Capitolo 32 - Attimo

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Vi consiglio di leggere questo capitolo con la canzone che ho inserito nei media ad inizio capitolo! Spero vi piacerà tanto quanto a me.

«Vieni con me.» mi intimò Stiles. Aveva il volto macchiato di sangue e la divisa logora, a guardarlo bene aveva una pessima cera.
Lo seguii senza discutere, assaporando il calore che proveniva dalla sua pelle a contatto con la mia: in quell'istante mi sentii finalmente protetta. Mi condusse alla jeep azzurra, facendomi cenno di salire e, dopo aver messo in moto, non aprì bocca finché non fummo in camera sua. Teneva lo sguardo fisso e riuscivo quasi a leggere i pensieri che lo tormentavano, primo di tutti l'incolumità dei suoi amici e dei presenti alla partita.
Era la prima volta che mi addentravo oltre la cucina di casa sua e rimasi incantata dalla grande lavagna di vetro che si stagliava nel centro della stanza; su di essa svariate fotografie, ritagli di articoli di giornale, parole e segni formavano un intricato disegno.
«Cos'è tutto questo?» domandai al ragazzo che, nel frattempo, si era seduto sul letto e teneva la testa tra le mani.
«Indizi.» replicò schietto. Il suo era il tono di una persona che non aveva voglia di parlare.
Recepii il messaggio, tuttavia mi avvicinai maggiormente alle immagini.
Un ragazzo sorridente con una zazzera di capelli neri mi guardava fisso. Sembrava la foto di un annuario e lui pareva tanto felice e affatto maligno. «Io ho già visto lui.» affermai sicura, indicandolo. Un brivido mi percorse la schiena quando il ricordo del suo ghigno tornò alla mia mente. Seguii con un dito il filo rosso che portava da quella fotografia ad un articolo di giornale dal titolo "Ragazzo scomparso da due settimane a Beacon Hills" e sotto di esso il trafiletto recitava che nessuno aveva più avuto sue notizie da allora. Pochi istanti dopo, mi accorsi che Stiles si era alzato, sentii il suo respiro accelerato alle mie spalle; la sua mano indicò una parola scritta in nero, posizionata poco più in alto del mio volto: "sicari". Proseguì sulla superficie liscia fino a raggiungere, non molto distante, un disegno di uno strano simbolo: il muso affilato di un maestoso lupo dagli occhi azzurro ghiaccio e nei quali erano riflesse due lune, una bianca ed una rossa; "mandante", recitava accanto una parola di un color rubino. Proseguì con la spiegazione, fino a che, dopo la mia ennesima domanda a cui non sapeva dare risposta, esordì «Non ha senso tutto questo, lo capisci?»
Il ragazzo stava farneticando ormai da ore, sperando di capirne qualcosa di più.
Non riusciva a collegare tutti gli indizi e questo lo stava distruggendo: sapeva che ci era vicino, eppure qualcosa continuava a sfuggire.
«Lo so!» Stavo seguendo i suoi ragionamenti da parecchio tempo; la mia testa stava oramai esplodendo ed i suoi occhi erano rossi per la stanchezza. Avevamo avuto bisogno di un modo per non pensare ai nostri amici in pericolo, qualcosa per distrarci. In quel momento rimpiansi che quel qualcosa non fosse un bel film, dopo una doccia calda, difatti da quando avevamo messo piede in casa, non avevamo ancora nemmeno avuto il tempo di farla: eravamo entrambi ancora ricoperti di fango secco. «Non dico che vi sia una logica scientifica dietro tutto questo, solo credo che dovresti prendere in considerazione tutte le opzioni.» proseguì poggiando la testa sulla sua spalla. Da parte mia, più che stargli accanto durante questi momenti di delirio, non sapevo come aiutarlo. «Tu sei totalmente pazzo.» Avevo perso la cognizione del tempo: non seppi nemmeno da quanto ormai eravamo rinchiusi in camera sua, creando congetture laddove non c'erano; avevamo allestito un piano niente male, tuttavia non sapevamo ancora contro chi esercitarlo.
«Probabilmente. Ma ho le mie ragioni.»
Era particolarmente serio; prese un ulteriore filo rosso e lo collegò alla foto scattata qualche giorno prima a scuola,  che ritraeva un signore di bell'aspetto intento a leggere un libro.
