48. Cosa siamo noi?

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-La mia vita è un oscuro e terribile incubo. Non voglio che tu ne faccia parte, Sad. Fin dal primo incontro cercavo di starti lontano, ma non ci riuscivo. Nei tuoi occhi vedo tanta di quella tristezza che in un certo senso mi sento colpevole che tu sia qui, ma tu l'hai deciso. Nonostante non volessi, tu ora sei qui. Non posso proibirti per sempre di fare ciò che io ho evitato di farti fare per non rischiare di diventare come me. Hai deciso di attraversare quella soglia e allo stesso tempo hai accettato qualunque cosa che noi decidessimo.Fai parte di questa famiglia, che tanto famiglia non è, Sad. Hai accettato di rischiare. Hai accettato che qui, nel nostro gruppo ognuno si para il proprio culo. Siamo egoisti più di quanto non immagini e, fa male. Ricorda però che, nonostante noi siamo egoisti non ci tradiremo mai. Ci aiutiamo, ci salviamo e pur se sembra così contorto il nostro ragionamento siamo qui, non come una famiglia ma come qualcosa di più. Quindi Sad, vieni con noi o no?-

Tenevo nelle mie mani quell'oggetto che mi trasmetteva tanta di quella paura. Era pesante, più di quanto immaginassi. È così difficile capire per quale motivo quest'arma abbia tanto di quel potere tanto da ucciderti. In fin dei conti qualcosa c'è che ci fa paura, la morte. Siamo così tanto vigliacchi, codardi che la sfuggiamo sempre. Siamo pronti a tradire, a fare del male per non rischiare di morire. Morire, morire prima o poi tutti moriamo, no?
Doveva essere facile, a dirlo però. Tutto era chiaro: se si fosse avvicinato qualcuno più del dovuto avrei dovuto premere il grilletto, facile no?
Il sangue pulsava furiosamente nelle vene della fronte. Se mi avessero toccato, anche sfiorato sarei balzata in alto poi avrei sparato come una forsennata.
Ero di guardia, in fin dei conti non ero molto esperta nel muovermi con agilità e soprattutto con leggerezza. Gimmy era dentro seppur avesse insistito nel restare con me. Era bravo e di certo sarebbe stato d'aiuto, più di quanto lo facesse con me qui fuori. Si era offerto volontario Nash nel farmi compagnia. Una parte del mio cuore lo ringraziò, non volevo restare da sola, non quella volta, non in quella situazione.
Faceva freddo, si congelava , ma sentivo tutto tranne ciò . Le mie guance le sentivo avvampare, sudavo e per poco non urlavo per la disperazione. La mia mano tremava facendo quasi cadere la pistola. Guardavo costantemente nel buio inoltrato con la paura che da un momento all'altro venisse la polizia e mi prendesse. Mi era successo già una volta, ero salva per un pelo.
-Ragazza calma, è normale-
-Normale?! Come fai a dirlo in un momento del genere?-Oltre che essere tesa, in quel momento ero arrabbiata. Non sapevo il vero e proprio motivo ma mi aiutava a non farmi pensare ciò che stavano facendo. In che cosa mi ero cacciata? Stavo sfidando il destino, e forse avrei sfidato il fuoco con la consapevolezza che mi sarei bruciata. Non volevo ammetterlo, tutto quello che stavamo facendo era sbagliato, certo ma in me c'era tanta di quella voglia,tanta di quell'adrenalina che in quel momento vedevo tutto ciò giusto e per certi versi anche bello. Poteva la morte essere bella?
-Sei noiosa, ragazza-Tirò indietro la testa, con fare annoiato. La camicia che aveva gli arrivava fin sotto il bacino. Era sbottonata e non capivo come facesse a non avere freddo. I suoi capelli ricci gli ricadevano in modo disordinato all'indietro, quasi sopra le spalle. Gli skinny neri fasciavano in modo maledettamente attraente le sue gambe muscolose. Non dovevo guardarlo così tanto, non dovevo farlo, no.
-È la seconda volta che lo ripeti. Forse sei tu quello noioso-Spostai lo sguardo da tutt'altra parte, purché non fosse sul corpo di quel ragazzo.
-Ieri perché sei scappata?-Lo vidi voltarsi verso di me. Per la prima volta, in quella serata mi guardò negli occhi.
-Cosa stai dicendo?-Il mio tono risultò preoccupato e molto, tanto confuso.
-Ieri sembravi smarrita, come se non ricordassi dove fossi. Così ti ho ho offerto un passaggio. Senza che io ti dicessi il mio nome, ti sei seduta e poi ti sei addormentata.-No, no, non poteva essere lui. Cazzo, che gli dico ora?
In parte mi sentii sollevata però, non ho dormito con uno sconosciuto, almeno non del tutto.
-Non dirlo a Gimmy, per favore.-Non volevo che lo sapesse, almeno non subito. Ci dovevo meditare, dovevo smaltire ciò che era successo. Quell'acido non era stato come il primo. Pensavo che fosse più leggero, visto che non era ormai la prima volta.
-Tranquilla, non voglio litigare con lui. Ma glielo dirai tu.- Portò il suo sguardo davanti a lui, ignorandomi quasi totalmente. Non gli risposi.

I have a dream #Wattsy2018 (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora