Non era la fine.

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Il suo respiro continuava a farsi sempre meno, ed il calore della stanza lo opprimeva, non permettendogli di muoversi come voleva. Ma, anche se avesse voluto non poteva. Era troppo stanco, non aveva più forze. Osservò le sue gambe, distese e pesanti come macigni, mentre il suo petto si alzava e abbassava, quasi impercettibilmente, per quando il suo respiro fosse debole. Tutto quel caldo lo aveva indebolito, e non mancava molto al momento in cui avrebbe esalato il suo ultimo respiro. Continuava, però, a pensare alla sua famiglia. Non voleva lasciarli. Appoggiò, piano il capo contro il muro, osservando il soffitto tetro che iniziò a confonderlo. La vista si stava offuscando, e i tentativi di sbattere le palpebre per mettere a fuoco furono vani. Lasciò che il suo braccio si abbandonò a terra, oramai non aveva più forze. Gli aveva delusi.
E, mentre i volti dei suoi fratelli e di suo padre gli passavano davanti ad una velocità disarmante, due occhi rossi comparvero di colpo, impressi nell'oscurità di quella stanza, illuminata solo dalle luci delle aperture dei muri da cui proveniva il calore. Quello sguardo, quel rosso lo fecero destare dal suo sonno. Si alzò di scatto, barcollando un po', ma, deciso si avvicinò alla maniglia della porta, appoggiandosi con il gomito al muro per non cadere a terra. Non si sarebbe arreso, non così. Quella non sarebbe stata la sua fine. Il suo sguardo si accigliò, e, ignorando il caldo insopportabile e la stanchezza delle sue gambe tremolanti, che pretendevano di riposare, provò a fare leva sulla serratura con un pugnale che possedeva nella cinta. Ghignò, sentendo i lievi rumori che produceva la lama dentro la serratura, significava che era sul punto di sbloccarla. Aumentò la presa sul manico, finché, con un sonoro crack, la via non fu libera. Sorrise soddisfatto, avvicinandosi alle sue katane, stese a terra, mentre si sorreggeva contro il muro, e, dopo averle prese, uscì di lì il più velocemente le sue gambe gli e lo concedessero possibile, cercando di non farsi scoprire da Shredder. Non avrebbe sopportato uno scontro, non ora, almeno.
Corse tra i palazzi, recandosi a casa. Non doveva mollare. Anche se il fresco della sera lo stava stabilizzando da quella orrenda esperienza. Osservò le stelle in cielo, sperando che Raph non fosse andato alla tana. Donnie era ferito, e Mikey non poteva combattere contro suo fratello. Solo lui poteva risolvere quella situazione. Doveva, e non avrebbe tollerato un'altro fallimento da parte sua. Si irrigidì di colpo, mentre un brivido freddo gli percorse la schiena. Boccheggiò, con gli occhi sgranati. Una sagoma fin troppo famigliare giaceva al suolo a pochi passi da lui. Negò col capo, forzando un sorriso.
No, era impossibile, si diceva. Non poteva essere lui. Ma, man mano che si avvicinava il sorriso scomparve, lasciando posto ad una smorfia di puro terrore.
Velocemente si avvicinò al più piccolo, tenendolo su per il capo, mentre cercava di scuoterlo per farlo riprendere. Non poteva credere che fosse morto, non poteva essere morto.

