Capitolo Dieci: Grace

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Il viso era affondato nel cuscino; ormai era giorni che piangeva senza capirne il motivo, giorni che restava chiusa in camera rifiutandosi di mangiare alcunché. La madre aveva attribuito il comportamento al litigio con Grace, anche se ormai era vecchio di mesi; in effetti Kate non le aveva fornito spiegazioni e, a dirla tutta, non le importava un granché il giudizio di sua madre. Aveva perso Grace, aveva maltrattato Ashley e Aaron (anche se al momento erano il suo ultimo pensiero) e soprattutto...

Emise un gemito. Non riusciva a chiudere gli occhi senza rivedere il seno della professoressa coperto dalla camicia, l'urlo attutito dall'abitacolo, il calore del corpo del professore, le labbra di lui sul corpo di lei, quella fibbia lasciata al vento. Continuava a piangere senza sosta e la cosa peggiore era il suo non riuscire a comprendere il perché. Lo zaino le era stato riportato a casa da un'altra compagna di classe, non aveva idea di chi dato che alla porta aveva aperto sua madre; lei era già sul letto, da dove non si era più mossa. Aveva saputo tramite sms cos'era successo dopo il loro incontro nel parcheggio: inevitabilmente, in mensa avevano sentito urlare. Inevitabilmente, i curiosi si erano affacciati all'esterno. Inevitabilmente, il professor Powell e la professoressa Tennant erano stati convocati in Presidenza; dopodiché, il nulla: probabilmente erano stati sospesi, forse licenziati. Che importava? Il professor Powell l'aveva
(tradita)
delusa. Già, ma perché l'aveva delusa?

Si voltò dapprima su un fianco, poi sulla schiena. Fissava il soffitto bianco con gli occhi sgranati nel viso pallido e smunto dai giorni di semi-digiuno. Dopotutto il professore aveva i suoi cinquant'anni e non era nemmeno sposato, non le riguardava cosa faceva nel tempo libero.
Già, ma non era tempo libero. Era a scuola, a scuola!
Sentì le lacrime salirle di nuovo agli occhi. Per quale razza di motivo stava piangendo di nuovo? Non importava, sentiva avrebbe fatto meglio a farle scorrere via.

* * *

Messaggio da: Grace
Ora: 18:25

Come stai?

La vibrazione del cellulare non la smosse dal letto. Aprì solo un occhio per leggere il destinatario dallo schermo illuminato e l'anteprima del messaggio la spiazzò. Cosa voleva Grace da lei? Sospirò tremante, allungò un braccio sul pavimento e raccolse il cellulare poggiato accanto al letto.

Messaggio inviato a: Grace
Ora: 18:27

Male. Ma che importa?

Il messaggio era volutamente provocatorio, ma davvero non le importava di parlare con lei. Non le importava nulla in realtà, e quando il cellulare cominciò a vibrare il cuore cominciò a battere più forte.

«Pronto?»

«Kate...»

La voce di Grace era bassa e davvero preoccupata; Kate ne prese atto e continuò a parlare con la stessa flemma che la caratterizzava in quei giorni. La gola era secca; si schiarì appena la voce e rimase in attesa.

«Kate, ascoltami...» dal cellulare provenne un forte sospiro. «Siamo preoccupati per te, per quello che è successo lunedì scorso, insomma... Come l'hai presa?» domandò diretta. Kate spostò il cellulare dall'orecchio e fissò per qualche secondo il display luminoso nella penombra della stanza. «Kate? Ci sei ancora?» domandò l'altra così distante. La ragazza era confusa e continuò a fissare il cellulare con espressione accigliata; quando Grace ripeté il suo nome ancora un'altra volta finalmente si decise a riavvicinare il cellulare all'orecchio. «Cosa vuoi dire?» domandò a bassa voce con fare sospettoso; la voce al telefono esitò prima di rispondere. «Kate, andiamo, lo sanno tutti che... Insomma, ti piace il professore di inglese. Mi dispiace non averlo capito prima, insomma, per quella storia di Aaron, è che io ero--»

Kate aveva smesso di ascoltare già da un po'. Quella frase le rimbombava in testa senza posa; "Kate, andiamo, lo sanno tutti che... Insomma, ti piace il professore di inglese". Grace continuava a parlare senza sosta, facendo montare una rabbia cieca alla ragazza. «Ma andate tutti a fanculo» sbottò infine prima di staccare la telefonata e riaffondare il viso nel cuscino, il cellulare stretto nella mano destra e troppa confusione in mente.

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