Capitolo 2

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Quattro anni dopo...
In questi quattro anni continuai la mia normale vita, e continuai naturalmente a calcio. Non era lo stesso senza Paulo, le mie amiche non volevano giocarci con me perché dicevano che il calcio fosse un sport da maschi, e che noi femmine dovevamo concentrarci su altro. Ma a me poco importava, continuavo ad allenarmi e a giocarci, come se accanto a me sul campo ci fosse sempre il mio amico, di cui ormai non avevo più alcuna notizia.

C'era da ammetterlo, mi mancava davvero tanto Paulo, avrei voluto rivederlo, e riabbracciarlo. Non sapevo più dove fosse, non avevo sue notizie da ben quattro anni. Non sapevo nè dove giocava nè tantomeno dove abitasse, in quale parte dell'Italia fosse, se fosse ancora lì, o come funzionavano le cose ora. Avrei dovuto già dimenticarlo ormai, ma perché mi risultava tanto difficile farlo?

«Tesoro! Ho scoperto che tuo zio allena una squadra a Torino insieme a tuo padre! È molto conosciuta! E lui vorrebbe vederti.» disse lei e io annuii. Avevo sentito parlare su internet di una città italiana chiamata Torino.
«Ti andrebbe di andarci?- chiese lei.
«Per poco, magari giusto un mese e poi torniamo qua. Se vuoi, altrimenti possiamo in qualche modo sistemarci lì.»
«Sai anche tu che è costoso trasferirci dall'altra parte del mondo così...» lei annuì, «Per me va bene fare un salto lì a Torino, voglio vedere la squadra che allenano papà e lo zio. Ma per un eventuale trasferimento aspetterei.» dissi e lei annuii.
«Chiamo tuo padre allora, va bene partire la prossima settimana? Possono procurarci i biglietti.» chiese lei emozionata e io annuii. Prese il suo telefono e si allontanò per fare la fatidica telefonata. Era molto emozionata, quasi più di me, non eravamo mai state all'estero.
Dopo pochi minuti ritornò in cucina da me e mi disse che settimana prossima saremmo potuti andare da loro. Disse anche che ci sarebbero venuti a prendere con il pullman della società di mio zio. Purtroppo Laguna Larga era un piccolo paesino non molto ricco, c'era un aeroporto distante da dove abitavamo noi, ma per arrivare in Italia ci sarebbero aspettate tante ore di viaggio. Io e mia mamma ce la cavavamo piuttosto bene rispetto ad altre famiglie. Ma con i costi di oggi due biglietti per l'Italia ci sarebbero risultati troppo costosi, quindi un aiuto da parte loro ci sarebbe venuto davvero comodo.
«Vado agli allenamenti.» dissi e presi il mio borsone, misi il telefono in tasca e uscii di casa. Arrivata al campetto andai negli spogliatoi e mi cambiai. Salutai il mister e i miei compagni e iniziammo l'allenamento. Quell'erbetta sintetica era il mio mondo e il pallone la mia valvola di sfogo. Mi sentivo davvero bene su quel campo.

A fine allenamento il mister ci salutò e corsi a cambiarmi. Salutai le altre e tornai a casa. Quando arrivai mi feci un panino velocemente e poi andai a dormire, stremata dalla giornata vissuta.

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Il giorno della partenza era finalmente arrivato, misi un bel po' di vestiti nella valigia e scesi di sotto. Andai all'aeroporto con mia mamma dove dopo poco tempo arrivò il nostro aereo, ci imbarcammo e dopo tantissime ore di viaggio finalmente arrivammo in Italia, l'aria che si respirava era completamente diversa da quella argentina, mi sembrava un mondo completamente diverso.
Un pullman poco dopo ci raggiunse, guardai lo stemma sopra e capii subito si trattasse di mio zio. Lo salutammo e poi salimmo in fretta sul pulmino.
«Rosie ti vedo in forma! Sei cresciuta tanto!» disse mio zio e io annuii ringraziandolo. Dopo un paio di ore arrivammo a quella che sarebbe stata la nostra dimora per i giorni seguenti, dentro casa trovai nostro padre seduto sul tavolo della cucina ad aspettarci.

«Rosie.»disse quest'ultimo vedendomi incontro. Mi strinse in un abbraccio e esitai un attimo prima di ricambiare. Non lo vedevo da così tanto tempo.
«Ciao Natalie! Mi sei mancata.» disse e andò ad abbracciare mia madre, la quale emozionata sorrise.
«Voi starete qui, con me, al piano di sopra c'è una la camera degli ospiti, ma può diventare tua Rosie.» disse mio padre. Annuii e lo ringraziai nuovamente, prima di dirigermi nella mia nuova camera a mettere le valige. Notai subito la differenza tra questa grande casa e la mia umile casetta in argentina.

«Io devo andare agli allenamenti ora, Rosie so che ti piace il calcio, vuoi venire a fare un salto? Ti presento i miei ragazzacci.» chiese mio zio, valutai la sua proposta ma poi accettai. Mi misi un pantaloncino sportivo e una canotta e nello zaino portai anche le mie scarpette, in caso di bisogno. Ero così emozionata.
«Tuo padre mi ha detto che ti piace molto il calcio.» disse mentre eravamo in macchina.
«Beh, sa molto per non essere stato molto presente nella mia vita.» dissi io e guardai fuori dal finestrino per non piangere. La sua mancanza la sentivo tantissimo, e nonostante ogni tanto ci scrivesse o ci inviasse dei pensieri, averli lì fisicamente sarebbe stata tutta un'altra storia.
«Ehi» mi mise una mano sulla spalla. «Tuo padre avrebbe voluto esserci, e a modo suo c'è stato. Certo, non tutto il tempo, ma ha avuto tantissimo lavoro qui e credimi l'ho visto spaccarsi la schiena di lavoro per potervi aiutare anche a distanza. Ora siete di nuovo insieme, avrete tutto il tempo per recuperare il tempo perso, non avercela con lui.» concluse e io annuii. Infondo, aveva ragione.

Appena arrivammo scendemmo e andai con lui in campo. Vidi già qualche ragazzo in campo e l'idea di conoscere dei calciatori famosi mi emozionava e agitava al tempo stesso. Man mano che arrivarono tutti andarono negli spogliatoi a cambiarsi. Quando uscirono si riunirono a centro campo con mio zio, quest'ultimo mi fece cenno di avvicinarmi a lui e timidamente lo feci.
«Lei è mia nipote, si chiama Rosie, arriva direttamente dall'Argentina, è qui come turista, e siccome ama il calcio ho pensato di portarla qui.» tutti mi salutarono con la mano e successivamente vidi arrivare anche mio padre in giacca e cravatta con in mano una cartellina trasparente.

«Rosie...» disse qualcuno, mi girai e lo vidi Non potei credere ai miei occhi. La terra per un attimo crollò sotto i miei piedi.
Come potrei dimenticarmi la sua voce, e il suo accento argentino.
Ma non avrei voluto incontrarlo ora, non qui.

SPAZIO AUTRICE
Gnaw Paulino mio c:
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Mi Joya //Paulo Dybala Where stories live. Discover now