Capitolo 9: Grandioso addio

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«Vedo che sembri parecchio divertita da questa pagliacciata, eh?». «Sai, Draco. Penso che dovresti rilassarti di più cuginetto. Poi ti vengono le rughe in faccia e diventerai come tuo padre» risposi. Non smisi neanche un secondo di osservare i fuochi d'artificio colorati, mentre il Biondo faceva una risata divertita, ma amara al tempo stesso. Come se volesse ridere alla battuta, ma si sentisse ferito nel profondo. Me ne accorsi subito.

«Non dovresti essere così Draco. Tu non ti meriti di vivere così, nella penombra di un uomo che ti usa e che continuerà ad usarti. Tua madre lo sa, secondo me, ma sa di non poter fare niente a riguardo». «E tu che ne sai, Caroline? » domandò «Cosa ne puoi sapere, vivendo la tua vita perfetta. Con la tua allegra nuova famigliola, i Weasley» sputò acido osservandomi con i suoi grandi occhi spenti.

«Smettila di fare tanto l'offeso, e sei anche molto invidioso. Non potrai per sempre guardare i Weasley e decidere che sono traditori del loro sangue senza un valido motivo; tutto questo solo perché sono amici di un ragazzo che non ha scelto il suo destino o di una ragazza che è capace di farti il culo. Per quello che vale, spero tu riesca a riprenderti la tua vita, dove sarai tu a decidere».

«La gravidanza ti ha dato tutta quella saggezza? Cosa ne puoi mai sapere di destino?». «Cosa puoi saperne tu del destino, invece?» domandai a mia volta «Io so solo che posso crearmelo da solo il mio futuro perché ho la fortuna di avere accanto persone pronte a supportarmi sempre. Draco, perché non chiedi quello di cui veramente hai bisogno?». «Non ho bisogno di aiuto» Draco mentì, andando via come era venuto, sparendo tra la folla di studenti che osservavo dall'alto dopo un ultimo sguardo.

Rimasi a guardare ancora un pò quello spettacolo, in balia di milioni di pensieri, fino a quando non notai che ci fosse qualcosa di strano, e scommisi che si trattava di Harry. Di fatti, il ragazzo mi era venuto a cercare con uno sguardo serio e viso che dava chiari segni di preoccupazione. Aveva fatto il nome di mio padre, lo aveva chiamato col suo nome in codice, sicuro che fosse in pericolo a causa della profezia, da tempo nei suoi pensieri. Poteva sembrare assurdo, Hermione ipotizzava che fosse il signore oscuro a manovrare la mente del ragazzo, ma io mi fidavo ciecamente di Harry. Le sua mani, che avevo sfiorato per sbaglio, stavano sudando; tremava appena e potevo giurare che il suo cuore batteva all'impazzata. Il ragazzo dai corti capelli corvini mi convinse che dovevamo andare a tutti i costi al ministero e per farlo avremmo usato la metropolvere.

«Ma la Umbridge ha messo fuori uso tutti i camini della scuola» lo informò Hermione, ricordandogli l'unico e grande dettaglio. Era vero, non potevamo utilizzare i camini, tranne uno: quello della stessa Umbridge.

Di corsa, noi quattro salimmo le scale verso l'aula di difesa contro le arti oscure per poter usufruire del suo camino, sperando che non ci avessero visti in giro. A metà strada avevamo incontrato Fred e George. I due, felici per lo scherzo ben riuscito, cambiarono improvvisamente espressione. Li superammo per le lunghe scale in movimento, quando i loro sguardi seguirono le nostre figure andare da un punto all'altro. Fred afferrò velocemente il mio polso, bloccandomi. «Dove state andando? Non avrete voglia di mettervi nei guai?» chiese confuso.

«Stiamo andando al ministero. Tengono sotto scacco mio padre e probabilmente altri dell'Ordine».

«E tu pensi di andare lì, così?!» sbottò «Non se ne parla neanche».

«Fred, per quanto mi piaccia l'idea che fai il padre protettivo, il mio di padre è in pericolo, devo andare a salvarlo» risposi, facendo sì che mi lasciasse la mano per proseguire a salire le scale. Il rosso, un pò indispettito dalla mia reazione, non accennò a lasciarmi da sola, finendo per seguirmi fino all'ufficio della Umbridge. Forzammo la porta con un incantesimo, introducendoci all'interno di quell'ufficio che sembrava una bomboniera, pronti a prendere la polvere per andare via, quando la voce stridula e arrabbiata, proprio della strega a cui la stavamo facendo sotto il naso, ci puntò contro la bacchetta.

