You've got a heart as loud as lions so why let your voice be tamed?

1.1K 89 3
                                    

I rami e le foglie di quell'albero enorme disegnavano strane forme sul viso di Louis, il venticello fresco di quel pomeriggio di Maggio lo stava rilassando davvero molto. Si guardava intorno, il ragazzo, e a poco a poco riconosceva tutto ciò che aveva scordato.
La collana legata al polso non rappresentava più un macigno gravante sul suo cuore e sul suo stomaco, era una presenza assidua e rincuorante. Se avvicinava il naso a quel ciondolo gli era quasi possibile riuscire a sentire il profumo di Harry, ma guai a dirgli che probabilmente lo immaginava. Harry era comunque in ogni luogo e in ogni suo gesto, i suoi occhi erano nel verde puro delle foglie di quell'albero maestoso, il suo calore Louis lo immaginava tra le coperte di quel letto troppo grande per lui, se chiudeva gli occhi e si concentrava riusciva a ricostruire benissimo quella risata così irruenta e piena di vita.
La vita a Londra scorreva meglio, ma comunque lenta. L'associazione procedeva a singhiozzo ma procedeva, il suo braccio andava meglio ma non era ancora completamente sotto controllo. La vita di Louis si stava componendo di mezze vittorie che "Beh, sempre meglio vederle così che come mezze sconfitte, no?" gli aveva chiesto Effy una sera a cena, Louis non era potuto essere che d'accordo con lei.
Prese un sorso del caffè che aveva ordinato lì al Three Stags a Kennington, quel posto gli era sempre piaciuto, perfino mentre studiava riusciva a rilassarsi lì su quei tavolini di legno, riparato dalle tende verdi. Niall era come al solito in ritardo e Louis di conseguenza non ne era minimamente preoccupato o sorpreso. Finì il suo caffè e si beò di quel venticello fresco che gli scompigliava i capelli. Tirò fuori la pallina antistress consigliata dal dottor Johnson e cominciò a fare qualche esercizio. Gli piaceva pensare che ogni stretta che lasciava alla pallina fosse un passo in avanti verso Wenchi e di conseguenza verso Harry, verso Nala.
Di passi ne aveva fatti circa 2765 fino a quel momento, ma la strada era lunga, non c'era bisogno che qualcuno glielo dicesse, semplicemente lo sapeva.
"Ehi Lou!" la voce allegra di Niall lo riscosse da quel clima di incoscienza "Scusa il ritardo, ho accompagnato Ef da sua madre"
"Tua suocera?" lo pungolò il maggiore ridacchiando. Niall rise scuotendo la testa e cercando di nascondere la scintilla in quegli occhi azzurrissimi "Idiota" bofonchiò.
Il biondo notò poi la pallina gialla e "Come va con quella?" la indicò.
"Con Shirley?" sorrise Louis stringendola un'altra volta.
"Shirley" asserì confuso il biondo "Sei impazzito definitivamente?" gli chiese accettando poi il caffè dalla cameriera.
"Mi è più facile insultarla quando non riesco a stringerla se ha un nome, me ne serviva uno odioso e ho scelto quello della mia professoressa di matematica al liceo" disse alzando le spalle e lasciando la pallina sul tavolo "Semplice, no?" chiese sorridendo.
Niall girò il caffè e "La prossima volta ti porto al reparto di psichiatria, due rampe di scale sopra al tuo" disse scherzoso.
Louis ridacchiò e "Beh, che dovevi dirmi?" chiese diretto al biondo.
Niall prese un sorso di caffè e si schiarì la voce "Stasera abbiamo la cena dal signor Styles" asserì.
"Sì" sentenziò il castano "Sono solo quattro giorni che non parli di altro, nemmeno fossimo condannati alla ghigliottina, ti vuoi calmare?" lo prese in giro Louis.
Il biondo lo guardò torvo e "Non è questo il punto" disse minacciandolo con il cucchiaino "Puoi ascoltarmi invece di fare ironia?" gli chiese offeso.
"Scusa" alzò le spalle Louis trattenendo un sorriso di scherno "Parla"
"Ho pensato che non possiamo andare lì a mani vuote, abbiamo bisogno di qualcosa che concretizzi l'associazione, che la renda non solo un'idea in costruzione ma qualcosa che lascia intravedere già un futuro, non credi?" gli chiese con le guance rosse.
