I cannot sleep I cannot dream tonight

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"Harry, aspetta!" lo richiamò Louis, il fiatone e i polmoni a fuoco. Il riccio si girò verso il ragazzo e nel più naturale dei modi sorrise mentre continuava a correre. Tutto quello che Louis vide furono quelle fossette e quelle labbra rossissime incurvarsi in una delle più belle linee mai disegnate. "Harry!" lo richiamò ancora una volta Louis, non riusciva proprio a stargli dietro, la terra gli inondava le vie respiratorie e anche pensare lucidamente stava diventando difficile. Avrebbe dovuto guardare bene dove metteva i piedi, per evitare di cadere, ma tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi erano quei ricci, le spalle larghe, il busto lungo e le gambe magre e slanciate che correvano sempre più veloce, più lontano, da lui e da Wenchi. Il Sole gli stava lentamente bruciando la pelle e confondendo i già poco chiari pensieri quando "Harry, ti prego!" chiese ormai allo stremo delle forze. Tutto gli faceva male, petto, ginocchia, caviglie, tutto. Sentiva le guance andargli a fuoco e vedeva chiaramente la sua messa a fuoco diminuire. Harry si girò ancora una volta e sorrise nuovamente, i denti bianchissimi, splendenti come il Sole quando d'un tratto si fermò. Il suo sguardo caldo e divertito si trasformò in una maschera di paura e incredulità. Louis vide benissimo la linea incurvata del sorriso, tendente all'alto, girarsi e diventare l'espressione del terrore. Vide la bocca del minore spalancarsi e urlare qualcosa che Louis non riuscì a sentire, l'aria si riempì dell'eco di uno sparo e tutto quello che vide fu la terra in cui cadde; tutto quello che sentì furono le fiamme all'altezza della sua spalla e la vita che lentamente gli veniva strappata via, ancora una volta.

Quando Louis spalancò gli occhi si ritrovò ad inghiottire un urlo nella sua gola. Si mise a sedere fin troppo velocemente e la sua vista si inondò di puntini neri che nella penombra della sua camera non gli permettevano di vedere niente. Respirò a fondo per poi passarsi una mano tra i capelli sudati, se li scompigliò e poi si coprì il volto con tutte e due le mani cercando di darsi un respiro regolare. I suoi denti morsero fortissimo il labbro inferiore e Louis giurò di aver sentito il sapore del sangue in bocca anche senza aver recato alcun danno al suo labbro. Scostò le mani dal viso e si liberò del lenzuolo che sembrava avvolgerlo e costringerlo a letto.

Nonostante tutto gli gridasse di non girarsi verso la parte vuota del letto, nonostante sapesse quanto male gli avrebbe fatto, lui non riuscì a resistere. Aveva bisogno di quel dolore, aveva bisogno di qualsiasi cosa gli ricordasse Harry Styles. Con il respiro ancora un po' irregolare si voltò verso l'altra parte del letto e la trovò spaventosamente vuota e tremendamente fredda al tatto. Solo un giorno prima si era svegliato avendo davanti agli occhi tutta la bellezza del suo ragazzo, riuscendo ad ascoltare quei respiri scanditi dalla tranquillità di quel suo sonno profondo e stranamente tranquillo si era addormentato. Ora era solo, Louis Tomlinson era completamente da solo in una casa che era sempre stata troppo grande per lui, l'aveva detto così tante volte a sua madre quando la donna gli aveva regalato quell'appartamento a Kennington ma Jay si divertiva così tanto a ricordare al suo unico figlio maschio che "Un giorno, prima o poi, anche tu avrai una famiglia! E dove ospiterai tutti i miei nipotini?".

Louis scosse la testa al pensiero e si rese conto di quanto gli sarebbe piaciuto presentarle Harry dicendole che "Eccolo mamma, è lui, è tutto quello che ho sempre cercato" e il ragazzo quasi riuscì ad immaginarlo il sorriso compiaciuto di Johanna, Louis quasi riuscì ad immaginare il loro abbraccio.

Scosse la testa e lasciò andare quei pensieri che non gli avrebbero portato altro che male. Scostò le coperte dal suo corpo e si diresse verso il bagno. Dovette riflettere un po' per ritrovare tutte le cose che aveva lasciato, ricordava poco e niente, ormai la sua testa era piena di immagini riguardanti solo ed esclusivamente quella cittadina nel Brong Ahafo. Aprì l'acqua calda cominciando a riempire la vasca da bagno e si fermò dinanzi allo specchio, si guardò senza riconoscersi davvero. Le guance erano incavate e non aveva mai avuto delle ombre più scure sotto agli occhi, persino loro erano spenti e tendenti al grigio. Lasciò scendere i pantaloni del pigiama lungo le gambe, si disfò dei calzini e buttò tutto in giro alla rinfusa. Quando arrivo il momento di sfilarsi la maglietta prese un respiro profondo e tirò fuori per primo il braccio sinistro, con calma. Sentiva la spalla destra già cominciare a formicolare ma decise di non pensarci troppo e lentamente riuscì a sfilare la maglietta anche da lì. Quando lo specchio riflesse l'immagine della sua spalla destra Louis si ritrovò a mordersi il labbro inferiore e a guardare verso il basso. Alzò lo sguardo e tenendolo puntato nello specchio passò le dita lungo quel tratto di pelle innaturalmente liscio e più chiaro del resto. Sospirò quando un piccolo spasmo lo colpì, doveva restare calmo o non ne sarebbe uscito più. Si trattenne dalla voglia di dare un pugno allo specchio e prese un gran respiro voltandosi poi verso la vasca. Si denudò del tutto e lasciò che l'acqua calda sciogliesse e rilassasse i suoi muscoli e che magari portasse via almeno un po' di tutto quel nervosismo. Si beò di quel comfort che per anni era stato solo un lontano ricordo e lasciò che il profumo del bagnoschiuma alle mandorle gli inondasse i polmoni ed addolcisse i sensi. Sentì i muscoli distendersi piano piano e poggiò la nuca contro l'estremità della vasca, gli occhi chiusi. Anche con gli occhi chiusi la testa però non cessava di essere un mare in tempesta, Louis si sentiva esattamente nell'occhio del ciclone, circondato da un uragano di una forza spropositata, forse troppo potente per lui.
Scese lentamente con la schiena fino a finire con la testa ad un pelo dall'acqua, inspirò profondamente e si immerse completamente. Quel silenzio fortissimo gli spaccò i timpani e finalmente appannò per un po' quel vortice di pensieri. Perchè questo voleva il ragazzo, poter semplicemente smettere di pensare così tanto ma i suoi polmoni bisognosi di ossigeno e la sua testa bisognosa di tornare a pensare lo obbligarono a tornare a galla nonostante sarebbe voluto rimanere in quello stato per molto altro tempo. Quando ritornò a galla inspirò forte e si aggrappò con entrambe le mani ai lati della vasca. Si sciacquò e uscì dall'acqua che ormai era diventata fredda. Si avvolse nell'accappatoio bianco e frizionò i capelli chiari. Uscì dal bagno e con i piedi ancora bagnati, incurante di sporcare, si concesse un piccolo giro per la casa. Non c'era niente, nessuna foto, nessun souvenir, nessun oggetto ammaccato o altre diavolerie a manifestare la più importante presenza nella sua vita, in quella casa niente parlava di Harry. Quell'ennesima mancanza gli fece stringere forte i denti, ma poi si ricordò di quella foto che aveva conservato nel portafoglio, quella scattata con una vecchia polaroid. Corse in camera e spalancò il borsone, afferrò il portafoglio e tirò fuori quella piccola foto stropicciata: ritraeva Nala in braccio a Harry, un suo braccio magro intorno al collo del riccio e l'altra mano portata sulle labbra, gli occhi finalmente felici, così come quelli di Harry che aveva le labbra disegnanti una curva bellissima ed armoniosa, le fossette in vista. Carezzò quel pezzo di carta e sorrise lievemente prima di poggiarla sul comodino, dal suo lato del letto. Indossò un paio di boxer e cominciò poi a disfare i