Chapter 9. The same way

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Ero in giro per le strade di Beverly Hills, precisamente ero sulla strada della Sunset Boulevard con un bicchiere della Starbucks in mano contemplando le varie vetrine dei negozi alla moda che mai potrei permettermi di comprare qualche abito.
Stavo guardando un abito rosso con lo strascico lungo e uno spacco dalla vita in giù alla parte destra del vestito. Ero incantata dalla sua bellezza ma il prezzo mi fece ritornare alla realtà, essendo un Valentino costava sui 5.432 dollari. Questo vestito equivale a quattro mesi di duro lavoro, contando gli orari extra e quant'altro.
Camminavo ancora con gli occhi fissi sull'abito quando andai a sbattere contro qualcosa o qualcuno. Ma Dio mio, sempre a sbattere contro devo stare! Mi sgridai mentalmente.
-E stia più attento, porca puttana.- dissi in tono scorbutico.
-Guarda che mi sei venuta tu addosso.- disse una voce profonda e famigliare.
Alzai lo sguardo e incontrai due occhi castani, il signor Smith.
-Guarda cosa hai fatto alla mia camicia!- esclamò arrabbiato.
-Si lava.- dissi alzando le spalle come se nulla fosse.
-Forse non hai capito bene, ragazzina. È una camicia di Armani.- manco fosse una femmina si mette a precisare di quale stilista apparteneva.
-Mi sorprende questo lato femminile di lei, signor Smith.- dissi sarcasticamente.
Mi prese il polso e mi trascinò in uno dei tanti negozi per uomini. Se crede che gli paghi una camicia, se lo scorda.
-Il meglio che puoi fare per farti perdonare è comprare una maglia, possibilmente non macchiata di frullato.- disse lui con un sorriso falso.
-Per la cronaca, era un Milkshake.- dissi precisando. Che ignorante, pensai.
Presi una maglia nera dopo aver chiesto la taglia che portava, una medium. Gliela pagai e poi lo condussi nei camerini per farlo cambiare. Gli fasciava perfettamente i muscoli e potevo ammirare gli addominali e i pettorali scolpiti. Se non fosse un sex symbol playboy di prima categoria, un pensierino ce lo farei volentieri. Uscimmo dal negozio ed il signor Smith buttò la camicia nella spazzatura.
-Ma sei stupido! La smacchiavi e la potevi riutilizzare.- feci indignata. Persone come lui non dovevano respirare e pensare che ci condividevo l'aria. Lui fece finta di niente e proseguì avanti così come feci io ma dalla parte opposta.
-Dove credi di andare? Vieni!- mi richiamò da dietro. Mi girai e lo vidi venire verso di me, mi prese la mano e andammo solo Dio sa dove. Dopo un po' di cammino ci trovammo in un parco poco conosciuto, era ricco di vegetazione e gli alberi erano molto alti. Ci sedemmo su una panchina e io alzai la testa al cielo, beandomi dei fiochi raggi solari di quel pomeriggio poco soleggiato.
-Sei bellissima.- sussurrò il signor Smith guardandomi.
-Che cosa?- dissi pensando di non aver capito.
-Come scusa? Non ho detto niente.- disse lui velocemente. Adesso sento pure le voci, ma ti pare?
Non dissi nulla per un po' e fu lui a rompere il silenzio:- Come va all'università?-
-Bene, il prossimo mese ho il terzo esame.-
-E l'appuntamento con Taylor?- disse lui con una faccia disgustata.
-Signor Smith, non capisco cosa le possa interessare.-
-Dammi del tu quando non siamo a lavoro e poi chiamami David.- disse con un sorriso sghembo.
-Okay, David.- dissi marcando apposta il nome.
-Mi piace come lo pronunci.- disse avvicinandosi piano.
Non sapevo cosa fare, dovevo inventarmi una scusa. Il sole era sparito da un po' e le nuvole avevano oscurato il cielo. La pioggia iniziava a scendere lentamente e noi, sfortunatamente, non avevamo l'ombrello. Lui si stava avvicinando sempre di più e una goccia cadde sulla mia guancia destandomi dal mio stato di trance.
-Sta iniziando a piovere. È meglio andare.- disse David. Mi sta prendendo per il culo oppure era serio? Non c'era bisogno di dirlo, ho anche io un paio di occhi e funzionano anche molto bene.
-Davvero? Pensavo piovessero ciambelle!- esclamai senza senso.
David mi fissò e scoppiò in una fragorosa risata. Non l'avevo mai sentito ridere, aveva una risata cristallina e delle volte un po' roca ma era lo stesso magn- Che cazzo ti sta prendendo, Vanessa? Mi ammonì la voce nella mia testolina bacata. Aveva ragione, non dovevo pensare in questo modo di David, rimaneva lo stesso il mio capo.
Correvamo mano nella mano per rifugiarci sotto ad un tetto oppure semplicemente dentro un negozio. Entrammo in un centro commerciale e riprendemmo fiato, era stata una lunga corsa. David mi guardò dritto negli occhi e mi aggiustò una ciocca di capelli che era finita davanti al viso, mi sfiorò con le sue calde mani la guancia e una scarica elettrica si propagò sulla schiena. Avevo i brividi e non erano per il freddo. Mi scostai bruscamente dal suo tocco e andai verso il bar. Lui mi seguì e si sedette davanti a me, una cameriera venne verso il nostro tavolo e ci chiese cosa ordinammo. Io presi un semplice cheescake e lui una fetta di torta al cioccolato. Eravamo rimasti in silenzio finché la cameriera non ritornò con le nostre ordinazioni. Non sapevo cosa dire e se avessi aperto bocca sicuramente non sarebbe uscita neanche una parola. Fissai il piattino davanti a me con la forchetta in mano, lo sguardo perso pensando a ciò che successe quel giorno. Avevo i capelli incollati alla nuca per la corsa fatta sotto la pioggia.
-Sai, non mi capitava da tanto tempo di passare un pomeriggio come questo.- disse David prendendo un pezzo di torta.
-In che senso?- dissi senza capire.
-Un pomeriggio senza impegni, fuori dai riflettori, non andare ad appuntamenti con modelle e cose così.-
Adesso capivo, voleva una vita normale.
-Devi solo prendere una pausa, fa bene staccare la spina e concentrarsi su se stessi.- dissi io.
Presi una forchettata del dolce e me lo mangiai. David non staccava gli occhi dalle mie labbra, era come ammagliato. Afferrai il tovagliolo ma fu strappato dalle mie mani, lui si avvicinò con la sedia e con il tovagliolo in mano mi pulì l'angolo della bocca. Sembrava tanto una scena erotica ma ovviamente qualcosa doveva andare storto sennò la sfiga chi perseguitava?
David era ancora vicino a me e si teneva in equilibro con la sedia ma un cagnolino corse verso la sua padrona e lo fece cadere con il sedere per terra. Restai per qualche secondo immobile ma poi scoppiai in una grossa risata, avevo gli occhi lucidi dal troppo ridere e la sua faccia di certo non mi aiutava a fermarmi.
-Ridi delle mie sventure? Sei malvagia, allora.- disse con un sorriso per niente rassicurante.
Mi tirò dalle gambe e finii sopra di lui, la situazione era veramente imbarazzante per me. Mi fasciava la vita con le sue braccia muscolose e i nostri sguardi erano intrecciati, intorno a noi era sparito tutto come se ci fossimo solo io e lui e forse bastava questo.
Mi alzai e gli porsi una mano, parlammo per un po' sorvolando l'accaduto di poco prima e con una scusa banale me ne tornai nel mio appartamento.

