That's how the story goes, time to do or die

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Cinque anni.
Cinque anni ebbero la potenza di un tornado su quelle tre persone ormai residenti a Kennington. Un tornado che scombinò le loro vite, ribaltandole e portando niente altro che rivoluzione, il tutto con una dolcezza che quasi sembrò loro impossibile, tanto che i primi mesi Louis era ancora convinto di vivere in un sogno.
Cinque anni avevano legato una famiglia rendendola reale in ogni loro giorno, trascinandoli quasi a forza in una normalità che a loro era sempre sembrata irreale e irraggiungibile.
Cinque anni avevano ripulito il viso di tutti e tre, avevano reso i loro occhi più rilassati e luminosi allontanandoli da immagini che però non avrebbero mai dimenticato perché parte di loro, parte della loro pelle come della loro anima, perché in fondo Wenchi era sempre con loro; era nelle telefonate di quei quattro che non avevano ancora intenzione di tornare o prendersi una pausa, Wenchi era nelle foto che si scambiavano - dozzine attaccate al frigorifero di quella casa - fotografie che parlavano di bambini che crescevano, di medici che invecchiavano con un sorriso sulle labbra e poi di farfalle, tantissime farfalle, sempre più belle.
Wenchi era nell'associazione per cui Harry e Louis si alzavano ogni mattina e andavano a lavorare, Wenchi era sulla loro pelle, era nei loro occhi, nelle loro parole e paradossalmente nei sorrisi più grandi.
Wenchi era nel loro cuore.
Cinque anni avevano portato l'adolescenza di una bambina a cui mancava ancora il respiro tornando indietro con i ricordi, le avevano portato la scuola, la passione per la conoscenza accompagnata a quella per le sneakers ma soprattutto le avevano portato serenità ed un sorriso che adesso parlava ad Harry e Louis di altro, di un mondo così bello che era impossibile non riuscire a guardare. Cinque anni avevano portato a Nala la voglia di essere qualcuno e fare qualcosa, le avevano portato - con una mano da parte di nonno Des - la passione per la medicina, passione che Harry sentiva anche più forte della sua ai suoi sedici anni.
Cinque anni avevano restituito alle labbra di Louis il loro sorriso autentico, avevano spazzato via incubi e incertezza aiutati dalla dolcezza e l'attenzione dell'uomo che definire l'uomo della sua vita gli sembrava poco, Harry era l'uomo della sua esistenza, l'unico col quale la sua vita valeva essere vissuta. Era il suo punto, il suo asse di rotazione, tutto ciò che gli serviva per respirare, al diavolo l'ossigeno. Cinque anni avevano riportato in quegli occhi che avevano rubato il colore al cielo la voglia di sorridere, avevano riacceso la scintilla aiutato dalle parole, dai gesti e da ogni più piccola cosa che riguardasse Nala. Cinque anni gli avevano restituito la forza di dimenticare, di chiudere fuori i demoni del passato, cinque anni insieme ad Harry e Nala ci erano riusciti: gli avevano regalato una vita che non era nuova ma era solo il perfetto proseguimento di quella vecchia.
Cinque anni avevano restituito ad Harry un padre, gli avevano ridato tutti i momento che aveva perso con l'uomo, gli abbracci, le parole e gli sguardi che non parlavano che di gratitudine ed orgoglio, da parte di tutti e due. Cinque anni avevano portato ad Harry la consapevolezza che Nala sarebbe stata sempre la più grande medicina per suo padre, perché da quando la bambina era entrata nella sua vita Des aveva imparato a sorridere davvero anche se con un po' di tentennamento, aveva imparato ad aprirsi, a lasciar cadere quel velo di superiorità che le sue abilità maestose di chirurgo avevano costruito senza che lui se ne accorgesse.
Nala aveva diradato la nebbia in cui si stava perdendo, la bambina era stata un faro, aveva spazzato via tutto in un attimo, facendo arrivare la luce anche nell'angolo più remoto, buio e chiuso di quell'uomo dalla corazza d'oro. Nala era stata la cura e perfino villa Styles dimostrava il cambiamento di quell'uomo, la stessa villa che quel giorno avrebbe ospitato la consegna del primo riconoscimento all'associazione nella quale Harry e Louis continuavano a investire tutte le loro forze.

Louis sbuffò davanti allo specchio, spazientito, ansioso e a tratti anche spaventato.
Harry voltò la testa giusto in tempo per vederlo fulminare la sua cravatta guardandola allo specchio, il riccio scosse la testa mordendosi un labbro per trattenere una risata e sistemò i gemelli alla giacca, un regalo di sua madre per l'occasione.
Il maggiore provò per quella che doveva essere la quarta volta a sistemare il nodo alla cravatta ma le dita stesse si annodavano per l'ansia, così "Al diavolo la cravatta, ci vengo in mutande" sbottò buttando a terra la semplice cravatta nera. Harry ridacchiò prima di avvicinarsi a Louis e "Io non avrei niente da dire ma gli sponsor credo di sì, Lou" disse prima di chinarsi a terra per raccogliere la cravatta. Louis tornò a guardarsi le mani, una strana sensazione alla bocca dello stomaco. "Potrei vomitare per l'ansia" asserì il maggiore ispirando.
Harry sorrise e poggiò la cravatta sul collo del suo uomo, alzò il colletto della camicia e cominciò a sistemarla sentendo il fiato fresco di Louis sulle guance e sulle labbra. Sorrise, perché anche dopo anni i fuochi d'artificio li sentiva ancora.
"Nessuno vomiterà" lo tranquillizzò il riccio "ok?" gli chiese baciando il naso "Basta che stringi la mia mano, andrà tutto bene" sussurrò sulle labbra rosee prima di baciarle carezzandole come se fossero due petali della rosa più delicata e preziosa del mondo.
"Forse abbiamo messo troppa pressione su Nala, per il discorso..." ipotizzò il castano alzando gli occhi al cielo.
"È una cervellona" ridacchiò il riccio "Ce la farà e se non dovesse farcela ci saremo noi lì, smettila di trattarla come se avesse ancora undici anni, Boo" lo riprese sistemandogli la giacca e passando le mani sui fianchi morbidi del maggiore per tranquillizzarlo.
Louis sospiro e "È così piccola" disse.
"Non lo è" Harry lo accolse sul petto e "Sono passati i giorni in cui era di vetro, anche se non credo lo sia mai stata, non pensi?" chiese sottovoce.
Louis gli baciò la mascella e "Si" asserì "Hai ragione, e poi ha chiesto aiuto a tuo padre per il discorso, no?" ridacchiò prima di allontanarsi solo per un po' giusto per riuscire a guardarlo negli occhi.
Harry alzò gli occhi al cielo e rise per poi "Quei due insieme fanno paura e non so chi mi inquieta maggiormente tra lei o lui".
"Ehi!" li rimboccò una vocina alle loro spalle.
"Ok, mi inquieta più lei" continuò a prenderla in giro Harry voltandosi per trovarla più bella che mai. Cinque anni avevano anche affusolato il suo corpo e le sue gambe, stava diventando una donna a poco a poco e sotto lo sguardo di tutti. Ma due cose non sarebbero mai cambiate: gli occhi grandi e pieni di vita, del colore della terra di Wenchi e il sorriso adesso autentico e fatto di perle. "Siete pronti superstar?" chiese poi alzando un sopracciglio e guardandoli emozionata. "Ci avete messo più tempo di me!" rise.
"Solo perché per qualche motivo sei cresciuta come un maschiaccio" la prese in giro Louis ridendo ed avvicinandosi per sistemarle una spallina del vestito. La prese per mano e le fece fare una giravolta, lentamente, così che sia lui che Harry potessero vederla bene.
"Un maschiaccio bellissimo" ammise sorridendo il maggiore.
"Ok, ok" Nala sorrise abbassando il viso e "Sono io che devo far piangere voi oggi, non il contrario, intesi?" li guardò puntando loro contro un dito.
"E allora andiamo!" disse Harry avvicinandosi radioso. Nala li prese entrambi sottobraccio e continuando a ridere li accompagnò nel grande salone addobbato a festa con tanto di podio e piccolo palco per la consegna del premio.

I Was HereWhere stories live. Discover now