CAPITOLO UNDICESIMO - parte 1

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"Sono tuo fratello maggiore. Dovevo proteggerti"

Quella frase continuava a rimbalzare nella mente di Liu, creando un vuoto tale da scomporla in mille pezzi.
Per quanto meravigliosa e profonda fosse, il castano non aveva la forza di accettarla; dopo aver impiegato tutti quegli anni ad odiare profondamente suo fratello, non poteva sopportare di scoprire che ciò che ha fatto quel maledetto giorno in cui tutto cambiò, lo aveva fatto per il suo bene.
Fu come se, avendo inseguito eroicamente per tutta la vita un mostro pericoloso, avesse scoperto che si trattava di un coniglietto solo dopo averlo finalmente acciuffato.
Il giovane agente rimase in silenzio, completamente immobilizzato dalla paura e dalla confusione mentale che aveva generato in lui quella frase, a fissare quella lacrima che stava scendendo lentamente lungo la guancia bianca di Jeff.
Non stava mentendo, e lo sapeva bene; stava piangendo, proprio davanti ai suoi occhi.
Un colosso con i piedi di vetro. Un enorme castello, ma costruito con la carta; apparentemente solido, ma che cade al primo soffio.
Quello che si trovava seduto davanti a lui, era suo fratello; ed ora più che mai se ne rendeva conto.
Ma proprio per questo, non aveva il coraggio di affrontarlo.
Non poteva. E non voleva.
"Jeff è morto per me" continuava a ripetersi continuamente; ma poi lo guardava in faccia, e sentiva sulla pelle l'enorme sofferenza che lui stava provando. La disperazione sembrava riempire i suoi occhi. Mai aveva visto uno sguardo più vuoto di quello.
Tuttavia, quegli stessi occhi....

FLASHBACK
Il sangue era ovunque. I corpi di mamma e papà giacevano a terra in pozze rosse che si espandevano diramandosi tra le fughe delle mattonelle, e riempivano la stanza del loro insopportabile odore. I due cadaveri, sgozzati come maiali senza alcuna pietà, erano ormai immobili e silenziosi, ma Liu continuava a sentire le loro urla.
Il ragazzino, con gli occhi pieni di lacrime, era impietrito e tremante sulla soglia della porta, a guardare quello spettacolo terribile che mai più avrebbe dimenticato.
Jeff era in piedi vicino ai cadaveri, con il coltello ancora stretto nella mano destra. Il sorriso che aveva inciso sulle sue guance continuava a strabordare sangue che scendeva fino al petto; rideva come un pazzo, osservando fiero il suo operato.
Poi, d'un tratto, si era voltato verso Liu.
-Perché non sorridi anche tu, fratellino?- aveva detto, avvicinandosi velocemente con il coltello sollevato.
Poi il dolore. La lama penetrava nella sua pelle riempiendo la faccia di sangue, che usciva copioso ed entrava persino negli occhi.
La vista si annebbiava, ma Liu continuava a vedere il volto di suo fratello.
Rideva, e tagliava.
Poi rideva ancora.
.......

Liu scosse nervosamente il capo, per tornare al presente e scacciarsi di dosso l'orribile sensazione che quel ricordo aveva risvegliato.
Jeff era un mostro, ciò che aveva fatto non era perdonabile.
-Posso dire che tu abbia fatto tutto fuorché difendermi- disse freddamente, con aria decisa.
Il moro tornò a puntare lo sguardo a terra, stringendo le spalle. -Non mi aspetto il tuo perdono- disse, con un filo di voce. -Ti chiedo soltanto una cosa, Liu-.
Il castano lo guardò con aria confusa. -Non devi più chiamarmi per nome, te l'ho detto- puntualizzò, seccato.
Il moro emise un flebile sospiro. -Non vuoi neanche sentire?-.
-Avanti, parla- disse il giovane agente, con aria tesa.
-Vorrei... Vorrei soltanto poterti toccare una mano-. Dicendo questo, il moro avvicinò a lui le braccia, per quanto poco lo permettessero le catene che lo tenevano ancorato al tavolo.
Liu si impietrì.
"Toccare... Una mia mano?".

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now