Quando la luce del sole oltrepassò i vetri ingialliti della finestra e colpì direttamente il suo viso, fu costretto ad aprire lentamente i suoi occhi. Si mosse leggermente in modo da non essere più esposto ai suoi raggi e si passò una mano sul viso, cercando di svegliarsi definitivamente. Si sentiva ancora stanco: aveva i muscoli doloranti e gli occhi che non volevano rimanere aperti per nessuno motivo. Allungò una mano verso il comodino, toccando vari oggetti senza nemmeno guardarli. Quando fu sicuro di aver afferrato la sveglia, si voltò in quella direzione per vedere che ora fosse. L'orologio segnava quasi le undici, ma non gli importò più di tanto, visto che era domenica mattina.
Infine si mise seduto sul materasso e si stiracchiò per bene, prima di voltarsi verso Emma.
Stava ancora beatamente dormendo ed in alcuni momenti avrebbe voluto essere un dormiglione come lei: l'unica cosa positiva che riguardava il sonno di entrambi era che nessuno dei due avesse più incubi. In realtà, ogni tanto, capitava che Emma sognasse di venir rapita di nuovo, ma i casi erano rari.
Si sdraiò di nuovo senza distogliere lo sguardo dalla sua figura: dormiva in una posizione strana e questo lo faceva sempre sorridere. Era in pancia in giù, con una gamba stesa ed una piegata, e le braccia che circondavano e stringevano il cuscino. La maglietta che indossava le aveva lasciato scoperta la parte inferiore della schiena e Derek fu costretto a trattenersi per non toccarla e sentire quella scintilla, che tanto amava, comparire ogni qual volta venisse in contatto con il suo corpo.
Non ricordava l'ultima volta in cui si era abituato a dormire con qualcuno. Aveva sempre vissuto da solo, notte e giorno, e pensava che sarebbe stato complicato dover condividere il letto con qualcun altro. Invece, con Emma, era avvenuto tutto in modo naturale: era entrata così lentamente e silenziosamente nella sua vita che lui nemmeno se ne era accorto, eppure adesso non riusciva più a farne a meno. La voleva sempre al loft, perché gli piaceva vederla girare per casa come se non fosse una semplice ospite, ma come se quella fosse casa loro; gli piaceva averla intorno quando era triste, oppure quando era felice; gli piaceva addormentarsi con lei e sentire la sua presenza vicino, e poi svegliarsi e trovarla addormentata in quella strana posizione. Era bello aprire gli occhi al mattino e trovarla lì, sapere che non se ne fosse andata e che, forse, non lo avrebbe mai fatto.
Ma, probabilmente, la cosa che in quel momento amava di più era il ricordo di quello che era successo la sera precedente. Emma lo aveva quasi ucciso e questa cosa lo divertiva, ma era davvero contento che avesse trovato la sua ancora. Non era facile trovarne una così presto e per un po', durante la notte, era rimasto sveglio a chiedersi come mai fosse lui. L'aveva capito che la ragazza si era aggrappata all'unica cosa che la tenesse davvero con i piedi per terra, ma non riusciva a credere che fossero stati i suoi occhi.
Per lui era stato tutto più semplice e quasi ovvio: la sua ancora era Emma, perché era l'unica che vedesse il meglio di lui, che fosse riuscita ad amarlo per quello che era davvero, ma lui come faceva ad essere la sua? Lui che non aveva quasi niente da dare ad una persona che non aveva bisogno di cambiare, di migliorare; ad una persona che non aveva mai odiato o ucciso in vita sua.
Molte domande gli affollavano la mente, ma non voleva pensarci.
Ripiombò nella realtà quando Emma si mosse sotto le coperte e aprì lentamente gli occhi, sorridendogli in modo pigro, con il viso contro il cuscino.
«Ehi» sussurrò semplicemente.
Derek si sdraiò di nuovo vicino a lei e le si avvicinò, premendole le labbra sulla fronte «Buongiorno, dormito bene?»
Emma gli sorrise di nuovo e si crogiolò nel calore che emanava il suo corpo «Sì, tu?»
«Benissimo» rispose, senza distogliere lo sguardo da quello della ragazza.
Emma ne approfittò per prendere coraggio ed avvicinarsi ancora di più, fino a far combaciare perfettamente le loro labbra. Il ragazzo appoggiò una mano sulla sua gamba e la tirò contro di sé, intensificando il bacio. Nel giro di pochi secondi, si ritrovarono l'uno sopra all'altro, con i loro corpi che si sfioravano e tremavano di eccitazione. Le labbra di Derek lasciarono la bocca della ragazza, per spostarsi lungo la mascella, fino al collo, lasciando una scia di baci caldi e morbidi che fecero rabbrividire Emma. Il ragazzo continuò così per un po', quasi ipnotizzato dalla fusione dei loro battiti cardiaci notevolmente accelerati. Continuò la sua lenta e dolce tortura, fino ad arrivare alle clavicole sporgenti della ragazza, lasciate scoperte dal colletto ormai troppo slargato della maglietta che le aveva prestato e che lei stava indossando in quel momento. Quando si fermò, alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Emma e tutto ciò che riuscì a vedere furono le sue labbra arrossate, gli occhi che brillavano e quell'espressione diversa, più luminosa che aleggiava sul suo volto. Probabilmente, era la stessa espressione che aveva lui, ma cercò di non pensarsi in quel preciso frangente. Ciò che lo riportò alla realtà furono di nuovo le labbra di Emma che si univano alle sue in un bacio veloce e che, poi, scendevano verso il basso e si soffermavano sul suo collo. La ragazza amava quella sua parte del corpo, perché sapeva quanto fosse sensibile e quanto gli desse fastidio che qualcuno la usasse contro di lui. Lo spinse lentamente verso il materasso, fino a che non si trovò malamente distesa sul suo corpo. Scoprì i denti, mordicchiandogli la pelle, proprio vicino al pomo d'Adamo e sorrise diabolica e soddisfatta, quando lo sentì gemere di piacere. Non ebbe il tempo di continuare, che Derek scattò, sedendosi sul letto e tirandola verso di sé, facendola finire seduta sulle sue ginocchia.
«Sei una stronza, lo sai che-»
«Che ti piace tanto quando faccio così» lo interruppe la ragazza, sorridendogli dolcemente come una bambina. E Derek poteva resistere a tutto, ma non ad Emma.
La baciò di nuovo, stringendo lievemente la presa sui suoi fianchi, sorridendo contro le sue labbra ogni qual volta Emma si lasciasse scappare qualche gemito di troppo. Però adorava quel rumore così pregno di eccitazione e piacere e avrebbe potuto ascoltarlo per tutta la vita.
Quando la ragazza interruppe il bacio, si lamentò silenziosamente e mise il broncio come un bambino insoddisfatto facendole alzare gli occhi al cielo.
Senza nemmeno rendersene conto, guardò ipnotizzato Emma sfilarsi la maglietta e gettarla a terra, in un punto indefinito. Non ebbe tempo di replicare, che la sua bocca era di nuovo contro quella della ragazza. I loro corpi, adesso a stretto contatto, erano pelle contro pelle, erano caldi, si incastravano alla perfezione, come se fossero stati creati l'uno per l'altra. Derek strinse la presa sui suoi fianchi, per rimanere ancorato alla realtà ed impedirsi di spingersi troppo oltre e perdere il controllo. Voleva disperatamente Emma; la voleva sin dalla prima volta che l'aveva vista ed era quasi doloroso dover essere sottoposto a quella tortura senza fare un passo avanti. Era completamente drogato di quei baci così intensi e pregni d'amore, eppure sapeva che ci fosse ancora qualcosa in lui che gli impedisse di andare avanti.
