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19.

Lena e Alice mi agghindarono per il pranzo.

Mi aiutarono ad indossare un vaporoso abito principesco, color porpora e con un corpetto e uno scollo a cuore che mettevano in risalto le mie forme.

Con un paio di tacchi alti, che le mie nuove amiche mi avevano consigliato con cura, non mi sentivo me stessa –in fondo ero sempre la ragazza della fattoria, o no?- così insistetti per indossare un paio di scarpette con un minimo di tacchetto, giusto per farle contente.

Completarono l'opera con una sottile catenella d'argento e un braccialetto dello stesso materiale tempestato di brillanti ed un paio di pendenti alle orecchie che mi solleticavano il collo.

«Oh, signorina!», Lena sembrava quasi commossa nello scrutarmi attentamente attraverso l'enorme specchio della mia stanza, «Siete bella quanto una regina!» e batté le mani tutta eccitata con un sorriso a trentasei denti disegnato sul volto anziano.

Alice le diede una leggera gomitata e ridacchiò: «Beh, c'è sempre una probabilità o sbaglio?», farfugliò ma la sentii ugualmente e mi sentii bruciare il viso d'imbarazzo.

Giusto, Maximus.

Loro erano ancora fermamente convinte che io e lui, in un modo o nell'altro, per nostra scelta o per quella di chi era sopra di noi, saremmo finiti insieme, felicemente innamorati, pronti a cambiare il Regno con il nostro amore.

Avrei voluto spiegar loro ogni cosa, dir loro la verità, ma non avrebbero mai dovuto sapere, mai.

Alice, Lena, mi dispiace, avrei voluto stringerle in un abbraccio e confidar loro ogni cosa ma non potevo, lo faccio solo per il vostro bene.

«Smettila Alice, la metterai in imbarazzo!», esclamò Lena facendo segno alla seconda domestica di prepararsi per uscire, «Sono certa che la signorina farà qualsiasi cosa le guidi il cuore, non è così?», sorrise ed io mi accorsi di non poter più respirare.

Fu come se ogni bugia accumulata in quei giorni stesse divorando ogni particella d'ossigeno, lasciandomi a secco, soffocata dalle stesse parole che avrebbero dovuto salvarmi.

Agitata, abbassai lo sguardo e iniziai a martoriarmi le dita, facendo profondi respiri per immagazzinare più aria possibile.

Notando il panico nei miei occhi, Lena ordinò ad Alice di tornare nella loro stanza per controllare gli ordini da eseguire, poi, una volta che la domestica fu fuori, mi mise le mani sulle spalle, protettiva come una madre.

Sentii qualcosa sormontare dentro di me, forse la nostalgia per la mamma che avevo lasciato in quella fattoria, forse la paura di non poterla vedere mai più.

«Cosa c'è bambina?», le sue mani emanavano calore e questo mi confortava almeno un po'.

«Sono... Sono terrorizzata», sentivo mancare le parole che all'improvviso non avevano più senso.

Io non avevo più senso, né tutte quelle menzogne e soprattutto nessuno di quegli assurdi piani aveva più un senso. Passato, presente e futuro danzavano davanti ai miei occhi come una maledizione.

Vedevo mio padre correre verso di me con la sua scintillante armatura, quella che avevo imparato ad ammirare e poi odiare nella stessa maniera durante gli anni.

E poi quei carri mortuari che trasportavano il suo corpo.

Questo non aveva senso, strappare un padre ad una figlia prima del tempo.

C'era Roman, il migliore amico che una persona potesse avere, onesto e leale, e aveva in qualche modo tradito il nostro rapporto confessandomi i suoi sentimenti.

The white knightWhere stories live. Discover now