bagagli. Nell'attimo in cui tirò fuori dal borsone una delle sue maglie bianche qualcosa cadde da essa. Louis si chinò a terra e per un attimo il suo cuore smise di battere, i polmoni si rifiutarono di respirare e la testa di assimilare ciò che aveva appena visto. Quando però poi allungò una mano e afferrò quel ciondolo tutto divenne troppo vero, tutto gli cadde addosso rompendo quel muro che stava creando per impedire alle lacrime di scendere giù. Tre le sue mani la collana di Harry, quella che non si toglieva mai, il ciondolo a forma di aeroplanino di carta bruciava come il fuoco. Si sedette a terra e poggiò la schiena contro il letto. Strinse talmente forte quel ciondolo tra le mani che si fece male con le estremità delle ali. Flashback del petto largo e caldo di Harry si fecero strada tra i suoi occhi e in quel momento si maledì per essersi innamorato in quel modo, senza riserve, senza pensarci, senza nemmeno mettere in conto che prima o poi quel posto li avrebbe divisi, che la loro vita non sarebbe potuta scorrere liscia, non lì, non con il loro lavoro. E con i flashback di Harry tornarono anche quelli di quell'ospedale di cui conosceva e aveva rimesso insieme ogni pezzo, delle case che aveva sistemato, di quei volti, quelli sorridenti e quelli pieni di lacrime. Tornò Nala e tornarono i suoi abbracci, i capelli scuri, i sorrisi, le parole e le promesse. Tornò il sangue, tornarono i punti di sutura e gli interventi, tornò la sabbia, la terra, tornò il male al torace durante quella corsa contro e verso la morte, quella corsa che aveva cambiato tutto ma della quale non si sarebbe mai potuto pentire.
E insieme a tutte quelle immagini arrivò anche il pianto che si teneva dentro da troppo tempo e che rischiò di fargli esplodere i condotti lacrimali e i polmoni in mille pezzi. Le guance si inondarono di acqua salata, di paura e di altre mille cose di cui Louis non capiva più ne origine ne significato. Strinse forte quella collana e abbracciò le gambe nude, fino a quando non sentì un rumore provenire dall'entrata. Qualcuno aveva aperto la porta, avrebbe urlato, avrebbe detto a chiunque fosse di andare via, di lasciarlo da solo, di riportarlo indietro, da Harry, in quella terra sporca di sangue. "Louis?" lo richiamò quella voce e quando il ragazzo la riconobbe il petto esplose nuovamente. Charlotte, sua sorella era lì. La ragazza si precipitò in camera del fratello e quando lo vide mezzo nudo, rannicchiato a terra e con l'espressione scioccata, una mano corse automaticamente alla sua bocca e i respiri di entrambi si bloccarono. "Lots" la richiamò lui tirando su col naso.
In un attimo la ragazza fu accanto al fratello e "Lou, Lou" ripetè scostando i capelli chiari dal viso del castano, carezzando le guance ruvide di barba e scontrando il suo sguardo azzurro in quello così simile eppure diverso del fratello. Le dita affusolate della ragazza catturarono quelle piccole gocce salate e le cacciarono via. "Lots" ripetè lui, ancora incredulo. Le parole per quei due erano sempre state inutili, comunicavano a gesti e sguardi, in qualsiasi situazione, l'avevano sempre fatto. Così Lottie strinse tra le braccia il suo fratello maggiore, lo abbracciò e lo coprì, il petto di Lottie divenne il rifugio del viso di Louis che si attaccò alle sue braccia come se fossero l'unico contatto con la realtà, l'unica cosa che gli impedisse di affogare davvero, di perdere l'aria. "Sshh" sussurrò lei carezzando la testa del fratello e cullandolo. Louis lasciò andare tutto, buttò fuori tutte quante le lacrime che lo stavano soffocando, urlò per il dolore, fisico e mentale e Lottie lo strinse sempre più forte lasciando baci sulla sua testa, fino a quando Louis non si calmò, fino a quando non fu talmente esausto da crollare tra le braccia della sorella, fino a quando ancora una volta il buio vinse su di lui.

I Was HereWhere stories live. Discover now