, primitivo con la terra. E cosa meglio dei boschi di conifere che circondano Silver Lake? Ovviamente l'esistenza di una così piccola città non era minimamente contemplata. Fu un cartello a ridosso del lago omonimo a suggerire alla famiglia l'idea di visitarla. Un nome che evoca immagini suggestive.

 Man mano che il fuoristrada saliva, un verde incontaminato e smeraldino si espandeva sotto i loro occhi. La bambina, con la faccia schiacciata sul finestrino, ammirava estasiata lo spettacolo ancestrale del mondo. Ma ciò che senz'altro conferiva un'aura magica a quel posto era il lago, incastonato al centro della vallata come un diamante in un drappo verde. La sua superficie, rischiarata dai raggi del sole che penetrava dalla coltre di nubi grigie, era qualcosa di profondamente aulico.

Ad un primo sguardo il paese apparve subito come una landa desolata, o una fotografia sbiadita. Quel genere di città in cui nessuno si fermerebbe di proposito, se non per una gomma forata o un motel in cui passare la notte. Strade ampie e vuote, semafori spenti e qualche auto lasciata a morire a ridosso dei marciapiedi. Le poche persone che si incontravano in giro, per lo più vecchi, al loro passaggio fissavano i tre forestieri con lo stesso sguardo con cui si guarderebbe un elefante in mezzo a una strada. Ma questo senso di solitudine in fondo era proprio ciò che essi cercavano. Decidendo così di passare la notte lì, si fermarono all' Hotel Rose, un albergo dall'aspetto modesto e dai prezzi onesti. L'inserviente alla reception, un ragazzo alto con un finto sorriso stampato sulla faccia, non poté però nascondere lo stupore nel vedere dei clienti. In uno stato di strana euforia mista a un certo trattenuto contegno, diede al capofamiglia un'energica stretta di mano. Dopodiché tirò fuori da sotto il bancone l'elenco dei visitatori, impolverato e dalle pagine ingiallite come i denti di un vecchio fumatore.

Al di là della nebbiaWhere stories live. Discover now