capitolo sette.

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Esco dal bagno e non vedo Cato ma Tess.
«Allora allora allora mia cara... Dobbiamo fare moooolte cose in pochissimo tempo» mi disse cantinellando. Mi porse un pantalone nero e una camicetta fucsia.
Quando esce per farmi cambiare io mi infilo i pantaloni ma butto quella camicetta fucsia acceso, davvero raccapricciante. Ne prendo un'altra verde chiaro e la indosso.
Dopo essermi asciugata i capelli me li pettino e mi faccio una treccia al lato.
«Cara é ora di andare. Siamo quasi arrivati. Però devo presentarvi una persona»
Al momento la mia voglia di incontrare qualcuno é pari a zero.
«Jayden! Dove sei stato?! Ragazzi lui é Jayden Pavel il vostro mentore»
É un ragazzo di circa una ventina di anni. Molto spesso i vincitori degli Hunger Games sono del mio distretto e dell'uno quindi non mi sorprese vedere un bel ragazzo alto e muscoloso. Ha i capelli scuri e gli occhi verdi, molto belli.
«Piacere io sono Clove» dissi decisa e ferma. Lui mi sorrise, ci guardammo finché Cato non mi tirò dietro di lui e strinse la mano a Jayden.
«Io sono Cato»
«Bene. Le presentazioni... Fatte» spuntò dalla lista le presentazioni
«Tra un oretta arriveremo a Capitol, intanto potete conoscere meglio il vostro mentore» e andò via con i tacchi che tintinnavano sul pavimento.
«Sapete maneggiare un'arma in particolare?» si sedette su un divano e mi fece cenno di accomodarmi accanto a lui
«Coltelli» risposi mentre cato disse spada
«Come ve la cavate con altri tipi?»
«So usare anche i coltelli, combatto molto bene corpo a corpo ma le spade sono il mio punto di forza» disse Cato
«Io sono brava in tutto, non credo mi serva il tuo aiuto.» non mi riferivo solo a Jayden
«Dovresti sentire quello che ha da dire. Lui ha vinto e può aiutarci a-» senza lasciarlo finire la frase me ne andai.
«Clove si può sapere che ti prende? Lui può aiutarci a vinc...» si bloccò non appena si rese conto di quello che stava per dire. NOI INSIEME non potevamo vincere.
«Finalmente l'hai capito. Non torneremo a casa insieme. O l'uno o l'altro. O peggio nessuno.»
«É questo che hai sognato l'altra notte?» io abbassai lo sguardo ma lui mi prese il mento con le dite e fece incrociare i nostri sguardi
«No, io ho sognato... Che eravamo rimasti noi nell'arena. T-tu dicevi che non avevi scelta e mi hai attaccato» mi abbraciò. Uno di quegli abbraccì veri, che sembrano durare un'eternità ma quando finiscono sembrano essere durati troppo poco.

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