Capitolo 5

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Il mattino seguente quando mi svegliai mi sentii triste e arrabbiata. Ancora una volta Paulo mi aveva lasciata senza darmi spiegazioni. Ieri dovevamo andare ai suoi allenamenti insieme, ma lui non si presentò più a casa dei miei. E anche quando mio zio mi chiese di venire agli allenamenti rifiutai.

«Buongiorno.» salutai i miei seduti in salotto, feci colazione e andai sul divano con loro. Ad un certo punto sentii il citofono suonare, mi alzai e andai ad aprire. Quando aprii la porta vidi mio zio e mia zia davanti a me. Li salutai e li fece accomodare in casa. Non so perché ma una parte di me sperò che a citofonore fu Paulo. Devo smetterla di illudermi ancora.
«Sai perché Paulo ieri non era agli allenamenti?» chiese poi mio zio guardando verso di me. Scossi la testa. Strano, non avrebbe mai saltato un allenamento, conoscendolo. Chissà cosa avrà avuto di più importante da fare.
«Mh, strano, non saltarebbe gli allenamenti.» dissi io e mio zio scosse la testa, dubbioso. Poi alzò le spalle e continuò il suo discorso con i miei.
Io andai di sopra e mi vestii, presi il telefono e mi avviai verso la porta del nostro appartamento.
«Vado a fare un giro.» dissi e annuirono salutandomi con la mano.

Passeggiai per le strade di Torino senza una meta precisa. Non conoscevo ancora bene il posto. Passeggiai finché non vidi una parco. Entrai e camminai, quando vidi due ragazzi, uno di loro era piuttosto familiare. Mi sedetti su una panchina, ben nascosta dietro ad un cespuglio e li osservai meglio. I due iniziarono a baciarsi e a ridacchiare. Quando finalmente capii di chi si trattasse, il mondo mi crollò addosso. Chi se non Paulo, seduto su quella panchina a baciarsi con quell'altra ragazza; vederli mi fece sentire così male. Come poteva avere l'audacia di baciarmi il giorno prima e quello seguente baciare un'altra ragazza così appassionatamente. Ancora una volta mi sentii come un peso, mi sentivo rifiutata dalla persona a me più cara. Pensavo che tra me e Paulo ci fosse qualcosa, specialmente dopo ieri, anzi pensavo che quel qualcosa ci fosse sempre stato. Ma ancora una volta quella a perderci la testa ero sempre io. E a lui non fregava nulla di me.
Iniziai a camminare velocemente dalla parte opposta per tornare a casa mentre mille lacrime scorrevano sul mio viso. Ero distrutta. Ecco qual'era il motivo per cui non si era presentato agli allenamenti, e perché se n'era andato via di fretta quand'era con me. Era lei il motivo. Continuai a correre finché non mi accorsi di non sapere esattamente dove mi trovavo. Continuai a camminare finché una macchina non si accostò vicino a me.
«Rosie?» chiese qualcuno all'interno, sobbalzai spaventata. Il proprietario dell'auto abbassò il finestrino e mi sentii rilassata quando vidi Alvaro al volante.
«Ehi, ehi, cos'è successo?» vedendomi piangere mi fece subito cenno di salire in macchina. Feci come richiesto e quando salii mi asciugai le lacrime. Scossi la testa e lui mi mise una mano sulla spalla.
«Sono qui se vuoi.» annuii.
«Potresti portarmi a casa mia?» chiesi con la voce ancora tremolante e lui annuì, non avevo voglia di raccontargli di Paulo in quel momento. Lo ringraziai per il passaggio e lo salutai.

Quando rientrai in casa c'erano ancora i miei zii e i miei genitori seduti a parlare sul divano. Mio papà mi vide e subito si avvicinò a me. «Ehi Rosie, cos'è successo? Hai pianto?» io scossi la testa.
«Mi ero persa tornando a casa e mi sono fatta prendere un attimo dal panico, poi sono riuscita a trovare la via giusta e mi sono tranquillizzata.» mentii, ma fortunatamente loro non se ne accorsero.
«Capisco, devi ancora imparare a conoscere le strade, ti ambienterai.» disse lui mettendomi una mano sulla spalla. Annuii e successivamente andai di sopra a rilassarmi. Mi sdraiai sul mio letto e dopo pochi secondi mi addormentai.

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«Ehi?» sentii qualcuno entrare nella stanza e appoggiarsi sul mio letto. Non so da quanto dormivo, probabilmente da quella mattina. Vidi Paulo davanti a me e la voglia di prenderlo a sberle era veramente alta, ma non ne avevo le forze.
«Scusa se oggi non mi sono fatto vivo, dovevo aiutare mia mamma in casa.» mi mentì nuovamente. Lo guardai male, e lui sembrò non capire, tanto che si guardò attorno spaesato.
«Dì meno cavolate Paulo per piacere.»
«Ti ho visto stamattina, insieme alla tua ragazza, tu probabilmente non mi hai visto perché eri troppo impegnato a mettergli la lingua in gola.» sbottai e lui si irrigidì subito. Non proferì parola.

«Quando avevi intenzione di dirmelo, eh Paulo? Quando! Ti è bastato dirmi qualche cavolata in modo che io cadessi di nuovo nella tua trappola, illudendomi di nuovo. E per non parlare poi dei baci, Paulo tu mi baciavi nonostante avessi un'altra ragazza! Ma non ti fai un po schifo? Ero felice di averti rivisto Paulo, pensavo che dopo le cose di ieri dopotutto ci fosse una speranza per noi.
Sai cosa? Ho sbagliato a venire qui e a darti un'altra possibilità, dovevo capirlo prima. Io me ne torno in Argentina. Non voglio più vederti.» urlai e lui abbassò la testa, poi mi prese per un braccio impedendomi di alzarmi.
«Scusa Rosie, scusa davvero. Le cose che ti dicevo erano vere. I baci anche. Ma ti prego non tornartene in Argentina. Io.. io ho bisogno di te qui.» disse e mi prese entrambe le mani, mi scansai e lo allontanai da me. Iniziai a piangere, non so per quale motivo, ma lo feci, non riuscii a trattenermi.

«No ti prego Rosie non piangere.» disse lui e mi mise le mani sulle guance. Non lo respinsi, solo perché non ne avevo più le forze.
«Paulo te lo dico in modo calmo, per favore va via. Torna dalla tua fidanzata e dimenticami. Io tornerò in Argentina così toglierò il disturbo.» dissi ormai in un sussurro, con la voce ancora spezzata.
«Okey me ne vado..ma ti prego, non tornare in Argentina, Rosie. Non farlo, ti prego. Ti prometto che ti spiegherò tutto quanto.» disse solo questo prima di uscire, oltre che dalla mia stanza anche dalla mia vita.
Scoppiai in un pianto isterico prima di chiudermi in camera mia.

Mi Joya //Paulo Dybala Where stories live. Discover now