Capitolo 12 - Inseguimento

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Siamo spacciati: sono soddisfatto di aver messo in salvo Dylan, almeno ho mantenuto la promessa data alla mamma.

«Ci siamo quasi.» Urla Daren. «Carl non fermarti!» Mi sprona.

Un declivio impervio prende forma davanti ai miei occhi. «Scivola.» Daren sguscia al suolo con il sedere cominciando a prendere velocità; lo seguo e imito la sua posizione.

Acquisto velocità mentre i velivoli sparano a raffica senza però coglierci.

Avverto che la pelle si sfrega al contatto con il suolo e avvisto la fine della discesa avvicinarsi; Daren l'ha già finita e ora ruzzola pericolosamente.

La strada si livella, ma ho acquisito troppa velocità, e al contattato con il terreno inizio a rotolare su me stesso, lacerando la mia pelle.

«Alzati!» Implora Daren in un gracchio ponendomi la mano; L'afferro e poco dopo mi rimetto in piedi.

Continuo la mia corsa per inerzia e avverto che i muscoli cederanno da un momento all'altro. Do un'occhiata rapida alla provenienza del bruciore e noto diverse ferite in varie parti del corpo.

Un dolore lancinante colpisce la mia gamba, e d'istinto tento di tamponare la fuoriuscita di sangue.

Non posso interrompere la mia corsa proprio adesso. Daren mira un velivolo mettendo fuori gioco gli armamenti di quest'ultimo, ma non fa in tempo, poiché un colpo proveniente dall'altro velivolo volante si infrange davanti ai suoi piedi; lui balza di qualche metro sino a indietreggiare nella mia posizione, ma lo afferro al volo spiengendolo a proseguire.

«Quando manca?» Gli domando.

«Siamo arrivati.» Risponde ricominciando a correre. Mi volto e gli androidi alle nostre spalle si preparano ad accumulare l'energia necessaria per trafiggerci.

«Gi alza!» Sbraita Daren; la serranda d'ingresso di un garage si spalanca a rilento. Le pulsazioni del cuore arrivano sino al cervello e la paura di essere ucciso dagli androdi si fa viva in me.

«Sguscia!» Daren si lancia in una scivolata e riesce a intrufolarsi nel garage. Mi getto al suolo e scivolo sino al piccolo spiraglio d'ingresso. Mi addentro nell'esatto momento in cui una miriade di colpi si stagliano sul portone metallico.

«Chiudi Gi!» Ordina Daren a carponi.

Sono disteso, con le mani poggiate al suolo e con il fiato che accarezza il pavimento. Preferisco restare con le palpebre chiuse e tenare di dimenticare la morte appena scampata. Ma i proiettili, che si infrangono violenti sul portone, mi rinsaviscono.

«Resisterà ancora per un po'.» Afferma Daren boccheggiando.

Vorrei poter rimanere per sempre disteso al suolo, ma devo issarmi.

Il mio corpo è in fiamme e la mie gambe si lamentano per la folle corsa appena terminata.

Stringo i pugni e dandomi forza mi sollevo. Scuoto la testa e osservo il posto in cui siamo finiti: è simile al nascondiglio segreto in cui ho incontrato per la prima volta i tre ragazzi.

Sulla mia sinistra, una schiera di computer obsoleti, poggiati su apposite scrivania usurate, sono sparsi in giro per l'angusta stanza e migliaia di scartoffie invadono il pavimento ricoperto da polvere nera.

L'odore di stantio mi fa starnutire e cado nella convinzione di pensare che questo posto è in disuso da anni.

Dei led emanano luce a intermittenza.

«Cos'è questo posto?» Domando voltando su me stesso.

«Dalla tua domanda, pare che sei affatto spaventato.» Sostiene Daren.

Eccome se lo sono: la mia mano sinistra trema visibilmente, ma Daren è impegnato ad accendere i computer.

«Il mio cuore combatte per uscire dalla gabbia toracica. Questo può farti comprendere quanto me l'abbia fatta sotto!»

«Ti capisco, anche per me la prima volta è stata cosi. Però devo ammettere che è stato eccitante scappare da quelle canaglie.» Asserisce.

Rimango per qualche secondo a osservarlo: delle gocce di sangue sovrastano la sua pelle scura e della sporcizia gli popola la capigliatura.

I miei abiti sono sbrindellati in varie punti e la stoffa sulle ginocchia è stata completamele consumata.

«Hai un laser rigeneratore?» Gli domando vagando per la stanza. Ora il rumore all'ingresso si fa più pesante.

«Certo! Prima però dovrei ricordare come si accede alla stanza. Joshua mi ha mostrare di effettuare queste operazioni, ma non funzionano.»

Prendo posto al suo fianco e guardo la schermata del monitor. Pigio sullo schermo il comando "Conferma"e alla nostra destra prende forma un varco nella parete.

«Amico, dovrei assumerti come ingegnere informatico!» Afferma Daren poggiandomi una mano sulla spalla. «Gi, autodistruzione.» Poi il suo tono si tramuta in un monito.

«Solo il signor Joshua ha l'autorizzazione per innescare questa procedura.» Proclama l'intelligenza artificiale.

«Joshua è morto.» Afferma freddo Daren, poi si prende una pausa e si avvicina al mio orecchio. «Quanto odio quest'intelligenza.»

«Signore l'ho sentita. Rilevo ancora dei segni vitali, il signor Joshua è vivo.» Asserisce la voce.

«Cazzo Gi! Attiva questa procedura di autodistruzione altrimenti i tuoi circuiti salteranno in aria uno a uno.» Minaccia Daren.

«Okay signore! Attivazione procedura di autodistruzione tra cinque... quattro...» Sgattaioliamo nel varco.

«Tre..Due...» La parete si richiude. «Uno...» Si sente un boato e le mie budella si svuotano temporaneamente.

La stanza in cui ora ci troviamo è un po' più piccola della precedente: al centro, riprodotto tramite ologrammi, appaiono due edifici che senza alcun dubbio sono le planimetrie tridimensionali dell'Osservatorio A e B.

Un grande schermo affisso alla parete bianca segnala tutti gli spostamenti delle persone all'interno delle due strutture.

«Caspita!» Asserisco trasecolato e apro la bocca osservando ogni minimo dettaglio della stanza pullunate di tecnologia moderna.

«Non perdiamo altro tempo. Oggi ci intrufoleremo nell'Osservatorio A.» Afferma Daren elargendomi un sorriso.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Where stories live. Discover now