Capitolo 12

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Ho passato la notte e tutta la giornata a pianificare come scappare da questa villa infernale. Ho preso come spunto le partite di scacchi, perché gli scacchi ci insegnano il potere del «perché?» in modo molto chiaro. Ogni mossa ha una conseguenza ed è in relazione con la strategia generale o non lo è. Se non ci si interroga sulla ragione di ogni mossa si finirà per perdere contro qualsiasi giocatore applichi un piano coerente. Quindi prendendo d'esempio quel gioco strategico ho ideato una strategia che va contro ogni mio ideale razionale e meno stupido possibile.
Ruberò un coltello.
So che detto così può essere un pochetto strano ma raggiungerò un fine, seguendo o meno i miei ideali. Perchè se camminassi solo nelle giornate di sole non raggiungerei mai la mia destinazione.
Ho rubato da colazione un coltello per affettare il pane e taglia che è una bellezza.
Senza che me ne renda conto passa tutta la giornata ed ormai è sera inoltrata e ho deciso di iniziare la fuga.
Non ho avuto neanche il coraggio di parlarne con Akane, anche se so che non me lo avrebbe impedito, di chiederle come stava. Sono scappata come una vigliacca. Lei che è convinta di aver trovato un'amica in me, ero convinta di poter fingere, ero pronta a fare qualsiasi cosa, e poi quando me la trovo davanti scappo. Era piccola, era indifesa, era pallida, e io sono scappata. Faccio schifo. Eppure non mi fermo.
Cammino quatta quatta per i corridoi. Quando incontro... Akane.
- Dove stai andando? -, mi chiede.
- Lontano di qui
- Non ti fermerò -, dice con un piccolo sorriso.
- E non ho la necessità di chiederti il perché -, rispondo nonostante un po' sono colpita.
Sorrido leggermente come facciamo tutti quando veniamo colti di sorpresa dalla felicità.
- Allora questo è un addio, immagino -, dico tendendole la mano.
- Immagino di si -, risponde stringendomela.
Le faccio un piccolo cenno con la testa poi me ne vado.
Cammino per qualche minuto finché non sento una mano posarsi sulla mia spalla destra. Mi stringe con le dita dove la scapola ma con tocco leggermente duro, per farmi un po' male. Ma non me ne preoccupo molto: perché è il dolore che parla. Il grande dolore è muto.
Mi giro verso la mano e mi trovo di fronte Azusa.
Ho un leggero sobbalzo sorpresa ma mi riprendo velocemente. Le chiamo sorprese eppure non aspettavo altro, cosa mi aspettavo? Di andarmene in completa tranquillità?
- Dove vai? -, chiede con quella sua voce calma.
Mi nascondo il coltello dietro la schiena e rispondo:- Da nessuna parte, perchè?
- Hai un coltello dietro la schiena?
- No -, rispondo cercando di sembrare il più sicura possibile.
Come ha fatto a notarlo?
Mi afferra la mano con il coltello e se lo porta vicino alla mano.
- Che vuoi fare? -, chiedo immaginandolo già.
Lui si taglia e sorride piacevolmente eccitato, si mordicchia il labbro e sussurra:- La cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via
Lo guardo un poco sconvolta ma non riesco a non provare tristezza per lui.
- Vuoi provare? -, chiede incuriosito dal mio sguardo.
- No grazie, io passo -, rispondo riluttante.
C'è un attimo di silenzio in cui lui mi tiene il polso con la sua mano fredda, ed è allora che parlo:- La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L'odio non può scacciare l'odio: solo l'amore può farlo. L'odio moltiplica l'odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una spirale discendente di distruzione. Non puoi fermare il tuo dolore con altro dolore
Lui mi sorride leggermente e sussurra:- Va prima che loro ti vedano
- Si -, rispondo annuendo decisa.
Lui mi lascia il polso e io riprendo a camminare.

La bambola dell'amoreWhere stories live. Discover now