Capitolo 2

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Capitolo 2

Osservai l'imponente struttura di fronte a me, il cortile era affollato, pieno di ragazzini sfigati ed arrapati, non ero riuscita a chiudere occhio quella notte, come sempre d'altronde, avevo le borse sotto gli occhi, i capelli gonfi e arruffati, sembravo una serial killer. A differenza del giorno precedente, a Londra c'era un fantastico sole, ma questo non mi risollevò il morale.

Feci un respiro profondo prima di entare, come pensavo tutti gli sguardi erano puntati su di me. «Che cos'avete tutti da guardare?» tuonai più minacciosa possibile, non avevano mai visto una ragazza in vita loro? Tutti gli studenti che erano nel corridoio si girarono evitando il mio sguardo e continuarono a fare quello che stavano facendo prima del mio arrivo.

«Guarda un po' chi si rivede» disse una voce roca alle mie spalle, che mi fece fermare. «L'acidella» continuò lui prendendomi in giro e sentii delle risate da parte dei suoi amici cretini.

«Ti conviene lasciare l'acidella in pace se non vuoi perdere i tuoi amati coglioni» dissi irritata, ma perchè dovevo ritrovarmelo ovunque, non bastava come vicino, no anche come compagno di scuola.

«Lo so che sei impaziente di toccarli i miei coglioni, ma contieniti» fece il suo solito ghigno che ti faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi. «Tesoro, mi disiace deluderti ma non sei il mio tipo» era scandalizzato, mi girai e lo lasciai lì impalato con i suoi amiconi che ridevano sotto i baffi. Non conoscevo nemmeno il suo nome ma già mi ero fatta un' idea precisa su di lui, dovevo evitarlo.

Mi fermai quando trovai il mio armadietto, dovevo prendere i libri per le lezioni successive, cercai di aprirlo, ma il lucchetto era bloccato. «Porca puttana» imprecai sotto voce provando in tutti i modi di aprirlo, fallendo miseramente.

Sentii una mano appoggiarsi sopra la mia e con molta facilità riuscì ad aprirmi l'armadietto. «Sono un po' difettosi, ma con il tempo ci fai la mano» un ragazzo alto e moro mi sorrise. « Comunque io sono Michael, se hai bisogno con l'armadietto chiamami» mi chiesi se non gli venisse una paralisi boccale continuando a sorridere con quei denti bianchissimi.

Restò immobile a fissarmi aspettando non so che cosa, poi capii. «Hanna, mi chiamo Hanna» mi girai e presi i libri che mi servivano dall'armadietto. «E' stato un piacere Hanna ci si vede in giro» mi disse prima di girarsi e andarsene. «Sì ci si vede in giro» sussurai tra me e me squotendo la testa. «Adesso parli anche da sola, interessante» quel ragazzo mi faceva salire i nervi alle stelle soltanto aprendo bocca.

«La smetti di perseguitarmi» il corridoio si stava svuotando e se quel cretino non mi lasciava in pace sarei arrivata sicuramente in ritardo. Lo sorpassai per avviarmi alla classe di letteratura in tempo,ma mi prese per un polso e mi sbattè contro gli armadietti. La sua faccia era a un palmo di distanza dalla mia, il suo respiro era irregolare, il polso mi faceva male per la stretta troppo forte. «Senti ragazzina, non so che idea ti sei fatta, ma ti conviene non provocarmi hai capito?» mi ringhiò addosso, i suoi occhi verdi erano fiameggianti di rabbia. «Mi sto cagando addosso dalla paura» sputai acida e derisoria, se pensava davvero di spaventarmi, si sbagliava di grosso.

«Non sai contro chi ti sei messa Hanna Miller» mi diede un' ultima spinta contro l'armadietto prima di lasciarmi andare e andarsene. Una fitta alla schiena mi fece piegare in due dal dolore, ero scioccata, come si permetteva quel bastardo di trattarmi in questo modo, e cosa più importante come diavolo faceva a sapere il mio nome? Mi massaggiai il polso, ormai viola, prima di spingere l'enorme portone e uscire da quell'enorme scuola.

Ne avevo abbastanza, di tutti, perchè non mi lasciavano semplicemente in pace? Volevo starmene da sola, e a Miami era così, tutti mi evitavano, mi sedevo da sola a mensa, ma a me non interessava, non mi invitavano alle feste, ma non ci facevo nemmeno caso, nessuno voleva essere amica di una come me, dopo quello che era accaduto.

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