VI.FRANK

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LA MENSA, nonostante le brutte notizie che ci si dava sempre lì, era il posto preferito di Frank. Aveva cibo, il che lo rilassava, e le immagini del campo greco che fluttuavano sulle pareti decorando in modo meno tetro il posto. Frank era sicuro che per i greci fosse nostalgico, sospettava che persino gli facesse male vedere quelle immagini - a lui di certo l'avrebbe fatto, se fossero state del campo giove - ma non capiva perché Leo avesse deciso di inserirle comunque.

Il moro aveva progettato le pareti della mensa in modo che mostrassero scene di vita vera del Campo Mezzosangue, a quanto aveva capito. A volte Frank vedeva ragazzi radunati attorno ad un falò, un padiglione pieno di tavoli colorati e pieni di cibo, campi di pallavolo e combattimento e una grande casa ai piedi di una collina, verniciata di blu, con un altrettanto grande veranda che la raggirava. Frank doveva ammettere che il paesaggio lo rilassava.

<<Allora>> esordì Jason. <<Ora che siamo qui...>> Si sedette a capotavola, quasi in automatico. Da quando avevano perso Percy e Annabeth, Jason e Daphne avevano fatto del proprio meglio per comportarsi da leader. Visto il passato di pretore al Campo Giove di Jason, probabilmente c'era abituato; ma Daphne nonostante fosse composta non sembrava altrettanto incline a prendere il comando. Frank intuiva che fossero stressati, gli occhi blu di Jason erano più scavati del solito e, cosa del tutto inconsueta, i suoi capelli biondi erano scompigliati, come se avesse dimenticato di pettinarsi. Daphne invece era più taciturna, i suoi battibecchi con Leo erano completamente spariti e questo significava che il greco era tornato addosso alla sua ragazza.

Inoltre, negli ultimi giorni Daphne si era astenuta dalle decisioni, ma i semidei a bordo sembravano essere naturalmente guidati da lei se serviva qualcosa, e lei rispondeva. C'era un'aria strana a bordo, e che fosse per la perdita di due dei loro o per altro non importava, perché alla fine comunque c'era.

Però a Frank aiutavano i muri, gli rilassavano i nervi. Aveva passato l'ultima settimana a mangiare qui e guardare le varie scene, sentiva di aver imparato a memoria il campo greco ormai. C'era una spiaggia buia al momento alle spalle di Jason e Daphne, per colpa del fuso orario, con decine di impronte nella sabbia. C'erano torce fiammeggianti sulle soglie delle capanne, che Frank aveva scoperto fossero divise per genitore divino, e la luna scintillava in alto riflettendosi negli specchi d'acqua.

Frank non aveva potuto non notare che i greci, piu si allontanavano da Long Island, meno tempo passavano nella sala comune con le pareti orografiche, e il comportamento non fece altro che rafforzare l'ipotesi del figlio di Marte. Lanciò un'occhiata a Leo, come se potesse vedergli attraverso e scoprire se si pentisse di averle programmate adesso che la loro casa era sempre più lontana ma sbattuta nelle loro facce giorno e notte, ma il riccio era perso nei propri pensieri: giocherellava con un quadratino di metallo tra le dita, piegandolo e ripiegandolo mentre il suo sguardo vagava altrove, come se non fosse cosciente di cosa stessero facendo le sue dita. Seguendo i suoi occhi, Frank notò che Leo stava osservando Daphne, che invece annuiva assente a sguardo perso per qualsiasi cosa stesse dicendo Jason. Nessuno a quel tavolo sembrava di buon umore, romano o greco che fosse, ed era sicuro che nemmeno lui stesse facendo molto per ravvivare il panorama. Frank, onestamente, non riusciva nemmeno a forzare un sorriso, ma sperava che la sua maglietta da turista con una grande nuvoletta e la scritta CIAO! sul petto facesse abbastanza. Hazel nemmeno era propensa al cuor leggero, era ancora assonnata e con i capelli legati da una bandana che li domava dopo aver fatto avanti e indietro tra ponte e letto per tutta la notte. Daphne non riusciva ancora a gestire il loro sonno, e tutte le facce al tavolo sembravano risentirne.

VIDI | leo valdezWhere stories live. Discover now