20. Puoi fidarti di me

466 32 2
                                    

"Mi avvicino al tuo corpo per poterlo capire,mentre fisso i tuoi occhi non so più cosa dire

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


"Mi avvicino al tuo corpo per poterlo capire,
mentre fisso i tuoi occhi non so più cosa dire.
Ogni punto che sfioro cambia forma al tuo viso;
stringi forte le labbra, poi mi accenni un sorriso.
Non interpreto amore, non so bene cos'è
ma non voglio mentirti, puoi fidarti di me".

Puoi fidarti di me - Giovanni Caccamo

«Non so se sono pronta, ma devo farlo per forza. Non posso più restare qui.»

Nelly raccolse velocemente le lacrime sfuggite dai suoi occhi, poi deglutì a fatica, tentando di mandare giù quell'enorme groppo alla gola che da giorni le impediva di respirare. Erano, infatti, passati solo diciotto giorni da quando Silvia aveva lasciato il mondo terreno per trovare finalmente pace. La casa dove viveva con sua madre era piena di ricordi, in ogni angolo Nelly poteva sentire il suo profumo di cannella se si fosse sforzata, e lo stesso discorso valeva anche per la casa dei nonni. Genova era un porto di ricordi senza fine, e non poteva più sopportarne il peso sull'anima. Era arrivato il momento di andare via.

Aveva scelto Torino; non troppo lontana dalla sua vera casa, a sole due ore di macchina e due e mezza di treno. Centrale, comoda, ma soprattutto silenziosa. I nonni le avevano regalato un piccolo appartamento con i risparmi messi da parte, già in parte arredato, e Nelly lo aveva reso suo tappezzando dappertutto cose le quali ricordavano lei in tutte le sue forme: la musica, i libri, i fiori. Lasciò Genova con tre valigie e uno zainetto sulle spalle, quasi potessero contenere vent'anni di vita, e con il cuore spezzato. Nessuna città avrebbe mai potuto eguagliare la sua, il suo posto sicuro. Il suo porto. Ma non poteva fare niente per rimanere, il dolore provocato dai ricordi avrebbe finito per trascinarla più in fondo di quanto già si trovasse. Non sarebbe mai potuta essere più forte di loro.

Se avessero chiesto a Nelly di descrivere la sua prima notte a Torino, avrebbe senz'altro usato la parola buio. Buio, quello che conservava dentro; ma non solo. Quella sera, nel suo palazzo saltò la corrente. Le venne spontaneo sorridere, un sorriso sarcastico e amaro, ma sincero. Verosimilmente, il primo di quei diciotto giorni. La notte era, però, passata velocemente. Sembrava che in quella parte di universo il tempo scorresse in modo diverso. Nelly aveva bisogno di quella fretta, era un bisogno strettamente legato alla volontà di non sentire niente. Se è veloce tendiamo ad accorgercene meno.

I primi due mesi furono vuoti, fatti di urla trattenute dentro e lacrime versate sui cuscini, al fine di metabolizzare il dolore. Si era rialzata piano, uscendo la sera per fare lunghe camminate, immergendosi nel silenzio di una Torino che cominciava a lenire piano i tormenti della sua anima. Poi l'università, le prime interazioni sociali che non fossero con la cassiera del supermercato o quella del forno vicino casa. La prima amica, la dolce Mia, che da quel momento in poi non le avrebbe più lasciato la mano. Il negozio di dischi, il suo primo lavoro, fonte inesauribile di felicità e amore per Nelly, innamorata da sempre della musica.

SOTTOVOCE | ANDREA CAMBIASODove le storie prendono vita. Scoprilo ora