Capitolo 2 - Capsula

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«Non la toccare Carl» Avvisa Sam preoccupato.

«Sì, che la tocco.» A volte Sam è troppo noioso, questo è uno dei tanti difetti di crescere nella famiglie d'Èlite.

I genitori insegnano ai figli sin da piccoli che devono agire con cautela, e seguire le regole.

Rendono la loro vita piatta e tutta schematizzata.

Io, invece, amo l'avventura e il pericolo. Qui su Marte la vita è monotona, ogni giorno le persone svolgono le loro mansioni come se fossero dei burattini di legno.

«Carl, potrebbe essere una cosa aliena, sai delle leggende che circolano nella galassia.» Si ostina Sam indietreggiando.

«Non vedo come questa capsula possa essere un'arma o qualcos'altro. Dai Sam, dopo tanto tempo ci è capitato di imbatterci in qualcosa fuori dall'ordinario».

«Fai attenzione però» Raccomanda lui assecondando la mia richiesta.

La capsula presenta uno strato levigato e sembra non esserci alcuna finestra.

Presuppongo che non sia stata progettata per contenere un uomo al suo interno, considerando anche le sue ridotte dimensioni.

Il colore, di un grigio ardesia con delle sfumature di verde spento, è cangiante a causa dei raggi del sole. Ma il particolare che attira l'attenzione è la scritta NASA, che si nota anche da un miglio di distanza.

NASA? Non ho mai sentito questo nome. Le nostre navicelle sono costruite dalla O.I.M.T,. l'Organizzazione Interplanetaria Marziana Terrestre.

«Vorrei aprirla.» Fremo dalla voglia di scoprire cosa c'è al suo interno.

«Come facciamo? Non vedo nessuna apertura.» Afferma Sam con voce quasi tremante. Gira varie volte intorno al velivolo scrutando la situazione con circospezione.

Anch'io mi associo a lui, nel disperato tentativo di scovare un punto d'accesso.

Il vento struscia sul suolo, sollevando piccoli granelli di sabbia che si disperdono nell'atmosfera marziana.

Il rumore della brezza fa da padrone nella landa rossa, ma Sam, ad un tratto decide di emettere un urlo strozzato, che riecheggia nei posti più remoti del pianeta rosso; poi un attimo dopo si pone le mani sulla bocca, pentendosi dello starnazzo appena emesso.

«Scusa.» Sussurra, poi indica un punto sulla capsula.

Di solito quando andiamo all'avventura sono sempre a trovare indizi e cose fuori dal normale, ma adesso devo dare atto a Sam.

«Sembra una specie di microfono.» Balbetta con voce flebile.

«Forse servirà per un riconoscimento vocale.» Rispondo immediatamente e le idee più assurde iniziano a vagare nella mia testa, come navicelle alla deriva.

Per un paio d'ore restiamo a pronunciare le prime frasi che ci saltano in mente, ma dopo l'ultimo disperato e vano tentativo decidiamo di ritornare in città, poiché Sam ha cominciato a scalpitare con la paura del padre che incombeva su di lui come uno spirito demoniaco.

***

«Ciao amico, a domani» Lo saluto dirigendomi verso casa.

Sam, molto probabilmente, non ha la più pallida idea delle mia intenzione di ritornare sul luogo dello schianto.

D'altro canto mentire a Sam è la decisione più giusta da prendere, visto che lui non ci impiegherebbe molto tempo ad avvisare il padre.

Entro in casa e Trixy mi saluta dall'ingresso augurandomi una buona cena.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora