Petals

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Guardo il cielo azzurro limpido, guardo tutte le sue sfumature, i suoi colori più nascosti; prendo dallo zaino la macchina fotografica e scatto una fotografia.

Fotografare mi aiuta a non pensare, il che migliora la mia vita. Ne scatto un'altra decina, alberi, case, bambini che corrono per Melbourne.

È difficile non pensare, soprattutto quando rivedi nella tua mente l'immagine sbiadita dei tuoi genitori che da 'felici e contenti' si trasformano in qualcos'altro.

Mamma che urla un basta strozzato, papà che si sbatte alle spalle la porta, il tonfo assordante di essa, il foglio perfettamente liscio sul quale bastava firmare per mettere fine a sei lunghi anni di matrimonio.

Clic

Il lievi rumore della macchinetta mi riscuote dai pensieri. Cammino con lo zaino in spalla verso casa.

Una mano mi ferma per la vita, sorrido e mi volto nella direzione di Aiden che con una mano afferra la mia e poi mi bacia. Non chiudo gli occhi come si fa quando baci la persona che ti piace, forse neanche lo amo. Mi stacco dal bacio. Sorrido tristemente. Non ci teniamo per mano quando passeggiamo, come le coppie normali, non ci sorridiamo felici di ciò che siamo. Il nostro rapporto non esiste più, probabilmente Aiden mi tradisce. Non so neanche perché stiamo ancora insieme, in realtà.

"Ora devo andare" me lo scrollo di dosso e continuo a camminare.

"Alissa" mi richiama. Non mi volto, oggi sono triste, non mi va di dire niente, parlare, magari anche respirare.

Arrivo alla porta di casa. Non la apro. Mi volto dietro e mi siedo sulla scalinata di casa. Prendo dalla tasca segreta del mio zaino il pacchetto di sigarette e ne prendo una. L'accendo e inalo il fumo. Non penso a niente, neanche al fatto che fumare potrebbe portarmi alla morte, neanche al fatto che a diciassette anni si è troppo piccoli per fumare.

Vorrei lasciarmi andare, scappare dai miei pensieri e dai miei ricordi. Soffio forte il fumo dalla bocca e lo osservo mentre svanisce nell'aria. Vorrei non essere mai esistita.

Sono solo una lettera sbiadita di un libro scritto con l'inchiostro indelebile.

Getto a terra il mozzicone e lo calpesto. Entro in casa, non saluto mia madre, mi chiudo in camera mia.

Getto lo zaino a terra, mi butto sul letto e contemplo il colore blu notte con schizzi bianchi, del soffitto, che mi ricordano il cielo notturno.

Tiro fuori dalla tasca il cellulare, un vecchio modello che a breve sicuramente non funzionerà più.

Le pareti spoglie della mia camera mi fanno venire il desiderio di dipingerle.

Osservo il display del mio cellulare e guardò l'ora.

Lo poso sul letto accanto a me e chiudo per un breve istante gli occhi.

Basta! Ci rinuncio!

Apro di scatto gli occhi, mi tolgo i capelli dalla fronte e tiro un profondo sospiro, la voce di mamma che ancora rimbomba nella mente.

Esco dalla mia camera e vado in salotto: mia madre è seduta sul divano in pelle sintetica, a guardare una brutta soap opera.

Un fazzolettino sulle gambe, tutto accartocciato, mi fa capire che deve aver pianto. Mi siedo lontana da lei, che prova a conversare con me, e la evito.

Dopo poco esco di nuovo da casa.

Sbuffo, un respiro mozzato, la rabbia di tanti anni di sofferenza accumulati.

Cammino sull'asfalto calciando sassolini e cerco una sigaretta in tasca, ma non la trovo.

Inizio a correre, con le Vans nere rovinate, i lacci che a breve si scioglieranno. Il vento mi scompiglia i capelli, il freddo nell'aria invernale di gennaio si trasforma in caldo. Corro più velocemente verso una meta indefinita e mi sento libera, quasi come se avessi un paio di ali!

Chiudo gli occhi, mi fermo e riprendo a respirare.

"Tutto bene Lissa?" la voce rauca di un ragazzo mi fa voltare.

"Em...si" parlo.

Mi sorride e io accenno a ricambiare il sorriso poi parla lui.

"Bene"

Si tocca per un istante i capelli biondo scuro, gli occhi azzurri mi scrutano in silenzio.

"Comunque sono Cameron, frequento la tua stessa scuola"

"So chi sei" rispondo.

Intorno a noi solo l'asfalto.

"Bene"

"Sai dire solo bene?" rido, una risatina cattiva.

"No dai..." sembra imbarazzato.

"Ora però vado, ci vediamo" mi saluta e va via. Lo guardo finché non svolta in un vicolo poi riprendo a correre. Arrivo in un boschetto e mi siedo sull'erba.

Stacco una margherita dal prato e conto i petali. Venti petali perfettamente bianchi, venti petali come ogni rimorso appartenente alla mia vita.

Smoking kisses (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora