Capitolo 1 - 12 giugno 2310

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«Carl sveglia...» Apro un occhio pigramente. «...È ora di alzarsi.»

La voce della mamma disturba la quiete. Oggi non ho la minima voglia di alzarmi.
Come ogni giorno, a scuola ho lezione di botanica; ormai da queste parti è la principale disciplina che insegnano.

Sono passati tre anni dall'ultima comunicazione con la Terra. Noi marziani non sappiamo più nulla dei nostri cugini, siamo solo a cinquantaquattro virgola sei milioni di km di distanza, eppure nessuno ci invia una comunicazione.

La vita su Marte prospera, tralasciando che ogni giorno sembra ripetersi e non c'è un minimo di azione. Le piante crescono rigogliose, grazie ai nostri scienziati che hanno reso la stragrande maggioranza del terreno marziano coltivabile, e per di più abbiamo anche del bestiame.

Oggi è 12 giugno 2310. Il nostro calendario parte dall'anno 2280, periodo in cui i primi colonizzatori proveniente dalla Terra si stanziarono su Marte fondando MARXAN, la nostra capitale.

Quelli erano gli anni in cui l'umanità era all'apice dello sviluppo tecnologico. I mesi a venire videro la nostra evolversi: dalla Terra proveniva tutto il materiale che ci occorreva per costruire la capitale; era un flusso continuo di navicelle che viaggiavano a una velocità inaudita sino ad allora.

In quegli anni di grande splendore nacqui io, precisamente il 28 maggio 2292, sancendo così la prima generazione sul pianeta rosso.

Ma dal 31 dicembre del 2307 qualcosa è cambiato, non riceviamo più alcuna notizia dalla Terra, di conseguenza non arrivano più navicelle con cibo e materiali.

Dal quel Martedì Nero mia madre non è più la stessa persona.

Nell'ultima navicella spedita da Marte alla Terra c'era anche mio padre, e da allora non abbiamo più sue notizie.

Tutti i giorni penso a lui, e credo fermamente che sia ancora vivo.

Sul nostro pianeta d'origine c'è anche la nonna, lei invece non è mai voluta approdare su Marte, si ostina ad affermare che la Terra è e sarà il pianeta più bello delle galassie, e dai filmati che ho potuto vedere non la si può biasimare.

Mi sgranchisco gambe e braccia e osservo il sonno beato del mio fratellino; è ancora piccolo per sorbirsi le tediose lezioni sulle piante.

Alzandomi dal letto chiedo a Trixy - la mia personale intelligenza artificiale - cosa ha in serbo per me la giornata.

«Lezione di Botanica, signore.»

«Che novità!» Esclamo.

Nel breve corridoio di casa incontro Mr.Bender, il nostro robot. Mamma lo ama particolarmente poiché è lui a occuparsi delle faccende domestiche.

La cucina è stilizzata con il Marximum (un metallo cui è possibile trovare solo su Marte), di una tonalità grigiastra intagliato da sfumature bianche. Ogni mobile è curvato all'estremità e quasi tutti sono di color argento. Scorgo la mamma seduta su una sedia con lo sguardo assorto e la sua solita aria angosciata; chissà cosa starà pensando.

Ogni giorno che passa sono sempre più in apprensione per lei. Ho il terrore che non si riprenda mai più, che possa lasciarci anche lei, come ha già fatto mio padre.

«Buongiorno madre!» La saluto in tono ironico.

Riesco a strapparle un breve sorriso ma niente di più. Prima dell'ultima comunicazione con la Terra, mia madre aveva un aspetto lucente: i suoi capelli neri abbinati con gli occhi della stessa tonalità, e un sorriso stampato sempre sul viso, le davano giovinezza, ma ormai la radiosità ha lasciato posto alla tristezza.

MARXAN: LA PRIMA GENERAZIONE [PRESTO CARTACEO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora