Human

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a/n: prima di lasciarvi al capitolo, ci tengo a fare qualche precisazione:
1) Questo capitolo è, probabilmente, la cosa più dolce e schifosamente diabetica che io abbia mai scritto in vita mia; ho cercato di contenere il grado di dolcezza e cliché, ma non ci sono riuscita molto bene;
2) All'interno della storia, è un capitolo di passaggio, anche se è importante sotto certi aspetti, perchè - come vedrete - sarà fondamentale per la consolidazione finale del rapporto tra due personaggi;
3) Se volete capire a pieno il capitolo, vi consiglio di leggerlo e nel mentre di ascoltare la cover fatta da Boyce Avenue di "Demons" degli Imagine Dragons (soprattutto nella parte finale).

E' tutto, ci vediamo alla fine del capitolo e buona lettura!

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CAPITOLO QUINDICI: HUMAN

«Prova di nuovo»
La ragazza sbuffò, passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. Le pareti del loft di Derek la intrappolavano in quel piccolo spazio ed il ragazzo le stava di fronte, con zanne e artigli in bella vista e gli occhi azzurri, come il cielo d'estate, che brillavano ed illuminavano la stanza.
Assunse la posizione corretta che Derek le aveva insegnato e su cui la stava allenando ormai da ben due settimane; mise i pugni, chiusi dentro ad un paio di guantoni, di fronte al viso e si preparò a colpire. Il ragazzo aspettò invano di ricevere un pugno.
«E poi» s'interruppe di nuovo lei «Dove hai trovato questi guantoni?»
Derek sbuffò, infastidito, lasciando cadere le braccia lungo il corpo, con fare stanco. Avevano mangiato una pizza velocemente e poi avevano ripreso l'allenamento. Adesso era quasi notte fonda, a stento riuscivano a rimanere svegli, eppure erano ancora fermi l'uno di fronte all'altra, pronti a scattare.
«Sono di Isaac» rispose «Prima di diventare un licantropo, faceva un po' di kick-boxing, ogni tanto. Adesso riprova, forza»
Emma si posizionò esattamente come aveva fatto prima e si preparò a cadere a terra per l'ennesima volta. Erano stati rari i casi in cui era riuscita a mettere Derek al tappetto, anche perché era praticamente impossibile stendere uno come lui.
Entrambi fecero qualche passo avanti, l'uno verso l'altra: nonostante la stanchezza, Emma cercò di rimanere il più possibile vigile, cercando di capire quale fosse il momento migliore per colpirlo. Come al solito, il fatto che artigli e zanne fossero onnipresenti non l'aiutava per niente. Sapeva che Derek non si sarebbe mai spinto oltre, non le avrebbe mai fatto del male, ma ogni tanto le capitava di immaginarsi con uno di quegli artigli infilzati nel petto e non poteva far altro che sentirsi estremamente a disagio ed impaurita.
Continuarono ad avvicinarsi finchè non ci fu soltanto un metro di distanza tra di loro: Derek fece brillare gli occhi, pronto ad attaccarla e quello fu il momento in cui Emma riuscì a difendersi, sganciando un pungo e subito dopo un calcio.
Quelle mosse non spostarono Derek di un centimetro, così la ragazza lo attaccò di nuovo, senza dargli tregua, fino a costringerlo ad indietreggiare. Fu a quel punto, che – mentre stava per sferrare l'ennesimo calcio – afferrò con forza la sua gamba, facendole perdere l'equilibrio. Emma cadde a terra, rimanendo sdraiata per qualche secondo in più.
«Basta, ti prego, sono stanca» si lamentò, con un tono di voce che a Derek sembrò la cosa più tenera del mondo. Sorrise a quel pensiero, ma cercò di non darlo a vedere «E poi, non serve a niente: perché non posso semplicemente imparare a controllare il mio potere?»
Le porse una mano, aiutandola ad alzarsi.
«Il tuo potere non funziona se non c'è acqua» le ricordò, addolcendo il tono di voce, come se stesse spiegando qualcosa di estremamente difficile ad una bambina. Le prese lentamente le mani tra le sue e le sfilò i guantoni, gettandoli malamente sul divano.
