17. King's Cross II

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Il freddo di Londra avvolgeva la città in un abbraccio pallido, una sinfonia monotona interrotta solo dal fruscio del vento che scivolava sotto le finestre e le porte. Echi lontani di spari punteggiavano di tanto in tanto l'inquietante silenzio.

Si erano abituati a questa routine: le notti si fondevano con i giorni, consumati dalla pianificazione e dai preparativi meticolosi. Il mondo fuori da quel rifugio era diventato pericoloso molto prima che arrivassero lì. Eppure, ogni momento che passava, il pericolo incombente era sempre più tangibile e la necessità di continuare a muoversi sempre più forte. Lasciare il comfort del loro rifugio significava dire addio all'elettricità, al calore e alla sicurezza. Tuttavia, la spinta a cercare un luogo sicuro e permanente, uno in cui non sarebbero stati in perenne fuga, corrispondeva al fervore di riunirsi alle loro famiglie.

Sotto il peso dell'imminente partenza un pesante silenzio li avvolse quando si svegliarono quella mattina. Preparando le valigie con i beni di prima necessità, le armi e l'attrezzatura per la sopravvivenza, sapevano che il prossimo rifugio fosse incerto. Nonostante la ferita di Niall fosse in via di guarigione, permaneva il timore costante che qualcuno di loro avrebbe potuto non arrivare indenne alla tappa successiva.

Quando Louis si alzò nel freddo e solitario mattino indugiò sul letto, riflettendo sul tumulto che avevano attraversato dall'inizio del caos. Lo colpì il modo in cui quella paura, quegli incubi, si erano intrecciati alla perfezione nella loro vita quotidiana. I portafogli e gli iPhone erano stati sostituiti da armi da fuoco e coltelli; le scarpe da ginnastica immacolate erano state scambiate con stivali robusti e pantaloni cargo. Con un sospiro, si concesse una piacevole doccia calda mentre un rasoio arrugginito lasciato dai precedenti abitanti gli graffiava la pelle. Dopo essersi vestito e aver fatto i bagagli, prese la difficile decisione di quali vestiti scegliere, riconoscendo l'impossibilità di portare tutto.

Frugando nella borsa, recuperò la preziosa fotografia: se stesso insieme a Oli, Luke e Stan. Tracciò con il dito il volto di Stan e una fitta di nostalgia lo attraversò prima di riporre con cura la foto.

Afferrò un pezzo di stoffa nera e uscì dalla stanza, percorrendo il corridoio diretto verso la sua destinazione. Senza esitazione e senza la formalità di bussare, entrò nella stanza. Harry era in piedi di fronte al suo letto con le spalle alla porta, lievi tracce di umidità sulla pelle dovute alla recente doccia e gocce che gli scendevano lungo la schiena.

Louis si fermò sulla soglia con un'aura di determinazione e si prese un momento per apprezzare la vista. Il suo sguardo passò dalla cintura da cui gli slip bianchi facevano capolino dai jeans attillati ai muscoli sinuosi mentre Harry scuoteva i suoi capelli umidi. Si posò poi sui lievi graffi che ornavano le scapole, un ricordo del suo tocco sulla pelle di Harry.

Schiarendosi la gola per annunciare la sua presenza, Louis chiuse dolcemente la porta dietro di sé e fece qualche passo avanti, con le dita che giocherellavano con la stoffa che aveva in mano. Quando Harry si voltò, preparandosi a indossare la maglietta, un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra appena lo vide, con le fossette che fecero una breve apparizione, suscitando un sorriso analogo da parte di Louis.

"È tua" disse Louis e il suono della sua stessa voce gli sembrò estraneo mentre allungava la mano, porgendo a Harry la sua bandana nera e bianca.

Osservò lo sguardo di Harry soffermarsi sul suo viso, analizzando e indagando come era solito fare, e aspettò, poi il suo stomaco si strinse quando Harry buttò la maglietta sul letto e si voltò totalmente verso di lui.

"Non sapevo che l'avessi ancora" ribatté Harry, accettando la bandana ma gettandola subito sul letto.

"Beh, me ne sono solo dimentic-"

Requiem for the Dawn - Italian TranslationDonde viven las historias. Descúbrelo ahora