L'acqua cadeva fitta: come aveva predetto quella mattina, guardando il cielo grigio fuori dalla finestra della propria classe, stava piovendo a dirotto. Era ancora seduta nella sua auto e aspettava il momento giusto per scendere. Entrambi sapevano che fosse una bugia. Osservò le goccioline d'acqua rincorrersi sul finestrino e il vetro appannarsi leggermente per via del riscaldamento acceso all'interno del mezzo. Voleva scendere, ma non ci riusciva. Da una parte voleva sapere disperatamente cosa pensasse Derek di ciò che aveva detto minuti prima nel suo loft, dall'altra parte l'idea di rimanere sola in casa, come ogni pomeriggio, per studiare in attesa che tornasse sua madre non l'allettava per niente.
«Vuoi entrare?» disse alla fine, voltandosi verso di lui. Era imbarazzata, perché quella frase significava tutto e niente e nascondeva altrettanti significati. Il ragazzo la guardò piacevolmente sorpreso, ma non ebbe il tempo di rispondere «I miei non ci sono, tornano più tardi»
Annuì e gli venne spontaneo. Non sapeva cosa aspettarsi, ma accettò comunque. Nessuno dei due aveva un ombrello, così scesero dall'auto e corsero fin sotto il portico della casa della ragazza. Aprì velocemente ed entrarono, colpiti in pieno dal confortevole torpore che sempre la caratterizzava. Derek si sentiva un pesce fuor d'acqua: non era abituato ad andare a casa degli altri e quando l'atmosfera accogliente di quell'edificio lo colpì in pieno petto si senti a disagio. Eseguì meccanicamente gli stessi movimenti di Emma e la seguì in giro per la casa, per paura di perdersi.
Ma quando sentì le sue dita intrecciarsi a quelle della ragazza, mentre lo trascinava su per le scale, si rilassò completamente. Capì che fosse solo il posto a renderlo insicuro, ad imbarazzarlo e sapeva che forse sarebbe sempre stato così, ma finchè fosse stato con lei si sarebbe sentito libero. Si rese conto in quel momento, mentre entravano in camera della ragazza, che per quanto fosse scappato, per quanto avrebbe corso, per quanto avesse continuato a tenere eretta quella torre di mattoni che aveva costruito intorno a sé, ogni volta che l'avrebbe guardata o solo pensata si sarebbe sentito a casa.
Rimase fermo sulla soglia della porta, mentre Emma gettava malamente lo zaino a terra e lo apriva tirando fuori qualche libro. Appoggiò il tutto sul letto e guardò Derek, invitandolo finalmente ad entrare.
«Prima però, potresti-? Potresti voltarti?» gli chiese arrossendo «Devo cambiarmi»
L'espressione del ragazzo passò da confusa a consapevole, per poi dar vita ad un piccolo sorrisetto sornione. La guardò un'ultima volta, sperando che cambiasse idea e poi si voltò puntando gli occhi sulla scrivania su cui torreggiava un computer ed un porta penne colorato.
Emma si cambiò velocemente: sfilò il maglioncino, poi il reggiseno e infilò una vecchia felpa di suo padre tirando su la cerniera; fece lo stesso con i jeans, indossando poi gli shorts del pigiama. Infine tolse la collana di sua madre, chiudendola con premura nel primo cassetto del suo comodino.
«Ho fatto, puoi voltarti» disse in un sussurro, mentre si legava i capelli in una coda improvvisata. Quando alzò lo sguardo ed incontrò quello di Derek non potè far altro che arrossire fino alla punta delle orecchie: i suoi occhi la scrutarono attentamente dalla testa ai piedi, soffermandosi in particolare sulle sue gambe nude. Quegli occhi la stavano letteralmente bruciando, ma non riusciva a muoversi, a liberarsi di loro.
«Devi studiare?» parlò alla fine il ragazzo, indicando con un gesto veloce i libri. Non aveva nessunissima voglia di starsene seduto a fissarla mentre leggeva uno stupido libro. Voleva baciarla, perché le mancava da morire e voleva sentire il suo cuore battere, anzi esplodere, nel petto.
«Posso farlo più tardi» rispose.
«Speravo tu lo dicessi» disse, facendo un passo o due verso di lei. Le prese delicatamente il viso tra le mani e avvicinò le labbra a quelle di Emma. La ragazza non aspettò ulteriormente e intensificò il bacio, cercando un appiglio nel corpo statuario di Derek. Non trovando niente, indietreggiò finchè le sue gambe non toccarono il bordo del letto: il ragazzo la seguì lentamente, senza mai far staccare le loro labbra e si ritrovarono malamente sdraiati l'uno sopra l'altro.
Quando la bocca di Derek lasciò la sua, gemette in disapprovazione, facendolo ridere ma quando la sentì scendere lungo la sua mascella fino al collo, fu costretta a mordersi il labbro inferiore per evitare di approvare in modo troppo evidente. Le labbra del ragazzo le lasciavano dei baci dolci sul collo che la facevano rabbrividire e lui si rese conto di quanto forte battesse il suo cuore e di come reagisse il suo corpo ogni volta che le sue labbra le sfioravano la pelle. Forse anche il suo cuore stava per esplodere e anche lui si ritrovò a scoprire delle sensazioni che aveva dimenticato da tempo. Si sorprese di come il suo corpo si incastrasse e si intendesse perfettamente con quello di Emma, come le loro bocche fossero state fatte per baciarsi e quanto non gli importasse di ciò che stesse succedendo nel mondo. Quando la baciava, il resto scompariva. E questo lo spaventava, perché sapeva che Emma potesse essere una distrazione, una debolezza, ma ne era così preso che non riusciva a smettere.
Si staccò da lei, togliendosi la giacca che ingombrava per poi tornare con le sue labbra a baciarla: una sua mano scivolò più in basso rispetto al collo, fermandosi esattamente sulla cerniera della felpa. La tirò giù lentamente e si aspettò da un momento all'altro che Emma lo fermasse, ma non accadde. Quando i due lembi di cerniera si staccarono, la sua mano continuò il suo percorso circondando il bacino della ragazza, fino a fermarsi sulla schiena. Premette leggermente per avvicinarla di più a sé e fece combaciare di nuovo le loro labbra. Le mani di Emma si attaccarono al collo del ragazzo per attirarlo a sé, scivolando poi sulla sua schiena con la tacita richiesta di togliersi la maglietta.
Derek fu costretto ad allontanarsi per farlo e quando si riavvicinò, sentendo la loro pelle entrare in contatto, un brivido – forte e deciso – percorse la sua spina dorsale, facendolo sentire per la prima volta vivo. La sua mano lasciò la schiena della ragazza per sfiorare il suo addome risalendo sempre più su verso il suo petto. La sentì rabbrividire e irrigidirsi sotto il suo tocco, così si limitò a seguire il segno dell'attaccatura del seno con i polpastrelli caldi delle sue dita.
«A cosa devo tutto questo affetto?» chiese Emma in un sussurro, interrompendo il bacio. Sentiva ancora le mani di Derek su di sé e avrebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre.
«Pensi davvero quello che hai detto prima?» rispose lui con una domanda. Aveva gli occhi bassi, mentre disegnava cerchi immaginari sulla pelle chiara della ragazza.
«Sì» disse semplicemente. Il ragazzo alzò di scatto la testa e incastrò il suo sguardo verde con quello azzurro come il mare di Emma. Un sorriso sincero, felice, vero si aprì sul suo volto e alla ragazza non servì altro per capire che anche lui, alla fin fine, provasse la stessa cosa. Lo guardò in silenzio per un tempo che sembrò eterno: scrutò i suoi occhi verdi e profondi, eppure così rassicuranti, le sue labbra leggermente rosse per via dei baci e, spostando lo sguardo, le sue mani grandi e calde.
«Perché mi guardi in quel modo?» alla fine Derek ruppe il silenzio.
Lei alzò le spalle con noncuranza «Mi piaci quando sorridi così»
Stava per replicare quando i suoi occhi da lupo guizzarono verso la finestra. Perso completamente nei suoi pensieri e in Emma, non si era accorto di un rumore, proveniente dall'esterno.
«Derek, che succede?» chiese lei, preoccupata.
«Shh» le disse lui. Rimase un attimo in ascolto, poi si rilassò e scosse la testa divertito «Tua madre è appena scesa dall'auto»
Emma ricadde a peso morto sul letto, poi quando elaborò alla perfezione ciò che il ragazzo le aveva appena detto, saltò di scatto a sedere e lo spinse via. Richiuse la felpa, arrossendo al solo pensiero di quello che era appena successo e cercò un modo per farlo uscire di casa senza che sua madre se ne accorgesse.
«Esco dalla finestra, tranquilla» la rassicurò, leggendole nella mente.
Alzò un sopracciglio, scuotendo la testa e si avviò con lui al davanzale. Non voleva che quella giornata finisse così e se sua madre non fosse arrivata avrebbero sicuramente continuato.
Fuori stava ancora piovendo forte, ma il ragazzo non sembrò preoccupato. Si avvicinò a lei dandole un ulteriore bacio e poi infilò una gamba fuori dalla finestra.
«Dico ad Isaac di venirti a dare un'occhiata tra un po', va bene?» l'avvertì «Sicuramente tua madre lo farà entrare»
Emma annuì e Derek stava per andarsene, quando lo fermò di nuovo «Dormi con me stasera? Ti- Ti mando un messaggio quando i miei-»
«Sì» rispose lui sicuro, interrompendola.
Emma lo guardò scendere con abilità e piombare con i piedi perfettamente a terra. Seguì la sua figura alta e slanciata fino a che salì in auto e partì, scomparendo tra la pioggia e la nebbia.
Sorrise felice, dirigendosi verso il letto e aprendo un libro per studiare.
Entrambi non lo sapevano, ma quella notte nessuno dei due avrebbe avuto alcun tipo di incubo.

Era ormai notte fonda. La pioggia non aveva smesso un attimo di cadere e tutto, all'interno di quella fabbrica ormai mezza distrutta e completamente abbandonata, era bagnato e scivoloso. Le gocce d'acqua cadevano incessantemente attraverso i vetri rotti toccando il pavimento, rendendolo più umido del solito. Alcuni animali, come topi di campagna ed insetti, si aggiravano silenziosi mentre l'intero branco di Alpha si allenava con dedizione. Era lì che avevano trovato rifugio una volta arrivati a Beacon Hills. Quando erano stati lì per la prima volta – ai tempi in cui Talia Hale era ancora viva – avevano avuto a disposizione abitazioni più accoglienti, ma una volta scappati non avevano potuto portare niente con loro. Quella fabbrica distrutta, non molto lontano dal bosco e dalla vecchia casa Hale, era tutto ciò che avevano.
Deucalion era seduto su uno scalino di cemento mal messo. Aveva smesso da tempo di allenarsi, un po' perché non era mai lui quello che combatteva in prima linea e un po' per via della sua cecità. Preferiva rimanere seduto e a riposo, in quanto leader di quel branco, a guardare gli altri sudare e farsi giustamente del male, per ottenere una vittoria.
Non aveva avuto un vita facile ed era stato anche una persona migliore in passato, ma la vita non gli aveva regalato gioie, anzi aveva portato solo tristezza, sofferenza, distruzione e morte. Era cresciuto così: nella costante paura di non farcela, di morire prima di vivere. Così, aveva costruito quel branco e aveva eliminato i pericoli molto prima che questi potessero eliminare lui.
Sospirò, appoggiato al suo bastone e distolse lo sguardo dai suoi compagni. Infilò la mano libera nella tasca della sua pesante e immancabile giacca nera ed estrasse una fotografia ormai rovinata dal tempo. Sul suo volto si dipinse un piccolo sorriso malinconico e con un dito accarezzò la faccia della donna ritratta nella foto. Era stata la sua bellezza travolgente, la sua parlantina talvolta fastidiosa e la sua intelligenza a conquistarlo. Quando la conobbe, erano entrambi molto giovani: lui aveva ancora i suoi occhi e lei si era appena laureata. L'unica cosa di cui si era pentito era di non averle mai detto di amarla. L'aveva sempre osservata da lontano, senza mai fare un passo avanti con la paura di non venir accettato. Oppure, aveva semplicemente scelto di amarla da una distanza più lunga di un metro, per il semplice motivo di vederla vivere la sua vita, senza metterla in pericolo o trasformarla in un lupo. Non voleva questo per lei.
«Chi è?» la voce di Ennis lo riportò alla realtà. Il suo branco non conosceva quella storia, tanto meno l'esistenza di quella fotografia «Perché è strappata?»
Deucalion chiuse gli occhi per un momento e respirò, mantenendo la calma. Non era abituato a parlare di sé e della sua vita agli altri e non ne aveva intenzione nemmeno in quel momento. Era strappata perché la foto originale non raffigurava soltanto la sua amata. Era strappata perché a lui interessava solo lei. La guardò un'ultima volta, prima di ripiegarla e riporla in tasca come se fosse la cosa più preziosa del mondo, come se fosse il suo unico tesoro, l'unico motivo per combattere e continuare a vivere. Forse, lo era davvero; forse quella donna era stata la sua ancora per tutto quel tempo e lui non se n'era mai accorto.
Si appoggiò meglio al suo bastone ed alzò lo sguardo verso Ennis, parlando con un tono triste e disarmante «Joan»

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a/n: salve lupetti e buon anno! :-)
scusatemi per il ritardo, ma tra feste, panettoni, regali e mattinate passate a letto (sì e ogni tanto ho anche studiato) non ho avuto molta voglia di scrivere, quindi perdonatemi!
comunque, venendo al capitolo: come già avevo anticipato, il capitolo 6 e 7 sarebbero stati dedicati maggiormente a Derek ed Emma come coppia, invece dal prossimo si capiranno meglio i rapporti tra le loro famiglie e verranno spiegati i loro incubi, quindi preparatevi perchè già dal prossimo ci saranno grandi colpi di scena!
non ho molto da dire su questo capitolo: questo è stato l'ultimo fraintendimento tra i miei adoratissimi Demma, perchè entrambi - soprattutto Derek - stanno capendo veramente di essere innamorati l'uno dell'altro - e ciò lo dimostra anche la scena in camera di Emma ;-) che non commento, perchè non mi piace nemmeno come l'ho scritta e quindi lascio a voi ahahah
ultima cosa: nuova locandina/copertina per la storia fatta tutta da me, che ne pensate? vi piace?
adesso vi lascio e grazie ancora per le 834 letture, le 93 stelline e i commenti: grazie infinite!
un bacio,
Giulia

The girl who cried wolf | Teen WolfWhere stories live. Discover now