«Davvero credi che lui c'entri qualcosa?» domandai incredula e con leggera esasperazione. Mi allontanai di qualche passo, osservando il quadro completo e tentando di vedere meglio la sua prospettiva.
«Forse.» la sua affermazione suonava più come una domanda in realtà. Si sfregò vigorosamente gli occhi, sbadigliando.
«Dovresti riposare.» Con un movimento stanco si voltò verso di me: sotto gli occhi ombre bluastre, l'espressione spossata ed i vestiti sgualciti.
«Magari solo cinque minuti.» Annuii concorde e prima ancora di rendermene conto, mi trovai le sue braccia circondarmi la vita e la mia testa sul suo petto. «Grazie Diana.» Mi strinse a sé ed io non potei far altro che ricambiare a mia volta. Nonostante il sudiciume, avrei voluto rimanere così per sempre. Non c'era altro che il ritmo costante del suo battito cardiaco. Sapevo che non avrei dovuto provare certe emozioni, eppure non riuscivo ad impedirmelo.
Nel momento in cui interrompemmo il contatto, commisi il madornale errore di alzare lo sguardo ed incrociare il suo: rimasi incantata in due occhi color nocciola che mi tolsero il fiato. Era sbagliato sentirmi tanto attratta da lui, soprattutto quando era a pochi centimetri da me e riuscivo a sentire il suo respiro sulla mia pelle.
Portò una mano all'altezza del mio viso, poggiandola dolcemente sulla guancia e provocandomi un brivido lungo la schiena; con l'altra invece, prese tra le dita una ciocca dei miei capelli e cominciò a giocarci, arricciandola. Io ero immobile, trattenevo il respiro terrorizzata che un minimo momento avrebbe rovinato tutto. Riuscivo a notare nei suoi occhi l'indecisione, il desiderio ed il rimorso, mentre probabilmente nei miei era presente solo un pensiero, parecchio evidente.
Baciami.
Credetti di averlo detto ad alta voce perché dopo un ultimo attimo di esitazione si avventò sulle mie labbra colmando la ormai poca distanza che c'era tra di noi.
Inspiegabilmente sentii il battito del mio cuore sperduto in ogni singolo millimetro del mio corpo, entrambi i palmi iniziarono a sudare: ero agitata, tremavo.
Sentivo la testa girare, non capivo più nulla.
Era come se la terra sotto di me fosse sparita, era come se nulla intorno a me esistesse.
Poi, cominciarono a tremarmi le ginocchia, non riuscivo a farle smettere; egli mi sollevò con decisione, portandomi fino al letto e adagiandomi su esso con delicatezza senza mai interrompere il contatto.
I miei pensieri si fermarono di colpo per poi riprendere a girare vorticosamente nella mia testa senza logica o senso compiuto, provocandomi una forte vertigine. Non avevo mai provato tanta eccitazione, terrore, felicità, sgomento e paura tutte insieme.
Non riuscivo a controllare nessuna parte di me stessa: era come se la mia mente e il mio corpo si fossero bruscamente staccate una dall'altra.
Si fermò bruscamente, allontanandosi quel tanto che bastava per riuscire a guardarmi negli occhi; sentivo il suo cuore battere velocemente ed il respiro lievemente affannato. Fu in quel momento che mi sentii come mai prima d'ora e mi chiesi se lo avessi voluto veramente: ero assalita dai dubbi. Credetti che si fosse pentito di ciò che aveva appena fatto e che stesse per dirmi cose che mi avrebbero spezzato il cuore. Mai idea fu più sbagliata.
Mi rivolse uno sguardo malizioso prima di sfiorare la pelle del fianco scoperta ed ogni pensiero svanì come se quel contatto avesse fatto scattare nuovamente in me qualcosa.
Sentii ancora quel brivido prima freddo poi caldo attraversare ogni cellula del mio corpo.
Mossi la mia mano, anche se la mia mente non aveva mai ordinato di farlo; accadeva tutto senza un perché. Gli sfiorai il fianco e sentì le cuciture della mia maglietta tra le mie dita, gli accarezzai la schiena e percepii il calore del suo corpo contro la mia pelle.
Era fantastico sentire le nostre labbra sfiorarsi in continuazione, era meraviglioso poterlo stringere a me.
Era come se tutto in quell'istante fosse dannatamente perfetto.

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