CAPITOLO SECONDO - parte 2

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Flashback.
Liu entrò in casa, sorridente.
Reggeva nella mano destra il sacchetto del pane, che la mamma gli aveva chiesto di compare alla bottega vicino casa. Si era raccomandata mille volte con lui, prima di lascialo andare.
"Non avvicinarti agli sconosciuti" diceva. "Non fidarti delle persone che incontri in giro. Prendi il pane e torna a casa".
Al tempo aveva solo undici anni, e la sua vita era quella di un ragazzino normale. Frequentava la scuola media, aveva qualche amichetto ed era un ragazzino solare e spensierato.
La mamma, che amava lui e suo fratello più di ogni altra cosa al mondo, si preoccupava di chi avrebbe potuto incontrare per strada; ma ignorava che il vero pericolo era DENTRO CASA.
Mai nessuno in famiglia avrebbe sospettato che Jeff avrebbe rappresentato la loro rovina.
.........

Liu scosse la testa.
Ogni volta che con la mente tornava al passato sentiva una voragine aprirsi nel suo stomaco.
Aveva avuto molto tempo per pensare a ciò che era accaduto, negli ultimi quattro anni in cui si era trovato a dover affrontare la vita da solo.
E non aveva più alcun dubbio; suo fratello era un bastardo, e meritava di marcire in una cella per il resto dei suoi giorni. Non poteva esservi nessuna scusante per ciò che aveva fatto alla sua famiglia.
Liu espirò pesantemente. Non voleva più pensare al passato, non poteva permettersi di essere debole.
Il suo obbiettivo era trovare Jeff the Killer e sbatterlo a marcire in prigione personalmente. Questo era il compito che si era assegnato, il giuramento che aveva fatto in nome dei genitori defunti.
Fece scorrere un dito sulla sua guancia sfregiata, accorgendosi che era bagnata dalla riga di una lacrima. La asciugò e si ricompose subito, tornando a sfogliare fascicoli. Erano le otto del mattino.
-Ah, Liu- esclamò il capo, entrando nell'ufficio.
-Capo- disse lui, accennando un saluto con la testa.
-La squadra parte tra un paio di minuti-.
-Perfetto-. Il ragazzo ripose i fogli sulla scrivania e si alzò in piedi, andando poi a sistemarsi il colletto della camicia al piccolo specchietto appeso al pilastro.
-Vai con loro, sì?-.
-Certo-.
-Sono in tre, c'è anche un novellino. È un problema?-.
-Basta che non mi intralcino- rispose secco.
Il ragazzo accennò un sorriso e si incamminò verso l'uscita.
Fuori, davanti all'ingresso della centrale, vi era parcheggiata un auto di servizio. All'interno, tre uomini in divisa lo attendevano. Scese le scale frettolosamente, stringendo la cartella con i suoi fogli nella mano destra, e si avvicinò silenzioso.
-Agente Woods, è un piacere- disse l'autista. Il ragazzo annuì e si mise a sedere nel sedile anteriore, con la testa vicina al finestrino. Non era particolarmente in vena di fare conversazione.
-Pazzesco, un altro caso di Jeff the Killer- disse uno degli agenti, giusto per avviare una conversazione.
-Io penso che non riusciremo mai a fermarlo- rispose un altro, sollevando le spalle. -Scompare nel nulla ogni volta, quel gran bastardo-.
Liu restava in silenzio, e fissava un piccolo insetto che camminava sulla parte interna del vetro. Il suo sguardo era spento, la sua mente scossa da una miriade di emozioni alle quali non voleva dare ascolto.
-Beh, ma da qualche parte dovrà pur essersi nascosto- continuò l'uomo. -Avrà un... covo o qualcosa del genere-.
L'interlocutore alla guida dell'auto scosse la testa. -Siamo già stati più volte testimoni di ciò che è in grado di fare quello psicopatico. Uccide e poi svanisce, come un fantasma-.
-Sì, ma prima o poi questo fantasma farà un errore- intervenne Liu, con una voce fredda e truce che neanche pareva essere la sua.
-E sarà allora, che lo schiaccerò-. Dicendo questo, premette con violenza il palmo della mano contro all'insetto.

Jeff e Liu - La nostra stella Where stories live. Discover now