Louis si morse un labbro, Niall aveva ragione. Chi avrebbe dato conto e retta a due medici con poco più che dell'aria tra le mani?
"E cosa vogliamo fare?" chiese d'un tratto in ansia.
"Ho pensato a questo, ci serve qualcosa che le dia una definizione, che la presenti mostrando il suo vero significato" Niall si scompigliò i capelli e "Un logo" lo interruppe il maggiore.
Il biondo spalancò gli occhi e frugò nella sua borsa recuperando carta e penna "Ok, niente psichiatria per te, sei un genio!" sentenziò facendolo ridere.
"Avrei da ridire sul fatto che i geni non si trovino in psichiatria ma-"
"EHI!" lo richiamò Niall "Pensiamo al logo, non alle tue teorie" disse piazzando il foglio davanti al maggiore. Quel bianco lo stava già infastidendo, doveva riempirlo al più presto ma nessuna idea sembrava abbastanza buona.
"Niall non lo so" disse dopo averci pensato un po'.
Il biondo si poggiò alla sedia scoraggiato e sbuffò, il caffè si era anche freddato. Louis si grattò la testa e sovrappensiero cominciò a scarabocchiare sul foglio. Si stupì quando notò che la sua mano - anche se con tratti tremolanti in alcuni punti - aveva disegnato l'areoplanino di carta del ciondolo. Lo guardò soddisfatto e "Ehi" lo richiamò Niall "Lou, dammi quella matita" disse autoritario. Il maggiore gliela passò e osservò il biondino disegnare un puntino sotto la punta dell'areoplanino e accanto scriverci Wenchi.
"La punta dell'areoplanino indica la città dove tutto questo è cominciato e deve finire" disse l'irlandese emozionato "La città dove eravamo" scosse la testa.
Louis strappò letteralmente la matita dalle mani del biondo e accanto a quel disegno scrisse velocemente "I was here foundation" sentendo lo stomaco rivoltarsi e il cervello riempirsi di quell'immagine.
"Ci siamo Louis?" chiese sbalordito Niall, gli occhi incollati al foglio.
"Direi di si, ci siamo definitivamente".


Le dita si strinsero ancora una volta, più forte, su Shirley e il respiro del maggiore si mozzò un attimo, quello che aveva davanti agli occhi era semplicemente incredibile.
Villa Styles si stagliava in tutta la sua imponenza in quel territorio lontano dalla città e immerso in quella che doveva essere una riserva ma non era la natura ad essere padrona, era quella casa. La natura più che altro era comandata dal proprietario di quella casa contornata da aiuole e composizioni splendide. Da ogni finestra la luce filtrava sicura e illuminava il buio della notte.
Quando Niall parcheggiò lungo il vialetto Louis sentì tutta l'ansia che fino a quel momento era riuscito a tenere lontano abbattersi su di lui. Strinse più forte la sua pallina e in un riflesso incondizionato i suoi denti morsero il labbro inferiore.
"E' enorme" sussurrò il maggiore in un soffio.
"Lo è" rispose Niall poggiando la schiena contro il sedile e prendendo un respiro.
"Mi spieghi perchè ce la stiamo facendo sotto?" chiese Louis grattandosi la nuca e guardando verso il basso, avrebbe preferito strapparsi il cuore più che sentirlo correre in quel modo ridicolo per una stupida cena.
"Non farmelo dire" asserì il biondo "O non entreremo lì dentro" ridacchiò nervoso.
Louis sorrise, come se non li conoscesse troppo bene tutti quei motivi. Avevano bisogno dei risparmi di Harry, che lui stesso aveva messo a disposizione e conservati per chissà che, ed era suo padre ad occuparsene in sua assenza. Entrare nella tana del lupo con in mano solo il logo di un'associazione fantasma e qualche raccomandazione gli sembrava una missione suicida ma proprio non riusciva ad accettare il fatto che lui, Louis Tomlinson, che aveva visto la morte in faccia svariate volte, avesse paura di un cardiochirurgo di fama internazionale.
Si guardò le mani e notando ancora una volta la collanina di Harry attorcigliata al suo polso prese un respiro e "Beh, biondo, si va" disse aprendo lo sportello "Non possiamo fare tardi" scrollò le spalle mentre scendeva.
"Ehi Lou!" lo richiamò l'irlandese "Forse è meglio se Shirley la lasci qui, non credi?" chiese abbozzando un sorriso.
Niall non aveva tutti i torti, presentarsi come un medico con quella sorta di problemi non avrebbe giovato alla loro causa, così, con riluttanza, aprì il cassettino della macchina e ci gettò dentro la pallina gialla, sospirò.
Quando furono spalla a spalla davanti a quella porta bianca "Vedrai che andrà bene" sussurrò Niall più a convincere se stesso che Louis.


Se villa Styles sapeva essere maestosa all'esterno, all'interno regalava il meglio di se.
Non appena entrarono davanti a loro si estese un ingresso regale e immenso di cui la protagonista principale era quella scala bianca e imponente che portava al piano di sopra, visibile anche da lì.
"Cristo" sussurrò Louis guardandosi attorno. L'atrio era luminosissimo e decorato da fiori e quadri di una bellezza decisamente difficile da descrivere.
"Niall!" una voce squarciò le sue riflessioni e quando si voltò vide una ragazza alta e slanciata venire verso di loro. Quando si avvicinò maggiormente, Louis sgranò gli occhi, non poteva essere che Gemma, la sorella di Harry, perchè la somiglianza era spaventosa.
"Gemma!" la salutò l'irlandese abbracciandola. Risero e si strinsero tutti e due e "Cavolo, se tu sei cambiato così tanto cosa sarà diventato mio fratello?" gli chiese ridacchiando e con sguardo emozionato. Poi si voltò verso Louis e trattenne il fiato portandosi una mano sulle labbra.
"Tu devi essere Louis" asserì sicura "Mio fratello mi ha scritto talmente tanto di te che mi sembra di conoscerti da più o meno tre anni" disse raggiante e in quel sorriso il maggiore rivide le fossette di Harry, il suo cuore perse un battito e "Piacere" le tese una mano.
Gemma la strinse e notò poi il ciondolo al polso di Louis, lo carezzò dolcemente e i suoi occhi si inumidirono impercettibilmente "Cavolo" disse tirando su col naso e cercando di buttarla sul ridere. "Dimmi un po'" proseguì ostentando una sicurezza che in realtà non aveva "La tua spalla, come va?" gli chiese realmente preoccupata, Louis riusciva a sentirlo nel suo tono di voce.
Lui sorrise e "Va meglio, sul serio" rispose sorridendo. Gemma sorrise, ancora una volta, e poi colse Louis di sorpresa, ennesima caratteristica che la avvicinava spaventosamente ad Harry.
Lo abbracciò forte e si aggrappò alle sue spalle e in quel gesto Louis riconobbe la mancanza che sentiva di suo fratello, la avvertiva forte e chiara mischiarsi con la sua. Sorridendo, Louis ricambiò la stretta e così rimasero per qualche secondo fino a quando "Scusa" farfugliò lei imbarazzata "E' che mi manca così tanto e Harry ha un po' la tendenza a lasciare un marchio indelebile e invisibile su quelli che ama e da quello che ho letto tu devi essere quello col marchio più grosso, sono davvero contenta di averti conosciuto" asserì ancora scostando una lacrima ribelle dalle guance rosse.
Louis rimase letteralmente senza parole, non riuscì a fare altro che sorriderle perchè mai come in quel frangente la mancanza di Harry lo stava logorando. Niall le passò una mano sulla spalla e in quel momento Gemma parve ricordarsi di una cosa di vitale importanza e "Oh, ho parlato con mio padre" annunciò. Gli occhi di Niall si spalancarono e i denti di Louis si strinsero "Gli ho raccontato meglio di voi, di Wenchi e anche di Nala, di quello che hai fatto per lei" disse al castano "Spero solo vada bene, vi aspetta in sala per la cena. Io devo andare, ho promesso a mia madre e Robin che avrei cenato con loro" sorrise "Ci vediamo presto" disse sicura scaldando il cuore di Louis, come se ci avesse steso una coperta sopra con quel sorriso. La guardarono lasciare quella casa e "Non vedo l'ora che questa serata finisca" asserì il biondo dirigendosi verso la sala, infondo Louis non potè che dargli ragione.


"Louis" Des insistette sull'accento francese di quel nome e sorrise tagliando un pezzo di carne "La cena non è di tuo gradimento?" chiese al medico alla sua sinistra.
Louis scosse la testa e "No, assolutamente, è tutto buonissimo" asserì sorridendo. Buone quelle prelibatezze lo erano davvero, ma mangiare con un nodo al centro dello stomaco si stava rivelando davvero troppo difficile. Non avevano fatto altro che parlare di interventi e miracoli del signor Styles, era come se in quella casa non si potesse parlare d'altro che di medicina e a Louis, per quanto amasse il suo mestiere, stava venendo la nausea a furia di sentirne parlare.
Niall sorrise al maggiore e osservò il signor Styles buttare giù un sorso di vino rosso compiaciuto.
"Niall" lo richiamò Des sorridendo "E lì in Irlanda che si dice? I tuoi stanno bene?" gli chiese stranamente interessato. Il biondo mandò giù il suo boccone di bistecca e "Si, tutto bene" asserì "Sono stato lì qualche giorno quando sono tornato da Wenchi e le cose non cambiano mai" continuò lui sorridendo.
"Wenchi" snocciolò il cardiochirurgo con la schiena poggiata alla sedia "Beh, è per questo che siete qui, giusto?" chiese incrociando le mani sul petto e facendo balzare lo sguardo da uno dei due medici all'altro. Entrambi posarono le posate, il momento che aspettavano pareva essere arrivato e mai nella sua vita Louis si era sentito così impreparato.
"O magari è Harry che vi ha mandati qui, non affrontare certe situazioni è da lui" disse esperto mentre i denti di Louis parevano volersi infrangere l'uno contro l'altro. Niall lo guardò e riprese a respirare. Il biondo sorrise e "Harry è cresciuto molto, signor Styles" disse prendendo le difese del suo migliore amico "E'  una persona completamente diversa da quella che è partita" continuò tranquillo.
"Da quella che tu e quel Payne avete portato via da questa casa vorrai dire" ridacchiò il cardiochirurgo evidentemente divertito dalla scomodità di quel discorso. Louis schiacciò un piede di Niall sotto il tavolo, intimandogli di non reagire alla provocazione ma di aspettare.
"Credo che l'Africa sia stata una benedizione per suo figlio, dottor Styles" asserì il maggiore versandosi un po' d'acqua nel bicchiere "Come lo è per chiunque, ma per Harry è stata un miracolo e.."
"Ma per favore" lo interruppe l'uomo avvicinandosi un'altra volta al tavolo "Sai cosa combina l'Africa a dei medici qualificati come voi?" gli chiese ridacchiando in quella maniera in cui Louis aveva visto ridacchiare Harry quando non era in se "Vi riempie di false speranze e convinzioni, aprite gli occhi, voi non potete cambiare il mondo, signor Tomlinson" scrollò le spalle Des, come se quel discorso fosse chiuso.
Louis alzò un sopracciglio, odiava essere interrotto e prendendo un respiro "Se nessuno ci prova è difficile riuscirci" ribattè, le mani strette l'una nell'altra, sentiva il nervoso montare dentro di lui e non riusciva a fermarlo, in nessun modo.
"Voi e mio figlio siete solo dei sognatori dal cuore malinconico, avete guardato troppi film melensi, vivete la medicina nel modo sbagliato. La medicina è schematica, tremendamente matematica, incapace di sbagliare, in questo campo non c'è spazio per tutta la vostra emotività" li canzonò.
Quelle parole gli ricordarono tremendamente il discorso che aveva fatto Harry anni prima, di come suo padre avesse ragione, ma non bastò il ricordo di un Harry pentito ad alleviare il suo nervosismo perchè il suo braccio cominciò a scattare di nuovo, la mano destra a non essere governata da lui.
Cercò di tenerla ferma sotto il tavolo con la mano sinistra ma purtroppo quei movimenti non sfuggirono al signor Styles che quasi rise sotto i baffi mentre gli occhi di Niall si sgranavano e si scurivano per la preoccupazione.
"Devi stare calmo, Tomlinson" lo derise il signor Styles "Lo vedi? A questo vi riducono lì, a delle macchine malfunzionanti, incapaci di controllarsi, incapaci di compiere il proprio lavoro" continuò sereno mentre la mano sinistra di Louis stringeva la destra tanto da farsi male "Ho letto tutto su di te, Tomlinson, laureato con il massimo dei voti, perfino meglio di mio figlio, avevi un futuro brillante davanti a te e ora guardati, non sei più che l'involucro di un diamante che è andato perso".
"La smetta" disse fermo l'irlandese, le guance completamente in fiamme e gli occhi sgranati.
Louis sentiva quelle parole andare ad imprimersi a fuoco nella sua corteccia celebrale, prendere posto e rimanere lì per sempre senza modo di essere mandate via o di poter essere cancellate.
Ma se doveva cadere a pezzi, ancora una volta, non sarebbe stato quel cardiochiurrgo da strapazzo a vederlo affondare.
"Non mi interessa quello che pensa lei, signor Styles, non a questo punto" disse alzando lo sguardo e riuscendo, con calma, a poggiare nuovamente le mani sul tavolo.
"Ho un braccio fuori uso e non tornerò mai ad essere come prima, lo so. Ma lasci che le sveli una cosa che forse non ha messo in conto, sono stato io a volerlo e se potessi lo rifarei ancora mille volte, le vite della gente non si salvano solo attraverso bisturi e operazioni miracolose e incredibili come le sue. La vita di una persona non è dettata solo dal battito di questo stramaledetto organo di cui lei conosce vita, morte e miracoli. La medicina non è questo, è molto, è tanto altro di più di quello che crede lei. E' una volta arrivati a questa consapevolezza che si diventa un buon medico, che si arriva a capire che ci sono persone per cui il proprio lavoro, la propria passione, possono essere messe da parte" disse senza distogliere lo sguardo da quello dell'uomo che lo guardava incredulo e ammirato da tanta audacia "E se non è riuscito a farglielo capire suo figlio dubito che altri ci riusciranno. Cominci ad ascoltare e a fidarsi di Harry, almeno una volta, e scoprirà un nuovo lato della medicina, quello che le riempirà la vita di bellezza. Potrà avere una casa indescrivibile e macchine pazzesche, ma a cosa le servono quando lei, cardiochirurgo di fama internazionale, non riesce a prendersi cura del suo di cuore?" gli chiese poi velenoso, gli occhi pieni di determinazione e sicurezza, finalmente.
Il dottor Styles abbassò lo sguardo sul polso del castano e notò la collana di suo figlio legata lì, allora rise, doveva sospettarlo che tra quei due ci fosse qualcosa di grosso, perchè Harry quella collana non l'aveva mai tolta dal collo, a volte pareva essere parte della sua carne.
"Louis" disse Des scandendo quel nome con meschinità "Te la svelo io una cosa" disse ghignando "Non mi interessa quello che avete tu e mio figlio, so già che sei tu quel pazzo che l'ha fatto diventare un completo idiota, io so tutto di te, di voi. I soldi di Harry rimarranno in banca, i vostri occhi li sogneranno e basta. Quei soldi sono destinati allo studio che mio figlio aprirà qui a Londra una volta rinsavito, discorso chiuso".
"Ne dubito" esordì Niall "Harry quello studio non lo vuole".
"Certo che lo vuole" asserì l'uomo incurante della volontà del figlio, come sempre.
"Strano" asserì il castano "Perchè io qui ho una delega sottoscritta e firmata da suo figlio in cui mi autorizza a prelevare l'intero contenuto del suo conto per dedicarlo alla nostra associazione" continuò tirando fuori dalla giacca un foglio piegato in quattro parti "Volevamo parlarne civilmente, signor Styles, ma lei non ci lascia altra scelta, come non l'ha mai lasciata a suo figlio" Louis si alzò da quella sedia che pareva essere diventata tutto d'un tratto di fuoco e si diresse verso l'uscita seguito da Niall, il cuore più leggero ma la mente completamente piena di quelle affermazioni.


Li guardò risalire in macchina dalla finestra e la voglia di prendere a pugni quel vetro quasi spaventò il signor Styles. Suo figlio, Harry, gli stava scivolando dalle mani. L'aveva plasmato a sua immagine e somiglianza, voleva lasciare al mondo un bel ricordo di se attraverso lui, ma si era sbagliato, aveva fatto il più grande errore della sua vita. E se ne era accorto quando aveva visto la collana di Harry legata al polso di Louis, non aveva mai fatto i conti con la sensibilità che aveva sempre contraddistinto entrambi i suoi figli, ma soprattutto Harry. Se ne era infischiato di quegli occhi perennemente lucidi e della determinazione spaventosa che lui aveva sempre visto ma che Harry non sapeva di avere. Perchè oltre a suo figlio, cosa aveva di concreto Des Styles? Fama e soldi, ma a cosa gli servivano senza suo figlio accanto?
Harry non era mai stato suo e ci era voluto Louis Tomlinson, un altro continente e una bambina dal passato misterioso a dimostrarglielo.

I Was HereWhere stories live. Discover now