37. Eppure Sentire (Un Senso Di Te)

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CAPITOLO 37

Eppure Sentire (un senso di te)*


Liam

Che in fondo la serata alla Confraternita non era andata così male, almeno non per Zayn e me.

-Harry è scomparso dopo aver visto Louis. Pensavo avessi detto non venisse.-

-Infatti, mi aveva detto così.-

Erano le dodici e dieci e stavamo sfrecciando per i sobborghi di New York, in quella periferia così sporca e brutta che, quella che descrivevano nei film, a confronto, sembrava un pascolo felice. Direzione? Casa Malik, più precisamente pranzo dalla signora Malik. Il perché mi fossi fatto convincere era racchiuso nelle due ore di sesso che mi aveva regalato qualche giorno prima. Amava estorcermi le cose mentre affondava, senza mai stancarsi, dentro di me. Letteralmente.

Sì, la sera precedente non era andata male. Ero stato insieme a lui, ci eravamo divertiti e mi ero comportato come se nessuno potesse guardarci così male da meritare un pugno in faccia. E di occhiate, per inciso, ce ne erano state, ed anche molte.

L'aria che entrava dal finestrino era ancora fredda eppure, annusandola bene, riuscii a sentire il cambiamento, quel tono più caldo, una piccola percentuale che la rendeva più odorosa, magari meno insipida. A contribuire anche la sensazione che il degrado di quella periferia non fosse giusto. Avrei fatto l'avvocato io, ma non avevo mai avuto il sangue freddo di fregarmene di chi stava peggio di me, non avrei mai avuto il coraggio di difendere, ad esempio, una persona colpevole. Questo mi avrebbe reso una persona mediocre nel mio lavoro, ma non potevo escludere totalmente che non avrei nemmeno esercitato e poi, onestamente, mancava ancora molto alla presunta laurea.

Mentre Zayn, dal profilo serio e dal ciuffo nero ribelle, continuava con il suo sguardo puntato sull'asfalto grigio a guidare, mi chiesi a cosa stesse pensando. Perché lui era un enigma continuo, di quelli che erano capaci di violentarmi il cervello per ore. La paura, costante come la goccia di un rubinetto aperto che martellava la fredda ceramica del lavandino, era che pensasse a Harry. Sempre ad Harry. Sapevo dentro di me che non lo avrebbe mai dimenticato, cancellato come un esercizio a matita da un libro da rivendere, no. Lui era stato il tutto di Zayn e potevo capirlo, davvero. Non osavo essere tanto per lui, non osavo chiedere di più quando sapevo che mi voleva, sapevo che si era fidato, sapevo di essere l'unico uomo entrato nel suo letto, dopo di lui. E speravo, ardentemente dentro di me pregavo, di essermi ritagliato uno spazio nel suo cuore affollato, come un origami. Mi sarebbe bastato anche il più semplice, quella barchetta comune che tutti sapevano fare, finché sarebbe stata la nostra di barchetta, il nostro di pezzo di carta sul quale scrivere qualcosa, che fosse una sonata, una ballata, una poesia ermetica o un comma di una nuova legge. Mi sarei aggrappato anche al più piccolo cavillo per lui, pur di sapere di esserci.

E sorrisi perché quei due mesi abbondanti erano stati semplici, ma come una realtà così tangibile e dinamica, li avevo toccati e assaporati, come si faceva con il caffè. Zayn era caffè nero in bocca, dal sapore amaro a volte, dolce alle altre. E vivere con lui, parlare con lui, fare l'amore con lui, mangiare, dormire, vestirsi, fare la doccia insieme, era diventato facile come respirare. Non cercavo lo sguardo di ragazze, non mi mancava qualcosa, anzi, andavo avanti con la consapevolezza di avere qualcosa in più, di sentire qualcosa in più e di aver fatto la mia scelta. Quali conseguenze avesse portato e se ne avesse portate, poco mi importava.

-Lì ho fumato la mia prima canna. Su quel muretto a quindici anni. Poi sono successe troppe cose.-

E lo sapevo benissimo cosa era successo.

No Sound but the WindWhere stories live. Discover now