La donna sorrideva, in maniera inquietante e fin troppo contenta per essere la solita professoressa precisina e senza peli sulla lingua. Avrebbe trovato giovamento, lei ne era più che convinta, per questo non si fece scrupoli ad interrogarci uno dopo l'altro. Alla vista dei Weasley, me, Harry ed Hermione, rise malefica, mentre venivamo trascinati in un angolo del suo ufficio. Drago mi aveva presa dalle spalle, ma non facendo alcuna pressione su di me, lasciando che fossi da sola a muovermi dove la strega voleva. Aveva lo sguardo fisso su di me, che parve essere rassicurante: non mi avrebbe fatto alcun male sia per me che per quanto riguardava la bambina. Sapeva che dal punto di vista fisico ero fragile e non serviva che Fred gli mandasse sguardi fulminei. Il Biondo mi fece accomodare in un angolo stando dietro di me.
«Giuro che se le fai del male, Malfoy...» .

«Tranquillo Weasley, non voglio fare del male a nessuno. Ma quella lì è tremenda» guardò verso la Umbridge con un velo di disgusto nei suoi confronti. Il sentimento di ribrezzo verso di lei era più che reale. Al momento, la strega stava interrogando Harry, tenuto costretto su una sedia di legno che probabilmente Argus Gazza le aveva regalato proprio con quello scopo. Stava farneticando qualcosa come al solito, teorie di cospirazione contro il ministero che avrebbe presto scoperto. Mandò a chiamare Severus Piton nel suo laboratorio di pozioni, per sua sfortuna il mago aveva terminato tutto il veritaserum. Era vietato Hogwarts, ma la donna non sembrava preoccuparsi del preside, Albus Silente, appena tornato dalla lungo periodo che lo aveva visto impotente. Prima che il professore di Pozioni tornasse a fare le sue cose Harry lanciò un urlo. «Ha preso Felpato nel posto in cui è nascosto!».

In quell'istante gettai a Piton uno sguardo, il più serio e minaccioso che potessi fare. Se avesse anche solo detto qualcosa riguardo a mio padre, non l'avrebbe passata liscia. Non conoscevo abbastanza bene quell'uomo da potermi ciecamente fidare e non avrei accennato a stare ferma in un angolo se ci avesse tradito; l'avrebbe pagata cara.

«Felpato, cos'è Felpato? Di cosa sta parlando Piton?».
«Non ne ho idea» rispose allora egli guardandomi negli occhi, prima di andare via.

Come riuscimmo a sopravvivere alla Umbridge fu tutto una delle esperienze che per sempre avrei ricordato, forse mettendolo nel mio diario dei ricordi, una volta finita tutta questa assurda situazione. L'unica cosa che poteva veramente preoccuparmi in quel momento era di arrivare al ministero.

«Amore vuoi un cioccolatino?» Fred cominciò a tirar fuori scatolette di cioccolatini dalle tasche «Sapete, io ho una gran fame» disse con la convinzione di mangiarne uno.

«Fred, ti sembra il momento di tirare fuori quei dolcetti, tra l'altro questi sono quelli non ancora brevettati, potrebbero essere pericolosi» lo ripresi a bassa voce. Hermione ed Harry erano usciti da qualche parte con la Umbridge nella foresta proibita e noi eravamo lì, bloccati dalla sua guardia personale. Stavo davvero per urlargli contro, presa da un'improvvisa crisi di nervi, ma il ragazzo mi fece un occhiolino, lanciando poi uno sguardo a George. Anche l'altro gemello aveva uscito quei cioccolatini con un sorriso malefico. Fu così che capii esattamente quale fosse la loro intenzione. Era ovvio che i due burloni per eccellenza avessero in mente un piano. Io e Ron ci scambiammo uno sguardo complice, come al solito, alzando gli occhi al cielo per trovata geniale dei due. Così ressi il gioco, osservando come quei stupidi dei serpeverde volevano anche loro provare qualche dolcetto non proprio innocuo. Malfoy, a dirla tutta, non era esattamente convinto di quello che stava succedendo, e mi guardò quasi spiazzato dalla scenata improvvisa.

«Seriamente Fred?!» dissi con una finta voce «Sai benissimo che quando vedo i tuoi fantastici cioccolatini, ho voglia di mangiarne a centinaia, senza fermarmi» affermai. «Dispiace dirti che potrai mangiarne solo uno, sono i tuoi preferiti, ma devi andarci piano». «Caramello e nocciole!» i miei occhi brillarono. Avrei potuto davvero mangiarne uno, ma Zambini mi vieto esplicitamente di dare un morso, strappandomi dalle mani il cioccolatino che avevo appena preso. La presunzione dei Serpeverde non aveva confini, e purtroppo, delle volte questo loro modo di essere li avrebbe condotti a vivere brutte esperienze, esattamente come quella di quel pomeriggio. 

➣ The daughter of Sirius Black ¹ [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now