-Raph, Miwa..- esclamò sorpreso il Sensei, aprendo gli occhi, mentre avvertiva i loro passi grazie al suo fine orecchio. Si alzò di scatto, preparandosi a combattere nel momento esatto in cui sua figlia entrò nel dojo, insieme al focoso.
-Finalmente avrò la mia vendetta.- sussurrò lei, preparandosi all'imminente lotta, lanciandosi contro il topo, che schivò velocemente tutti i suoi affondi, mentre provava a parlarle. Raph allora, vedendola in svantaggio, sfoderò i Sai, scagliandosi contro il suo vero maestro con foga, riuscendo a ferirlo in più punti, tra le sue risate macabre.
-Raph.. fermati..- sussurrò il Sensei, ormai a terra, sfinito e coperto di tagli, mentre il focoso portò il suo piede sul petto del topo, in modo da immobilizzarlo per dargli il colpo di grazia, mentre protese in alto il Sai in cielo, ghignando. Splinter chiuse gli occhi, ma li riaprì, sentendo una voce famigliare, alla quale anche Raph, riconoscendola si era voltato.
-Padre, cosa sta..- chiese Donnie entrando, un po' barcollante, mentre si appoggiava contro la parete, ma si bloccò vedendo il fratello in quella posa, pronto ad uccidere il Sensei, mentre Karai, affianco rideva malefica e sadica. Sgranò gli occhi, ma proprio nell'esatto istante in cui la ragazza si fiondò su di lui, una sagoma gli comparì dinanzi, per difenderlo. Sbatté un'attimo le palpebre, focalizzando la persona come suo fratello, Leo, e ne trasse un sospiro di sollievo, ma si spaventò per lo sguardo omicida che, il maggiore aveva sul volto. Metteva paura la sua rabbia, tanto che in confronto, quella di Raph era nulla.
Osservò la ragazza di cui era segretamente innamorato, ma non aveva tempo per uno scontro con lei, la quale era rimasta incredula per il suo sguardo. Doveva occuparsi di Raph, subito. Non avrebbe tollerato la perdita di un'altro fratello. La disarmò velocemente, togliendole la spada con un gesto veloce delle sue katane, per poi dedicarsi al focoso, che aveva lasciato perdere il maestro, rimasto a terra. Mentre si avvicinava a lui, una rabbia continua crebbe in lui. Con uno scattò si avventò su di lui, attaccandolo con tutta la forza che aveva in corpo. Non voleva ferirlo, ma doveva sconfiggerlo per poterlo far rinsavire. Lo vide resistere, e cercò quel barlume di esitazione che aveva intravisto nei suoi occhi durante quella sera, ma, questa volta non c'era. Per un'attimo pensava di averlo perso per sempre, ma, era deciso. Quella non sarebbe stata la fine della sua famiglia, e, non volendo arrendersi continuò quella lotta.
Con uno scatto lo colpì, con un calcio, all'addome facendolo cadere, ma, lui, con una capriola all'indietro, si rimise in piedi, e con i Sai protesi verso il leader, pronto ad attaccare ancora si fiondò su di lui. Leo parò i Sai con le sue katane, cercando di spingerlo indietro. Entrambi erano furiosi, e nessuno voleva perdere. Raph sì fiondò sul fratello, colpendolo al braccio con le sue lame, ferendolo. Lui urlò, tenendosi la parte ferita con il braccio sano, e chiudendo gli occhi per il dolore, ma poi, ignorando le fitte brucianti, si preparò, riposizionandosi con una sola katana in mano.
-Vedo che ora ci sai fare.- commentò sarcastico, il rosso, e questo provocò in Leo un formicolio nelle mani. Mai come ora desiderava picchiare suo fratello. Non poteva dimenticarsi il volto freddo e sanguinante di suo fratello, steso al suolo. Quell'immagine lo avrebbe tormentato per il resto dei suoi giorni.
-Non osare parlate, tu! Tu.. Come hai potuto, Raph? Hai osato uccidere Mikey!- confessò con voce rotta, riferendosi al fratello che era riuscito, con chissà quale forza a prendere imbraccio e a condurre a casa, ed ora giaceva inerme sul divano, mentre, con quella frase lasciò tutti i presenti increduli e disarmati, tranne Karai, che, rabbuiata preferì scappare.
Lo vide indietreggiare, a bocca aperta, come se quell'informazione non avesse senso per lui, che fosse infondata. Mentre Splinter sgranò gli occhi, per poi chinare le orecchie, avvertendo un dolore acuto nel petto, intanto che Donnie, corse fuori dalla stanza per andare dal fratello, voglioso di fare qualcosa, salvarlo.
Raph avvertì un dolore acuto al petto, piegandosi inginocchio, mentre si tenne la tempie pulsanti con entrambe le mani, per colpa di un forte mal di testa. No, non era possibile. Non aveva ucciso Mikey, non poteva. Sgranò gli occhi, mentre le lacrime iniziarono a scivolare sul suo volto disperato. Lo aveva fatto davvero. Era un mostro.

Red MenaceWhere stories live. Discover now