𝑸𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒔𝒕𝒂𝒗𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒇𝒊𝒏𝒊𝒓𝒆

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Dato che sono stanca e seccata dal leggere ff dove Fred muore o muoiono altri determinati personaggi, ho deciso che non moriranno.

La paura ci rende ciò che non siamo, ci rende dei mostri, ci rende egoisti, ci separa e fa si che non ci si possa mai fidare di nessuno. La paura ci annebbia i sensi così che essa possa prevalere su di noi e in momenti davvero cruciali come quelli che stavamo tutti vivendo, giocava brutti scherzi. In parole povere la paura era crudele, ma nessuno poteva permettersi al momento di avere paura.
La mattina della battaglia di Hogwarts, di certo se siete maghi l'avrete sicuramente sentita o letta sui giornali, del 2 maggio 1997, ricevetti diverse lettere prima del mio arrivo al castello. Per leggerle attentamente dovetti sedermi sul divano della cucina e avvicinare a me l'abatjour sul mobiletto di fianco. Erano le otto del mattino, ma il cielo era così scuro che oramai sembrava sempre mezzanotte; il sole non spuntava mai, i nuvoloni minacciano una pioggia prorompente, dunque l'atmosfera attorno a me rendeva ancora più terribile la serie di avvenimenti che aveva influenzato la mia vita dal matrimonio di Bill e Fleur, dei quali, tra l'altro, non avevo ricevuto più notizie se non una volta, quando avevo saputo che Harry stava bene. Ormai le lettere da parte sua erano rare: se prima potevo sperare di ricevere una ogni due mesi, adesso non ne ricevevo quasi più.
Lessi l'ultima lettera della pila, appartenente alla professoressa McGranitt, dopo essermi assicurata che Eleonora stesse ancora dormendo di fianco al mobiletto con l'abatjour, nel farlo avevo lanciato uno sguardo alla finestra e con la solita espressione preoccupata, ma al tempo stesso da inquisitrice, controllavo che non ci fossero pericoli dietro l'angolo. Sbuffai, prima di tornare a sedermi vicino a Baco.
La lettera della professoressa era, come le ultime, un elenco di fatti e di aggiornamenti riguardo alla situazione ad Hogwarts, le novità e tutto il resto; leggevo di cose che mettevano i brividi, specialmente riguardo le punizioni che Piton permetteva venissero eseguite sugli studenti. Pensavo fosse meschino? Probabilmente sì, in ogni caso non ero mai riuscita a decifrare un personaggio del genere in ogni contesto: lo Scrigno di Pandora. Che fosse evidente da che parte stesse era chiaro, ma del perché avesse voltato le spalle all'ordine della fenice non lo comprendevo, che stesse facendo il doppio giochista? Ad ogni modo non lo avrei scoperto prima del mio arrivo al castello, almeno quattro ore prima della battaglia, in tempo per organizzare la difesa. Lord Voldemort sarebbe giunto con dozzine e dozzine di maghi, streghe e creature di ogni genere.
Il suo esercito sarebbe stato molto più grande e massiccio di noi ragazzi. Eravamo numericamente inferiori e sicuramente meno esperti, ma se c'era anche una piccola possibilità di vincere, l'avremmo seguita.

Fred venne a prendermi non appena smisi di leggere le lettere, con la sua solita leggiadria aveva poggiato la sua ventiquattrore sul tavolo della cucina, si era cambiato velocemente e, suggerendomi di affidare la bambina a Kreacher, mi aveva detto che era ora di partire per Hogwarts. Il suo viso era visibilmente scosso, quasi stravolto totalmente, ma niente che potesse somigliare alla paura di cui parlavo poc'anzi. Se c'era una persona che portava speranza, sicuramente lui era uno di quelli.
«Andiamo. Sei pronta?» mi chiese.
«Sì, andiamo. Torneremo presto» annuii guardando per l'ultima volta la mia casa, quel giorno. Improvvisamente un colpo di nostalgia mi fece perdere la poca lucidità che mi era rimasta tanto da farmi piangere. Non emisi un suono, non singhiozzai e respira a fatica, volevo solo imprimere nella mia memoria la mia casa e quella che era stata la casa di mio padre e dei miei familiari. Fred, nonostante ciò, mi strinse forte tra le sue braccia.
«Finirà presto, finirà. Torneremo a casa nostra prima che possa nascere un nuovo giorno» mi sussurrò, sapendo bene che non avrebbe potuto mai farmi una promessa del genere. Questo non era come il matrimonio, come vivere la vita insieme o prenderci cura della nostra bambina, oppure assicurarmi che gli irlandesi avrebbero vinto sui bulgari alla Coppa del mondo di Quidditch.
Ad ogni modo, mi ripresi abbastanza velocemente dopo uno o due bicchieri d'acqua e uno di burrobirra. Avevo dato una mano a generare la barriera protettiva che avvolgeva la scuola, avevo sistemato le diverse munizioni sul ponte di legno per distruggerlo in caso i nemici fossero entrati e mi ero occupata di distribuire dei manici di scopa a tutti coloro che ne avrebbero usufruito al meglio per un attacco dall'alto. Io stessa ne avrei utilizzata una per coprire una delle torri.
«Perfetto» affermai con un sorriso soddisfatto appena accennato, raggiungendo i gemelli Weasley, sul tetto della scuola. I suoi corridoi, le scale, tutto quello che riguardava Hogwarts mi era mancato, ma era innegabile che qualcosa fosse cambiato, che non era la scuola che avevo lasciato due anni prima. Tutto così tetro, tutto così misterioso e tutto terribilmente inghiottito nell'oscurità di una notte diversa da tutte le altre, una di quelle che avrebbe fatto la storia del Mondo della Magia. Salii di fretta le scale, verso la torre est, proseguendo per un corridoio raggiunsi Fred e George, l'uno di fianco all'altro. Pensai come avrei reagito se avessi avuto a che fare con la perdita di uno dei due, o entrambi, perché non erano solo i membri della mia famiglia, ma gli unici con cui avevo legato ad Hogwarts fin da subito; coloro che avevano messo a rischio la loro carriera scolastica per farmi ammettere nella squadra di Quidditch, quelli che mi avevano sempre difesa da qualsiasi pericolo e coloro che per me ci sarebbero sempre stati. Non avrei mai sopportato un dolore del genere, per questo avevo intenzione di proteggerli a costo della mia vita.
«Caroline, va tutto bene?» Fred si voltò verso la mia figura silenziosa, con viso preoccupato. Mi aveva scosso il braccio, improvvisamente, ed io avevo fatto un cenno del capo, senza dire niente. Crederti che qualsiasi cosa avessi provato a dire in quel momento sarebbe stato inutile. Il ragazzo se ne accorse.
«Volevo solo dirti di non morire. Sai, avrei tanto altro che vorrei dirti, ma al momento la mia unica preoccupazione è quella di superare la notte...» mi decisi a parlare dopo che il rosso mi accarezzò il viso lentamente, scrutando dentro i miei occhi con le sue iridi azzurre.
«Lo so bene, va bene così. Infondo se sopravivremmo, avremmo tutto il tempo del mondo. Ho in mente di invecchiare con te, proprio come mamma e papà» disse riferendosi a Molly ed Arthur «quindi non morire neanche tu, siamo d'accordo? E ricorda che ti amo».
Poi, dei lampi di colore blu e un forte frastuono spezzò la quiete e l'ansiosa attesa della fine era finita. In quel momento fui sicura che la battaglia fosse appena cominciata.

➣ The daughter of Sirius Black ¹ [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now