Capitolo 6

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Capitolo 6


Finalmente uscii da quella scuola, per dirigermi verso il bar dove avevo intenzione di lavorare. Ci misi un po' per trovarlo, e quando vidi l'insegna colorata, ne fui sollevata. Varcai la soglia e un campanellino informò il mio arrivo. «Salve posso aiutarla» una donna abbastanza in carne mi sorrise. «Sono Hanna Miller, la ragazza che ha chiamato stamattina per il posto di lavoro» dissi con un falso sorriso e cercando di essere gentile, que lavoro mi serviva, dovevo averlo a tutti i costi.

«Ah ma certo cara! Vieni seguimi» la seguii dietro al bancone, la vidi tirare fuori un grembiulino con sopra stampato il nome del bar e me lo porse. «Tieni mettitelo, oggi farai un giorno di prova» mi disse, poi la vidi battersi una mano sulla fronte, come se si fosse dimenticata qualcosa. «Che maleducata non mi sono neanche presentata» mi porse una mano che prontamente strinsi. «Io sono Mary la propretaria del bar» mi disse, le sorrisi, quella donna era molto buffa e sbadata, sapevo che se mi avesse assunta saremmo andate d'accordo. Mi mise una mano sulla spalla. «Se hai bisogno di qualcosa tesoro chiedi pure a me»

«Certo» risposi un po' incerta, perchè tutti in questa città dovevano essere così pieni di confidenza anche con le persone che conoscevano da poco?

Mi stampai in faccia un falso sorriso ed iniziai a servire i clienti che entravano, deveva essere un bar molto conosciuto, era pieno di gente, di ogni età, c'erano anche molti ragazzi della mia stessa scuola.

La giornata passò tranquilla, me la cavai abbastanza bene, tanto che Mary si complimentò con me dicendomi che sarebbe stata molto felice se avessi iniziato a laorare lì, mi diede appuntamento per lunedì.

Mi slacciai il grembiulino e glielo porsi. «Arrivederci Mary, ci vediamo Lunedì" la salutai. «Ciao tesoro» aveva quest'istinto materno, pensai mi avesse preso in simpatia e ne fui entusiasta.

Uscii dal locale tutta indolenzita, er stanchissima, la fredda aria di Londra mi punse il corpo, mi strinsi di più nella mia giacchettina e mi incamminai verso casa, mi accesi una sigaretta, facendo uscire piccole nuvolette bianche dalla mia bocca.

La strada era vuota, le luci delle case illuminavano Londra, donandomi un bellissimo spettacolo. E lì in quella strada realizzai di non essere più a Miami, ben sì a Londra, da sola e con mille problemi nella testa.

Quel famoso venerdì arrivò troppo in fretta, Alex non mi rivolgeva la parola da tre giorni, Lidia mi costrinse ad andare da lei a prepararmi, e se avevo capito una cosa in questa settimana era che non potevi farle cambiare idea, mi disse che ci sarebbe stata anche Emily con noi e che suo cugino, nonchè la persona che più odiavo in quella città, ci avrebbe accompagnate alla festa. Strano che non si fosse lamentato della cosa pensai quando me lo disse. In questi tre giorni avevo legato molto sia con Lidia, troppo eccentrica e pazza, che con Michael, si era rivelato un ragazzo molto dolce e simpatico e mi piaceva la sua compagnia, strano a dirsi ma vero.

Feci un respiro profondo prima di suonare il campanello della villa di fianco alla mia, non ci ero mai stata e a dirla tutta non ero molto entusuasta di entrarci, speravo solo di non incontrare Alex. La porta si aprì rivelandomi una chioma castana e degli occhi verdi che mi fissavano, mi stava per chiudere la porta in faccia, ma io la bloccai conun piede. «Sono qui per Lidia non per te» dissi scontrosa. «E a me non intaressa, non faccio entrare in casa mia le psicopatiche» mi ferirono le sue parole così taglienti e dirette, ma nonostante ciò mandai giù e feci finta di niente, d'altronde ero molto brava a nascondere le emozioni. «Quanto siamo spiritosi. O ti sposti di tua buoa volontà o lo farò io, e non sarà molto piacevole» gli sorrisi fintamente, Alex incrociò le braccia al petto mettendosi davanti alla porta per non farmi passare. «Non mi spaventano le minacce di una ragazzina problematica» Uno, due, tre, dovetti contare fino a dieci per non prendere quel bel faccino a pugni. «Si da anche il caso che ti ho già messo al tappeto due volte Cook, quindi levati dalle palle»

«Non ci sarà una terza volta» disse ghignando.

«Voi due sempre a litigare state? Siete impossibili» Lidia comparve sulla porta con un sorriso raggiante. «Ha cominciato...» dicemmo in coro io ed Alex puntandoci il dito contro a vicenda. «Non mi intaressa, vieni entra Hanna- mi prese per un braccio e mi trascinò dentro poi si girò verso il cugino- Alex tu sei un maleducato" non gli diede il tempo di rispondere perchè in un attimo ci ritrovammo nella sua stanza al piano superiore, quando entrai vidi che c'era già Emily, la salutai con un cenno mentre lei con un debole «Ciao» in quel momento pensai che la causa del suo imbarazzo era dovuto all'accaduto di qualche giorno prima, ma più avanti avrei scoperto che il suo imbarazzo era dovuto a tutt'altro.

Mi guardai allo specchio sconvolta, il mio minuto corpo era avvolto da un tubino nero che mi arrivava a malapena sotto il sedere, cercai di tirarlo giù, ma peggiorai la situazione facendo uscire tutto il seno, mi arresi e lo ritirai su. Ai piedi avevo un paio di scarpe con il tacco dieci sempre nere sulle quali non riuscivo a camminare, i miei lunghi capelli mi ricadevano morbidi sulle spalle. Lydia mi aveva persino truccata e sembravo uscita da un laboratorio di Barbie.

Emily e Lydia mi guardavano sorridendo, soddisfatte della loro ''opera'' mentre io mi guardavo allo specchio contraria, mi sentivo ridicola, tutto quello non faceva per me.

«Allora che te ne pare?» Mi chiese Lydia con la speranza di una mia risposta positiva, indossava un vestito rosso fuoco con la gonna a palloncino che le donava molto, mentre Emily ne indossava uno simile al mio solo di color bianco. Erano tutte e due stupende e raggianti, mentre io mi sentivo un pesce fuor d'acqua.

«Penso che mi metterò un jeans» dissi storcendo la bocca, mi diressi verso il letto e mi ci sedetti sopra, mi iniziai a sfilare la prima scarpa, ma Lydia mi bloccò. «No, non ci provare nemmeno, Hanna prova a muovere un altro dito e t'ammazzo» mi puntò un dito contro «Mi ci sono volute più di due ore e tu non ti toglierai un bel niente» sembrava una psicopatica mentre parlava, Lydia era buffa persino da arrabbiata.

«Non lo so tutto ciò non fa per me, mi sento ridicola con questo vestitino cortissimo» dissi sinceramente. La bionda mi sorrise e mi prese una mano. «Hanna la devi smettere di farti tutte queste paranoie assurde, sei bellissima, lo sei sempre solo che stasera sei un po' più sexy, ti sottovaluti troppo per i miei gusti» feci un respiro profondo e mi alzai da quel letto, mi guardai un'ultima volta allo specchio poi mi girai verso le ragazza che mi guardavano con un mezzo sorriso. «Muoviamoci non vorremmo mica fare tardi, una festa ci aspetta» dissi facendo partire gridolini dalle due bionde. Mentre scendevamo le scale per andare in salotto da Alex, Emily mi disse: «Hanna sei bellissima davvero» le sorrisi e reggendomi alla ringhiera scesi le scale, i tacchi non facevano proprio per me.

Alex ci aspettava seduto sul divanetto con la sua solita aria scocciata e menefreghista, quando ci vide si alzò dal divano «Muovetevi, non ho tempo da perdere» ci disse prima di uscire sbattendo la porta dietro di sè. Lydia gli faceva le boccacce ed io scoppiai a ridere mentre Emily rimase in silenzio, il suo comportamento era strano,ma non gli diedi molto peso quella sera.

Salimmo sull'auto in silenzio, Alex era concentrato sulla strada, era strano, c'era qualcosa che non andava, forse non gradiva la mia presenza, io avevo un brutto presentimento, sapevo che qualcosa sarebbe andato storto quella sera, piccole goccioline d'acqua scendevano giù dal cielo fino a scontrarsi con il finestrino dell'auto nera, ed io volevo soltanto togliermi quello scomodo vestito e andare a casa. Sapevo sarebbe successo qualcosa di brutto, ed avevo ragione.

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