La sua schiena toccò di nuovo il materasso, mentre sentiva le piccole mani di Emma appoggiate sul suo petto. Quando la guardò dal basso e notò le sue guance arrossate ed il suo sguardo imbarazzato capì quali fossero le sue vere intenzioni.
Colto di sorpresa ed impreparato, con un unico movimento, si mise di nuovo seduto, interrompendo ogni contatto avessero avuto fino a quel momento.
«Che c'è?» chiese Emma, confusa.
«Che stai facendo?» rispose lui, con un'altra domanda.
Le guance della ragazza si tinsero ancora di più di rosso, però cercò di prendere coraggio e rispondere a quella domanda così difficile. Alla fine riguardava entrambi, alla fine era solo Derek quello che aveva di fronte, quindi perché avrebbe dovuto avere paura?
Inspirò, per poi lasciare che l'aria uscisse lentamente dai suoi polmoni «Voglio fare l'amore con te...O, almeno credo- No, lo voglio davvero-»
«E' meglio di no» tagliò corto Derek.
Emma aggrottò le sopracciglia e si sentì tremendamente stupida. Come poteva prendere una cosa del genere dalla stessa persona che non aveva nemmeno risposto al suo "ti amo"? Come poteva essere così innamorata di una persona che non esprimeva mai i suoi sentimenti e della quale non sapeva mai cosa le passasse costantemente per la testa? Come aveva potuto agire in modo così impulsivo e sconsiderato? Per un attimo, tutte le certezze che aveva riposto in loro due si disintegrarono sullo stesso pavimento di legno di quella stanza. Emma poteva sentirle benissimo toccare il suolo e rompersi in mille pezzi.
Rimase in silenzio per un po', cercando qualcosa da dire, mentre gli occhi di Derek vagavano per la stanza, senza incontrare i suoi «Perché?»
«Perché sì, adesso non è il momento più adatto»
Emma scosse lentamente la testa, cercando di capire il perché di quel cambiamento repentino di Derek e soprattutto del perché le stesse spudoratamente mentendo. Non poteva sentire il suo cuore, ma aveva imparato dalle sue espressioni del viso e dai suoi atteggiamenti a capire quando non stesse dicendo la verità. E quello, purtroppo, era uno di quei momenti.
Si mosse dalla postazione in cui era rimasta immobile per tutto quel tempo e scese una volta per tutte dal letto «Sono stata una stupida» mormorò più a se stessa, per rimproverarsi, che a lui.
«Non è colpa tua, è solo che-» tentò il ragazzo, ma fu costretto a fermarsi quando si accorse che Emma non lo stava affatto ascoltando. Si mosse di conseguenza, arrivandole da dietro, mentre la ragazza cercava di infilarsi i jeans, ma non appena sentì le sue mani grandi sulla propria pelle, si ritirò come scottata.
Derek si allontanò di scatto, colto di sorpresa da quella reazione e si rese conto di aver combinato un casino. Per l'ennesima volta. Perché non riusciva mai a dire di sì? A trovare un modo per farla felice, per farla sorridere? O, semplicemente, per far sì che le cose potessero funzionare?
«Emma...» sussurrò, cercando di fermarla. La ragazza, adesso, era completamente vestita. Non doveva far altro che scendere al piano di sotto, recuperare la propria borsa e tornare a casa.
«Ho capito» disse lei, con tono freddo e distaccato «Non importa che tu lo ripeta all'infinito; devo andare adesso»
La guardò infilarsi le scarpe e poi correre giù per le scale. Ascoltò il suo cuore battere, la rabbia, la frustrazione e la delusione farsi spazio dentro di lei ed infine, dopo aver sentito il portone del loft sbattere con una forza quasi disumana, non potè far altro che ricadere a peso morto sul letto e nascondere la testa sotto il cuscino. Perché non riusciva mai ad essere felice?

The girl who cried wolf | Teen WolfWhere stories live. Discover now