Emma sbuffò, facendo ricadere lo sguardo sul fisico tonico ed asciutto di Derek. Il fatto che si allenasse sempre indossando solo un paio di pantaloncini di tela non le rendeva l'impresa più semplice. Forse lo faceva proprio per quel motivo, o forse, perché voleva essere spudoratamente guardato da qualcuno – lei – e sentire come il suo cuore battesse furiosamente nel petto. Odiava essere così prevedibile e scontata; odiava sentirsi come un libro aperto quando si trovava con lui. Era come se non potesse nascondergli nulla, nemmeno un  pensiero, un sentimento, una reazione fisica a qualcosa. Però, la cosa che odiava di più era che lui fosse un scrigno chiuso a chiave, al quale nessuno – lei compresa – aveva accesso pieno. Aveva cercato di dimenticare il fatto che non avesse risposto al suo "ti amo", anche se lo aveva trovato comprensibile. Durante i primi giorni, in cui Derek aveva fatto esplicitamente finta che niente fosse accaduto, aveva pensato di essere stata una stupida a sganciare una bomba del genere; in un secondo momento, aveva ripensato alle sue parole ed era arrivata alla conclusione che forse il ragazzo non fosse ancora pronto a fare un passo del genere e lei, certamente, non voleva mettergli fretta.
«Se ti trovassi senza acqua, da sola e circondata da un branco di lupi, cosa faresti?» riprese, riportandola alla realtà.
«Scapperei, forse...?»
Lui trattenne un sorriso e le si avvicinò, chiudendo il viso della ragazza tra le sue mani «Emma, non ti sto insegnando a proteggerti» inspirò, cercando di trovare le parole giuste «Sto cercando di insegnarti a combattere e voglio esser certo che tu lo sappia fare, anche nel caso in cui io non sia presente» 
Emma annuì lentamente «Però non sta funzionando... Ed in più non riesco a controllare il mio potere e finisco sempre per bruciare qualcosa»
Derek si abbassò lentamente verso di lei, ascoltando quanto martellasse il suo cuore e crogiolandosi nel fatto che fosse tutto merito suo, e appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza. Non ci volle molto prima che entrambi decidessero di intensificare il bacio: Emma ancorò le braccia al suo collo e le mani di Derek le attraversarono letteralmente tutto il corpo prima di arrivare alle sue gambe. Strinse di scatto la presa sulle sue cosce e la tirò su di peso, in modo che le agganciasse al suo bacino. Senza interrompere il loro contatto, mentre si alternavano baci più intensi, più leggeri, sorrisi, respiri caldi l'uno contro la pelle dell'altra, finirono malamente sul divano, scoppiando a ridere ed interrompendo il tutto.
Per un po' ci fu silenzio: i loro occhi che si scrutavano come se fosse la prima volta erano l'unica cosa che parlasse davvero. Derek sarebbe rimasto a guardare quegli occhi azzurri come il mare per tutta la vita e avrebbe voluto dirle talmente tante cose da costringerla a zittirlo, ma come al suo solito, non ci riusciva. Quel "ti amo" pieno di paure che le aveva rivelato Emma ancora si aggirava nella sua mente, come un'anima in pena. Si era sentito così felice, cambiato, migliore in quel momento. Si era sentito accettato e amato per la prima volta in vita sua, eppure non era riuscito a rispondere a sua volta. L'amava, di questo ne era certo. Se c'era qualcosa su cui non aveva alcun dubbio erano proprio i suoi sentimenti per Emma, però non riusciva a trasformare quelle emozioni in parole. Si giustificava, pensando di non essere ancora pronto per un passo del genere, ma la verità era che nemmeno lui capiva il suo stesso comportamento.
«A cosa stai pensando?» la voce della ragazza lo fece ripiombare nella realtà. La guardò sorridendo, mentre era malamente sdraiata sopra di lui e non sembrava essere nemmeno un po' in imbarazzo. Gli piaceva sempre sentire l'odore di eccitazione che aleggiava intorno a lei quando la beccava a fissare il suo corpo mezzo nudo, però gli piaceva. C'erano momenti in cui sapeva che Emma avrebbe preferito scomparire piuttosto che ammettere di aver dato una sbirciatina al suo fisico più del dovuto, ed altri – come in quel caso – in cui la loro intimità superava il limite possibile e non c'era niente di cui vergognarsi.
