Diamond 17

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Io amo l'umanità, ma con mia grande sorpresa, quanto più amo l'umanità in generale, tanto meno mi ispirano le persone in particolare.
Fëdor Dostoevskij

<You better stay silent like a good girl.> sussurrò a pochi centimetri dal mio viso.

Io ero rannicchiata nell'angolo del seminterrato, terrorizzata, con le guance inumidite dalle lacrime. Le mie mani tremavano e il cuore batteva così forte che sembrava volesse esplodere nel petto.

Annuii alle sue parole, stringendo le ginocchia contro di me. Ero completamente nuda e il freddo del pavimento gelido sembrava penetrare dentro di me.

Chiusi gli occhi, percependo dei passi provenire dall'esterno. <Shhh. Don't speak.> sussurrò vicino al mio orecchio, potei percepire il calore del suo respiro sulla mia pelle.

Morsi il labbro inferiore e aprii gli occhi posando lo sguardo sulla croce appesa alla parete. Strinsi le mani in due pugni finché non sentii le unghie conficcarsi nella mia pelle.

Il sangue cominciò a fuoriuscire dal labbro, lo leccai, percependo il suo sapore sulla lingua.

Non riuscii a pronunciare nemmeno una parola, come se le mie corde vocali si fossero irrigidite, come se fossi stata privata della mia voce.

L'unica cosa che riuscii a fare fu appoggiare la testa sulle ginocchia e sperare con tutta me stessa che qualcuno entrasse in quel preciso istante e mi vedesse. Che mi salvasse, liberandomi da quel mostro che mi teneva prigioniera.

Che mi restituisse la voce per poter urlare.

Scossi la testa con forza, toccandomi il collo e percependo la stessa sensazione di oppressione. La voce bloccata nella gola, imprigionata dalla mia debolezza.

Strinsi con forza le mani in due pugni e inclinai la testa all'indietro. Percepii la gola stretta come se fosse avvolta da un filo spinato, gli occhi lucidi e una fitta al petto che mi impediva di respirare.

Emozioni contrastanti mi tormentavano, costringendomi a stringere la testa fra le mani. Il peso della mia stessa mente sembrava schiacciarmi, quasi volesse esplodere in quel preciso istante.

Mi piegai a terra, continuando a stringere la testa fra le mani. Le lacrime scorrevano incontrollate al ricordo di quel mostro: il suo volto, la sua voce, il suo respiro, le sue luride mani che mi sfioravano. Ero avvolta da un vortice di dolore e paura, incapace di liberarmi dalla sua presenza ossessionante nella mia mente. Ogni ricordo era come un pugno nello stomaco, riportandomi al terrore vissuto in quel momento.

<Basta... Basta...> sussurrai a terra, cercando di controllare la fitta che sentivo nel petto, prendendo enormi respiri. <Ti prego... Basta...> la mia voce usciva appena, come fosse assente, come se non mi appartenesse più.

Percepii delle mani sfiorarmi e mi allontanai istintivamente. <Little red rose> sussurrò, avvicinandosi di nuovo. <Tranquilla, sono io.> affermò, abbracciandomi nonostante cercassi di respingerlo.

Sciolse l'abbraccio e circondò il mio viso con le mani. Cercai di parlare, ma la voce rimase bloccata nella mia gola. <Urla. Urla, Diamond. Fallo.> mi strinse dalle braccia, facendomi alzare in piedi. <Sei forte. Mi fido di te. Urla.> disse.

Strinsi le sue mani con forza, chiudendo gli occhi mentre le lacrime continuavano a scorrere incontrollate e un nodo alla gola consumava la mia anima. Inspirai profondamente, percependo le sue mani ricambiare la stretta. <Urla.> ripeté, baciando le mie mani. <Fallo.>

Inspirai ed espirai, poi esegui ciò che mi disse, permettendo ad ogni singola nota di uscire dalle mie labbra e inondare la sala. Continuai ad urlare finché mi mancò il fiato. Una sensazione di liberazione mi pervase nel momento stesso in cui mi fermai, cadendo a terra senza forze.

The Promise 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora