Capitolo 8

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Capitolo 8

Quella mattina stranamente non fu uno dei miei soliti incubi a svegliarmi, ma la fioca luce proveniente dalla finestra.

 Un peso mi schiacciava un fianco e la mia testa non era appoggiata a qualcosa di morbido, mugugnai qualcosa di incomprensibile e lentamente aprii gli occhi, dalle mie labra uscii un urlo mai fatto prima, mi alzai di scatto dal letto davanti a quella scena raccapricciante.

 Alex si stropicciò gli occhi e mi guardò incazzato. «Che cazzo ti urli già di prima mattina!» esclamò sbandigliando con voce più roca rispetto al solito. Si mise seduto appoggiandosi alla testiera del letto, mi chiesi come facesse a rimanere così calmo.

 «Perchè cazzo sei sul mio letto?» domandai un po' spaventata, non ero sicura di volerlo sapere,seguii lo sguardo del moro puntato sulle mie gambe. «E per quale motivo ho la tua maglia addosso» mi arrivava fino a metà coscia, cercai di tirarla giù, sembrando un'imbranata.

 Il moro si alzò dal letto con un sorriso pervertito, addosso aveva soltanto dei boxer bianchi, arrossii davanti al suo corpo mezzo nudo. «Secondo te perchè sono nel tuo letto?-sbiancai-Davvero non ti ricordi niente di ieri notte? Di solito Alex Cook non si scorda mai» disse ghignando e in quel momento volevo prenderlo a pugni e schiaffeggiarmi per essere caduta nelle sue braccia come tutte le altre puttanelle che si scopa.

 «Oh cazzo, cioè non è possibile, tu ed io, oh mio dio che schifo» balbettai coprendomi gli occhi con le mani. «Non abbiamo scopato, se è questo che volevi dire, stavo scherzando, e fidati che se lo avessimo fatto, non te lo saresti scordato» mi fece l'occhiolino, presi un cuscino e glielo tirai addosso «Vaffanculo Cook mi hai fatto prendere un infarto» gridai ridacchando un po' più sollevata. Uscii dalla stanza e scesi le scale per andare in cucina seguita da Alex.

«Vuoi del caffè?» gli chiesi, lui annuì in risposta. Presi due tazze e ci versai il caffè fumante che avevo appena fatto ne passai una al moro seduto su uno sgabello mentre io mi sedetti sul davanzale della finestra.

 Avevo mal di testa, mi massaggiai le tembie per alleviare il dolore. «Cos'è successo ieri sera? E soprattutto perchè eri nel mio letto?» chiesi più tranquillamente sorseggiando il caffè. Alex poggiò rumorosamente la tazza sul tavolo e mi guardò con disappunto.

 «Bhe che dire, oltre al fatto che ti sei ubriacata fino a non reggerti più in piedi e che stavi per scopare con un cazzone in un cazzo di bagno, nulla» lo guardai inespressiva, piccoli fleshback della sera precedente mi passarono davanti, mi venne un conato di vomito.

 «Mi stai seriamente giudicando?» chiesi meravigliata. «Che cazzo ti è saltato in mente Hanna? Sei meglio di così» si alzò dalla sedia e si posizionò di fronte a me. «Tu non mi conosci, quello di ieri sera era solo un assaggio sono anche peggio» Mi guardò negli occhi come era solito fare, scesi di scatto dal davanzale ed iniziai a spingerlo dalle spalle. «E non guardarmi così testa di cazzo non riuscirai a psicanalizzarmi, cosa sono un esperimento, tu non riuscirai mai a capire che cosa frulla nella mia testa malta, hai capito, smettila» continuavo a sbraitargli addosso, ma la verità era che stavo sfogando il mio odio verso me stessa su di lui, e non era giusto.

 Alex mi bloccò i polsi, ci guardammo per un tempo infinito negli occhi poi all'improvviso unì le sue labbra alle mie rudemente. Le nostre lingue danzavano insieme, in un bacio malato, tempestoso e avido, gli morsi il labbro inferiore catturando il piercing con i denti, un mugolio di piacere uscì dalla sua bocca.

Quando mi resi conto di ciò che realmente stava accadendo lo spinsi via, respiravamo entrambi affannosamente. «Vattene via» dissi con un filo di voce. 

«Sai fare solo questo Hanna dire alla gente di andarsene e sputare merda, ne sei circondata, guardati» le sue parole mi ferirono, trattenni le lacrime che minacciavano di uscire, aveva fottutamente ragione. «Ti ho detto di andartene, non ho bisogno di un'altra persona che mi dica cose che so già quindi per favore vattene» dissi senza forze ero stremata. «Perchè?» mi chiese di punto in bianco dopo attimi di silenzio. «Perchè cosa?» chiesi confusa aggrottando la fronte, mi strappai nervosamente le pellicine delle unghie, non riuscendo a sostenere lo sguardo intenso del ragazzo di fronte a me.

«Perchè allontani sempre tutti? Perchè quando qualcuno prova ad essere gentile con te, tu lo cacci via? Dimmelo Hanna perchè io n on lo capisco» temetti quella domanda a cui nemmeno io ero in grado di rispondere per troppo tempo. Mi sentivo vuota, fredda e tremendamente triste. Continuai a guardarmi le mani incapace di dare una risposta, non volevo mostrarmi fragile davanti a lui, ma avevo questa tremenda voglia di scoppiare a piangere come una bambina disperata, forse perchè lo ero disperata.

Volevo scappare, la cosa che mi riusciva meglio, quella casa mi stava opprimendo, mi sentivo schiacciata da un peso molto più grande di me, il respiro iniziò a farsi pesante ed io ebbi paura di non riuscire a farcela. «Io non lo so» dissi, le labbra mi tremavano, avevo gli occhi lucidi, ma feci di tutto per trattenermi dal piangere.

«Sai cosa ti dico, Vaffanculo, sei soltanto una stupida ragazzina che non sa quello che vuole, sei sola e lo rimarrai per sempre» mi sputò quelle parole velenose addosso, mi avvicinai a lui indignata e la mia mano partì da sola. Alex si massaggiò la guancia che gli avevo colpito. «Non ti devi permettere di dire cose che non sai te l'ho già detto. Vuoi sapere il motivo per il quale allontano sempre tutti? Forse per il semplice fatto che nessuno, e dico nessuno nella mia vita è rimasto, se ne sono andati sempre tutti e adesso preferisco essere sola per mia scelta piuttosto che essere abbandonata» piccole lacrime iniziarono a scendere dalle mie guance.

 «Adesso per favore vattene» Alex mi diede un ultima e veloce occhiata prima di prendere le sue cose e sbattere la porta dietro le sue spalle. Mi accasciai ad essa portandomi le ginocchia al petto ed iniziai un pianto disperato.

Le lacrime scendevano ininterrotte dal mio viso. Non riuscivo quasi a respirare, ero arrabbiata con me stessa per essermi fatta ferire da un coglione come lui. Avevo il suo profumo addosso, ero crollata, dopo tanto tempo e mi odiavo per questo.

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