Mi buttai sul divano e appena chiusi gli occhi il cellulare vibrò. Era un messaggio.
1 nuovo messaggio da: Il famoso Anonimo.
Da: Il famoso Anonimo.
Eri bellissima con i capelli tutti spettinati e bagnati dalla pioggia.
A: Il famoso Anonimo.
Come fai a saperlo? Per caso sei un quarantenne che mi perseguita?
Il battito del mio cuore era accelerato di poco, questo anonimo sapeva mandare messaggi inquietanti.
Da: Il famoso Anonimo.
Piccola, posso essere tutto ma non un vecchietto arrapato.
Non sapevo se fidarmi o meno delle sue parole ma non si sa mai ai tempi d'oggi.
Misi il cellulare in carica e accesi lo stereo, dopo un paio di canzoni mi addormentai e mi svegliai la mattina seguente dal suono del campanello.

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Spazio autrice:
Scusate per questo capitolo osceno ma ultimamente le idee vengono a mancare. Se vi è piaciuto (e credo di no, dato che non ne sono io pienamente soddisfatta) votate e commentate. Se avete qualche idea per la storia oppure qualche ritoccata allora ocommentate qui sotto ⬇️.  Grazie per le 200 visualizzazioni, stiamo crescendo sempre di più e non so perché ma in questo momento sto fangirlando, ho seri problemi btw alla prossima!👋
All the love💕

-Isa

Ragione e sentimento  [IN REVISIONE]Onde histórias criam vida. Descubra agora