Capitolo 1

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Capitolo 1

Camminavo tra le strade trafficate di Londra ancora con la mia piccola valigia, avevo trovato una casa in affitto, non troppo lontana dalla mia futura scuola, sapevo che sarebbe stato difficile integrarsi, lo è sempre stato per me, pioveva a dirotto, ero fradicia dalla testa ai piedi, ma non mi importava, la poggia mi piaceva, quelle rare volte che pioveva a Miami, mi sedevo sul davanzale della finestra e osservevo quelle piccole insignificanti goccioline che scendevano giù dal cielo.

Ho sempre paragonato la pioggia alle lacrime, hanno la stessa forma e forse è anche per questo che alla gente porta malinconia.

Osservai il mondo che girava veloce intorno a me, avvocati che correvano con la loro valigetta per proteggersi dalla pioggia, studentesse universitarie erano sedute in una tavola calda, per riscaldarsi bevendo un caffè, ragazzini che ridevano, e mamme pronte per andare a prendere i loro bambini a scuola. La gente mi sembrava così limitata e diffidente, così monotona, tutti troppo accecati dalle loro perfette vite, per far caso alle persone circostanti.

Tirai fuori dalla tasca del giubottino il bigliettino con su scritto l'indirizzo della mia futura casa, continuai a camminare, quando ad un certo punto andai a sbattere contro qualcuno facendogli cadere il telefono dalle mani.

«Ma porca puttana,non vedi dove metti i piedi imbranata?» il ragazzo dagli occhi verdi mi guardò con disappunto. Fissai i miei occhi con i suoi con aria di sfida, se pensava di potermi trattare così si sbagliava di grosso. Gli puntai un dito contro «Ah io non guardo dove metto i piedi, perchè tu lo stavi facendo immagino»

Lo osservai passarsi una mano tra i capelli castani frustato, se tutti in questa città sono come lui sono messa bene!

Si piegò per raccogliere il suo dannato cellulare, con lo schermo frantumato. «Per colpa tua-sottolineò la parola tua-il mio telefono è rotto» digrignò i denti osservando il suo telefono ormai da buttare.

Gli strappai il telefono dalle mani e gli buttai il cellulare dentro la spazzatura lì vicino, sotto il suo sguardo stupito. «E per colpa tua, sto perdendo tempo prezioso, quindi smettila di lamentarti e vattene» Senza degnarmi di un'altra occhiata, mi sorpassò facendo scontrare le nostre spalle apposta e furioso sussurrò uno: «Stronza» prima di proseguire per la sua strada. Sorrisi soddisfatta, per aver avuto l'ultima parola su di lui.

Presi un taxi e diedi all'autista l'indirizzo al quale mi avrebbe dovuto portare, era un uomo sulla cinquantina,aveva due enormi e buffi occhiali da vista e una lunga barba grigia.

Dentro la macchina alloggiava un silenzio imbarazzante, non mi piaceva rapportarmi con le persone, preferivo stare da sola con i miei pensieri.

«Siamo arrivati» mi disse l'autista sorridendo, ricambiai con un sorriso sforzato sussurando un «Grazie» prima di pagarlo e scendere dall'auto.

Per il basso prezzo dell'affitto, non mi aspettavo una zona così bella ed accogliente,piccole villette erano disposte a schiera, individuai subito la mia, non era grandissima,ma per me poteva bastare, infilai le chiavi nella serratura della porta in mogano ed entrai.

La casa era arredata con cura ed attenzione, ma la sentii fredda come se mancasse qualcosa per completarla, magri mancavo semplicemente io.

Con molta fatica salii le scale che portavano al piano di sopra, dove si trovavano il bagno e la mia camera da letto, entrai in quest'ultima e buttai la valigia sopra l'enorme letto posto al centro della stanza. Notai con piacere che la camera aveva un balconcinino che si affacciava alla casa di fronte alla mia. Non aveva del tutto smesso di piovere,ma aveva diminuito così uscii e mi accesi un'altra sigaretta per rilassarmi e per la prima volta nella mia vita mi sentii libera.

Libera di dire, pensare e fare ciò che volevo.

Scorsi un movimento provenire dal balcone di fronte al mio, alzai gli occhi e vidi il ragzzo che avevo avuto il piacere, si fa per dire di incontrare prima.

Sbuffai esasperata, non si era ancora accorto di me, era a dorso nudo con soltanto dei pantaloncini addosso, il suo corpo era ricoperto di tatuaggi, e mi chiesi se non avesse freddo. «Esibizionista» sussurrai tra me e me alzando gli occhi al cielo, era maleducato, scorbutico, arrogante e stronzo e io ce lo dovevo avere come vicino di casa.

