Capitolo Quattro: Litigi

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Kate era inquieta.

Non era una novità; si girava e rigirava nel letto, scalciando via il lenzuolo e imprecando a bassa voce. Non riusciva a dormire, come al solito. Quella notte, inoltre, si aggiungeva un'aggravante: era appena tornata dalla festa di compleanno di Tania, e il tutto... Beh, non era andato esattamente come sperava andasse.

«Io non volevo venire» bofonchiò, avvolta nel suo vestito blu. Grace la ignorò, passandole una bevanda gassata. «Su, pensa a divertiti!» esclamò ridendo, sedendosi sul divanetto. Kate le si sedette accanto, sospirando. Non si aspettava un granché dalla festa; era stanca, annoiata e di malumore. Come da un po' di tempo, in effetti.

«Ciao» disse il moro, avvicinandosi a loro. Entrambe le ragazze levarono lo sguardo sulla figura stagliatasi davanti; l'inconfondibile ciuffo ribelle fece arrossire istantaneamente Grace. «Aaron! Ciao!» esclamò subito, balzando in piedi. Aaron le rivolse un sorriso veloce, poi tornò a rivolgersi verso l'altra. «Kate, puoi venire un momento? Devo parlarti» le chiese, aspettando una sua risposta. Kate, che intanto era tornata a vagare con lo sguardo, portò nuovamente la sua attenzione sul ragazzo. «Uh?» aggrottò la fronte, poi posò la bevanda sul tavolino accanto a lei. «Mh, okay» disse semplicemente alla fine, alzandosi svogliatamente dal divanetto. Guardò Grace, che le ricambiò l'occhiata perplessa. «Torno subito» le mormorò, prima di seguire il ragazzo in giardino.

«Sono contento di essere nuovamente in classe con te» disse il ragazzo, camminandole al fianco. Stavano camminando fra i cespugli del discreto giardino sul retro dell'abitazione; Kate notò che, nonostante lo stile ribelle del ragazzo non fosse per nulla mutato - jeans nero con catena e anfibi - aveva cercato di renderlo quanto più elegante possibile. «Sei molto carina, stasera» aggiunse, fermandosi di botto. Kate capì finalmente dove il ragazzo volesse arrivare a parare, probabilmente troppo tardi. Quando si rese conto di quello che stava per accadere, si voltò a guardarlo. «Aaron, io n-»

Le labbra del ragazzo, d'un tratto, erano a contatto con le sue.

Restò lì, con gli occhi aperti dalla sorpresa, a sentire il calore del ragazzo a così pochi centimetri da lei.

Il cuore accelerò.

D'un tratto, i due trasalirono; un rumore di vetri infranti li fece voltare di scatto, verso la porta a vetri che portava al salotto.

Una basita ragazza bionda, con la mano aperta e i vetri di un bicchiere rotto ai suoi piedi, li fissava immobile.

La luce illuminò una lacrima scorrerle sul viso.

«Grace...» fece in tempo a dire Kate accennando un passo nella sua direzione, ma l'altra si voltò e corse dentro.

* * * *

Tornò a casa in lacrime. Grace era scappata, l'aveva lasciata alla festa da sola. Anzi, peggio: l'aveva lasciata alla festa con Aaron.

«Mi dispiace che...»

«LASCIAMI IN PACE!» urlò al ragazzo che le si era avvicinato. Gli studenti attorno a loro si ammutolirono, la musica cessò; Aaron si ritrasse spaventato, ma Kate nemmeno badava più a loro. Corse fuori nel buio, sui tacchi che le facevano male e il vestito che le lasciava scoperte le gambe a prendere freddo.

«GRACE! GRAAACE!»

Nessuna risposta nella notte, nessuna risposta agli sms, nessuna risposta al telefono. Nessuna risposta dalla sua logorroica e sorridente amica. Nessun'amica, non più.

Si gettò sul letto ancora vestita, il trucco sciolto in volto, la borsa lasciata scivolare a terra. Il cellulare cadde con un tonfo sordo, ma non vi prestò attenzione. Le lacrime non uscivano più, restava la morsa allo stomaco che non permetteva al cuore di calmarsi. Aveva deluso, tradito un'amica. Grace aveva palesemente una cotta per Aaron, ma lui non ricambiava. Come aveva fatto ad essere così cieca, così sorda ai sentimenti altrui da non rendersi conto del triangolo che era venuto a crearsi? Per quale razza di assurdo, stupido motivo aveva seguito Aaron nel giardino, in disparte, lontano da Grace? Perché non aveva capito prima quello che stava per accadere?

«Stronzo!» esclamò ad alta voce, dando un pugno al muro affianco a lei; il dolore alla mano non migliorò la situazione. Era tardi, l'una passata, ma a quanto pare nessuno si era svegliato in casa. Stranamente, invece di consolarla la cosa la irritò ancora di più.

Passò il dorso la mano destra sugli occhi, asciugando le lacrime.

"E adesso?", pensò fra sé. Non le veniva in mente alcun modo per rimediare, così raccattò il cellulare da terra e le scrisse un altro sms.

"Grace, non è successo nulla. Aaron non mi piace affatto."

Inviò il messaggio, sorprendendosi di quanto poco pathos trasmettesse. Sospirò, poi sbadigliò; era stanca, stanchissima, e la situazione sembrava non avere via d'uscita. Sentì le lacrime risalirle, le ricacciò e posò il cellulare sulla scrivania. «Che vada al diavolo anche lei» mormorò, togliendo il vestito per gettarlo rabbiosamente in un angolo.

Afferrò il pantalone del pigiama, lo infilò rapidamente e si accinse a fare lo stesso con la maglia, quando una vibrazione la fece sussultare. Completò il vestiario rapidamente, per poi precipitarsi a prendere il cellulare. Inciampò, rovinando a terra; dopo qualche imprecazione si rialzò dal pavimento, afferrò il suo unico contatto con Grace e fissò il display. Due messaggi.

"STRONZATE!", esclamava il primo. Il secondo, che lo seguiva a ruota, diceva:

"VAFFANCULO!".

Entrambi, notò Kate, lasciavano poco all'immaginazione. Lasciò il cellulare sulla scrivania per evitare l'inutile e infruttuosa tentazione di dialogare, poi tornò lentamente a letto e s'infilò sotto le coperte. Si girò su un lato, verso il muro, a riflettere.

"Non mi piace Aaron", mormorò.

"È così..." rifletté ancora, non trovando alcun termine adatto. Quando finalmente gli sovvenne, si addormentò.

Amore ProibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora