Capitolo 17 - Serata in famiglia (R)

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L'indomani, durante l'ora di economia, il coach spese più di metà del tempo a decidere in quale giorno porre gli allenamenti e, dopo un lungo e faticoso dibattito, optammo per il mercoledì.

Lydia, nel frattempo, era tornata raggiante come sempre e sembrava si fosse dimenticata della nostra discussione; a volte, anche se provava a non darlo a vedere, riuscivo a notare che mi osservava di sottecchi come aspettando una qualunque mia reazione.

A pranzo andammo tutti - Theo ovviamente escluso - a casa del ragazzo tatuato a mangiare messicano: avevo bisogno di un pomeriggio normale passato in compagnia delle persone con cui stavo bene e pregavo che nessuno tirasse fuori argomento "soprannaturale" per il resto della giornata.
E così fu.

«Scott, come sono gli allenamenti generalmente?»
Non ero riuscita a parlare molto con lui dalla sera del ballo e ciò mi dispiaceva così tanto, anche perché da subito si era dimostrato una persona gentile e ben disposta nei miei confronti.

Io, lui e Stiles ci accomodammo in salotto, mentre Malia, Lydia e Kira - la ragazza giapponese - insistettero tanto per pulire e rimasero in cucina.

«In una parola? Estenuanti. Il coach pretende davvero tanto da noi e non si accontenta di performances scarse.» Si sdraiò comodamente sul divano e portò le braccia dietro la testa, mentre il suo amico si accomodava sulla poltrona.

«Oh. Vorrà dire che mi caccerà dalla squadra ancor prima che io possa mettere piede in campo.» Sogghignai soddisfatta, sperando di riuscire a mettere in atto il mio piano.

Parlammo del più e del meno fino a quando la fidanzata del padrone di casa ci raggiunse poco dopo, chiedendogli se potesse darle un passaggio a casa.

«Certo! Stiles riesci ad accompagnare tu a casa Diana?»

Il ragazzo in questione si girò verso di noi, con aria assente: sembrava appena tornato sul pianeta Terra da chissà dove. Aveva dedicato molta più attenzione ad arricciare con le dita i capelli della propria ragazza, che alla conversazione con l'amico.

«Uhm cosa? Non ti stavo ascoltando scusa.»

Per evitare ulteriore imbarazzo e l'occhiata di fuoco di Malia, mi intromisi. «Non è un problema, posso benissimo andare a casa a piedi. Un po' d'aria fresca è quello che mi ci vuole.»

«Mi sembra ridicolo, soprattutto per il fatto che siete vicini di casa, quindi non deve nemmeno fare chissà quali giri per accompagnarti» commentò Scott, mettendosi a sedere e cingendo con un braccio la vita di Kira.

«In realtà, ora che mi ci fai pensare, io dovrei passare prima in ospedale per fare una visita di controllo. O così mi avevano detto, se non ricordo male.» Cominciai a raccogliere le mie cose con fare sbrigativo, sperando di aver fatto ben comprendere la mia posizione: non sarei salita in macchina con lui e la sua ragazza. Ragionandoci, questa probabilmente non mi aveva nemmeno mai rivolto direttamente la parola.

«Ma è perfetto» s'intromise Lydia. «Mentre accompagna a casa Malia, ti lascia lì. Tanto è di strada, giusto?» Volse lo sguardo verso la diretta interessata, sfidandola a ribattere, che annuì scocciata.

«Ti accompagnerei io, ma ho delle cose da fare con mia madre, che mi viene direttamente a prendere qui» dichiarò sorridendo soddisfatta.

Non l'avrei mai ammesso, ma dubitavo che avrei comunque accettato il passaggio: ancora non avevo digerito bene la storia che mi aveva affibbiato.

«Tutto sistemato, visto?» esordì allegra Kira. Quella ragazza era di una dolcezza infinita: sempre sorridente e riservata, donava certe occhiate piene di amore al fidanzato quando questo non la guardava, che avrebbero sciolto anche il cuore più duro. Mi ripromisi che avrei legato maggiormente con lei.

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