Stava fumando una sigaretta, quando si accorse di me e fece un ghigno divertito. «E' inutile che guardi, ragazzina» stavo perdendo la pazienza. «E' inutile che rompi i coglioni» dissi e lui si leccò le labbra carnose. «Asciugati la bava» mi disse e io gli alzai il dito medio prima di buttare per terra il mozicone suscitando una risata derisoria da parte del moro, entrai dentro la stanza e mi buttai sul letto senza togliermi nemmeno le scarpe, esasperata e stanca dalla faticosa giornata che avevo appena avuto.

Sfinita mi addormentai e caddi in un sonno senza sogni.

Mi svegliai di soprassalto nel bel mezzo della notte, tutta sudata.

Un altro incubo.

Cercai di regolarizzare il respiro, fallendo miseramente, avevo la gola secca e facevo fatica a respirare. Lo stesso incubo tutte le notti, mi diressi verso la scrivania e presi dei fogli e una penna che erano appoggiati lì, scrivere mi tranquillizzava, era una passione che coltivai da piccola e che con il passare del tempo mi aveva aiutata.

Posai la penna sul letto una volta finito, e con fatica mi alzai ,guardai la sveglia riposta sul comodino che segnava le sei di mattina e mi diressi in bagno per fare una bella doccia rilassante.

Appoggiai le mani sul lavandino, ero stremata, volevo piangere, ma non uscì nemmeno una lacrima dai miei occhi azzurri e ormai freddi come il ghiaccio.

Mi guardai allo specchio non riconoscendo più quella ragazza riflessa. Ero una delusione, mi odiavo, sapevo solo far soffrire la gente.

Avevo delle profonde occhiaie, segno di una notte insonne, i miei capelli castani erano un groviglio di nodi e le labbra erano secche.

Mi sciaquai il viso pallido con dell'acqua gelida per riprendermi dallo Shock. Mi tolsi la maglietta e intravidi la cicatrice sul collo, mi morsi il labbro talmente forte da farlo sanguinare, sentii subito il sapore metallico del sangue mischiarsi con la mia saliva.

Mi tolsi il più velocemente possibile gli altri indumenti di dosso ed entrai dentro la doccia, il getto d'acqua calda distese subito i miei nervi. Non so per quanto tempo rimasi dentro la doccia senza muovere un muscolo, facendomi scivolare l'acqua addosso, mi sentivo sporca, insulsa, strofinai rudemente il sapone per tutto il mio corpo, perchè mi sentivo uno schifo?

Volevo urlare, ma dalla mia bocca non uscì niente se non un gemito di dolore strozzato.

-Hanna sei forte- continuavo a ripetermi ma non ero più tanto sicura, traballante e con la testa che mi girava uscii dalla doccia e avvolsi un asciugamano bianco attorno al mio corpo.

Scesi in cucina per preparare il mio amato caffè, ne bevevo a quantità industriali, mi aiutavano a stare sveglia.

Fu come una medicina per il mio corpo, appena lo finii mi sentii già meglio, appoggiai la tazza sul lavandino, ripromettendomi di lavarla più tardi.

Sentii il campanello suonare e mi chiesi chi potesse essere alle otto di mattina, ero ancora in asciugamano, me lo strinsi di più attorno al corpo e andai ad aprire.

Appena vidi di chi si trattava sbuffai sonoramente. «Ancora tu? Che cosa vuoi?» il suo sguardo bruciava lungo il mio corpo, lo vidi pure leccarsi le labbra, alzai gli occhi al cielo. «Volevo solt...» lo interruppi facendo finta di sbadigliare. «Anzi sai che ti dico? Non mi intaressa, annoi un sacco Macho» lo presi in giro con quel nomignolo stupido prima di chiudergli la porta in faccia.

Salii su in camera per mettermi qualcosa addosso, sentivo freddo così optai per un maglione caldo.

Mi buttai sul divano di pelle bianco riposto al centro del salotto, cercai un programma carino da vedere, ma la mia ricerca non ebbe i suoi frutti, così lasciai un cartone demenziale per bambini, ma non lo seguii più di tanto.

L'indomani avrei iniziato scuola, ero così spaventata, tutti gli sguardi saranno puntati su di me -La ragazza nuova- odiavo essere al centro dell'attenzione.

Con queste paure e pensieri mi addormentai sul divano.

ChangeWhere stories live. Discover now