«Niente di importante» rispose, allungando una mano verso di lei, per metterle una ciocca, uscita malamente dalla coda, dietro all'orecchio.
«Non mi stai mentendo, vero?» sussurrò «Se ci fosse qualcosa che non va, me lo diresti, no?»
«Va tutto alla perfezione, tranquilla» rispose, confortandola «Finiamo l'allenamento e poi a dormire»
Emma sbuffò di nuovo, rimanendo seduta sul divano. Il ragazzo, invece, si alzò, s'incamminò verso la sua piccola cucina e dopo qualche minuto, tornò con una bacinella piena d'acqua.
L'appoggiò a terra e, come ormai facevano ogni volta, si sedettero entrambi l'uno di fronte all'altro. A dividerli, c'era solo un po' d'acqua.
«Cosa devo bruciare questa volta?» chiese sarcastica.
«Me» rispose Derek serio.
Emma aggrottò di scatto le sopracciglia, sorpresa. Aveva sicuramente sentito male: non poteva averle veramente chiesto di essere la sua cavia. Non lo avrebbe fatto nemmeno sotto tortura, perché la sola idea di fargli del male le faceva venire la nausea.
«Non ci pensare nemmeno» rispose duramente.
«Invece, sì» scattò lui.
«Perché non posso bruciare... Non so, una maglietta, una forchetta, i miei libri di scuola?»
«Perché i lupi mannari non sono forchette, sono persone» rispose, sarcasticamente, accennando un sorrisino divertito, in modo da irritarla ancora di più.
«E se ti faccio male?» domandò Emma, abbassando lo sguardo e fissando l'acqua. Era cosi strana quell'attrazione e la spaventava a morte. Molte volte, quando era a casa con i suoi genitori, e si avvicinava all'acqua per puro caso, la colpiva una paura lancinante e dolorosa di poter far loro del male «...O peggio, se ti...? Deaton ha detto che-»
«Non mi ucciderai» la interruppe lui.
«Come fai ad esserne così sicuro?»
Derek sospirò e, se pensava di non poter rispondere a quella domanda, allora aveva commesso un gravissimo errore. La risposta si presentò nella sua mente con una facilità, semplicità e naturalezza disarmanti, come se l'avesse saputa per tutta la vita e quello fosse solo il momento migliore per lasciarla uscire definitivamente. Avrebbe solo voluto che Emma, in quel momento, avesse potuto sentire il suo cuore, pregno di verità, battergli forte nel petto.
«Perché mi fido di te» disse infine, con tono fermo e sicuro «Non mi succederà niente, promesso»
Credeva alle sue parole, ci credeva con tutto il cuore e per un momento, si sentì sollevata. Ciò a cui, però non credeva – e di cui nemmeno si fidava – era il suo potere. Nei giorni precedenti, c'erano stati momenti in cui era riuscita a controllarlo, ma era più semplice visto che si trattava di avere a che fare con un oggetto senza storia e significato. Ora, invece, stava mettendo in pericolo la vita della persona a cui tenesse di più. Proprio come aveva detto Deaton.
Nonostante questo groviglio di pensieri, non rispose. Era stanca e voleva finire quell'allenamento il prima possibile, così cercò di concentrarsi al massimo.
Chiuse gli occhi e – come le aveva insegnato Derek – cercò di pensare al motivo principale della rabbia sepolta dentro di sé. Velocemente le immagini di Deaton, del branco, i pochi ricordi dei suoi veri genitori e la vecchia casa abbandonata della famiglia Hale si fecero spazio nella sua mente, invadendola completamente. Cominciò a tremare dalla rabbia e sentì il solito calore salire dal petto, lungo la gola, fino ad arrivare al suo cervello. Quello era il momento peggiore, perché non riusciva a pensare razionalmente, tutto ciò che occupava la sua mente ed i suoi pensieri erano una rabbia ed una voglia di vendetta accecanti. Aprì di scatto gli occhi, guardando Derek di fronte a sé: l'acqua lo aveva già circondato e stava stringendo sempre di più la sua presa su di lui.
Voleva fermarsi, voleva che quel liquido fluttuante tornasse ad essere qualcosa di completamente innocuo. Le sue mani si muovevano lentamente, senza che potesse controllarle in qualche modo. Era come se dirigessero il flusso d'acqua indicando chiaramente come e quanto soffocare la vittima.
Derek stava dando i primi segni di dolore lancinante: lo vedeva dall'espressione del viso, dagli occhi blu che brillavano e chiedevano pietà e dalle zanne conficcate nei palmi delle mani, nel tentativo inutile di reprimere il dolore. L'acqua bruciava troppo anche per uno come lui e ben presto nuvole di vapore bianco cominciarono ad alzarsi verso il soffitto.
Cercò con tutte le sue forze di spegnere quel fuoco che aveva dentro di sé, ma non era così semplice. Non poteva semplicemente accenderlo e spegnerlo, era molto più di quello. Tentò in tutti i modi di reprimere quel senso di rabbia, ma non ci riusciva e le condizioni di Derek stavano peggiorando. Non poteva lasciarlo morire.
«Non ce la faccio» ammise alla fine, distogliendo lo sguardo da quell'orrendo spettacolo che si presentava ai suoi occhi. Ritornò a fissare l'acqua e attese la fine.
«Emma, guardami» la voce debole di Derek le arrivò chiara e nitida «Puoi farcela»
«No, non posso» rispose, mentre qualche lacrima faceva capolino e scendeva velocemente lungo le sue guance.
«Sì, invece, guardami» ripetè il ragazzo, mentre la sua voce si affievoliva sempre di più «Guardami»
Emma alzò gli occhi su di lui e si concentrò solo su quelli. Le aveva detto molte volte che, per riprendere il completo possesso della propria mente e del proprio corpo, l'unica cosa da fare fosse trovare un appiglio. Non importava quanto fosse grande o importante, la cosa fondamentale era trovarne uno e usarlo per recuperare il controllo.
Gli occhi del ragazzo stavano perdendo la loro vivacità, ma erano l'unica cosa che la tenesse ancorata al presente e alla realtà. I suoi occhi erano la parte che preferiva, erano ciò che la facevano sentire al sicuro, a casa, che c'erano sempre per lei e che contenevano ogni risposta alle sue domande. Erano l'unica porta d'entrata che Emma aveva per la mente ed il cuore di Derek ed, infine, erano l'unico sostegno che aveva a disposizione.
Si ripetè di concentrarsi su quei due zaffiri e di non pensare ad altro. Dopo qualche secondo, la sua mente cominciò a riempirsi di cose riguardanti la sua vita, ma soprattutto di Derek. La rabbia che l'aveva accompagnata fino a quel momento stava lentamente scemando, lasciando spazio alla razionalità totale. Chiuse gli occhi, cercando di far tacere definitivamente quel fuoco e quando li riaprì il ragazzo la stava guardando, mezzo distrutto e sdraiato a terra in una pozza d'acqua.
«Mi dispiace tanto, scusami davvero, io non volevo, non-» Emma cominciò a parlare a macchinetta, mentre si alzava, scavalcava la bacinella ormai vuota e si sedeva di nuovo vicino a Derek. Adesso, erano entrambi bagnati, vista l'acqua che si allargava sotto i loro abiti, sul pavimento, ma a nessuno dei due importava.
«Ce l'hai fatta» sorrise lui, con gli occhi stanchi.
«Ti ho quasi ucciso, dio!, se solo-»
«Ehi» la richiamò lui, costringendola a scontrarsi di nuovo con i suoi occhi verdi smeraldo «Sei riuscita a controllarti ed è questo che conta»
«Ma ti ho fatto male»
«Sto bene» la consolò lui «Guarisco in fretta»
Emma provò a credergli, ma il dolore glielo leggeva negli occhi. Sapeva che sarebbe guarito nel giro di qualche minuto, ma temeva che avrebbe avuto paura di lei. Si accorse dei suoi movimenti solo quando il ragazzo le allungò una mano per aiutarla ad alzarsi.
«Che c'è?» le chiese alla fine, quando furono di nuovo faccia a faccia.
Sospirò «Non hai paura di me, vero?»
«No, non mi fai paura» esclamò, rendendo il suo tono di voce quasi cavernoso e allo stesso tempo ridicolo, facendola scoppiare a ridere «Andiamo a farci una doccia e poi giuro che non lascerò il letto per due giorni»

The girl who cried wolf | Teen WolfOù les histoires vivent. Découvrez maintenant