Capitolo Otto.

20 2 0
                                    

Hunter

Mi pento amaramente di aver dato ascolto ai miei amici e ad aver accettato di andare a guardare uno degli allenamenti di pattinaggio prima di andare a passare il pomeriggio a casa di un nostro amico.

Sono seduto sugli spalti con Thomas, e l'arena è tempestata di voci, sono solamente due eppure fanno una confusione che neanche una sala di bambini avrebbe coperto.

Inizio a fissare la pista ghiacciata quando su di essa scorgo una peste che sarebbe stata la mia condanna oramai. È con uno dei suoi migliori amici, James, anche lui pattinatore di figura, e solo a pensarci dentro lo stomaco sento un bruciore, e  purtroppo capisco cosa possa essere.

L'allenamento inizia e Lola volteggia per l'arena insieme a James, e la voglia di prendere a calci quel coglione solo perché lui può toccarla e io no aumenta sempre di più. Eppure non sono mai così violento.

Quasi mai. Distolgo lo sguardo e cerco di distrarmi mentre tutte le immagini dei mille modi in cui avrei potuto uccidere James mi passano per la testa. Non posso, è il suo migliore amico.

Dopo un'ora l'allenamento finisce ed io ho quasi spaccato il naso a Thomas che per tutto il tempo non ha fatto altro che parlare. Odio il rumore. Soprattutto di mattina. Ci alziamo e ci avviamo verso l'uscita, finché non mi va a sbattere qualcosa o qualcuno contro il petto. Maledetto tempismo di merda.

Abbasso lo sguardo e davanti a me trovo Lola, con le guance rosse e gli occhi azzurri oceano nei miei, e per un attimo sparì James, sparì il nervoso, sparì quella maledetta gelosia, e mi sembra quasi un incantesimo, dove siamo solamente io e lei, e lei sembrava volere questo a sua volta.

Sembra essere tornata quella bambina spaventata di me, ma nei suoi occhi ci sgorgo un po' di pace.

Tutto si spezza nel momento in cui James la richiama, evidentemente erano di fretta, ma non ho mai odiato così tanto una persona in vita mia. O forse si.
Chiamo Thomas ancora seduto sugli spalti e ce ne andiamo.

« Tutto bene amico? » Chiede Tommy. « Esatto, che succede? Non sei spesso così nervoso » Aggiunge.
« Sto bene. » Rispondo io, secco.

Non voglio sentire più niente e nessuno, ho bisogno di fumare. « Vai, dopo ti raggiungo a casa di Theo. »  Non mi dilungo di più e li liquido accelerando il passo e arrivando nel parcheggio dell'arena.

Ormai è vuoto, così mi appoggio alla musata anteriore della mia auto e prendo dalla tasca il pacchetto di sigarette, iniziando a fumare una.

Ore dopo sono fuori la porta di casa mia, ho fatto una doccia bollente e sono stato nel box per tre quarti d'ora, dovevo cercare di alleviare il senso di sporco e la gelosia malata che si era fatta viva in me.

Mi avvio verso casa di Theo e senza farlo apposta mi ritrovo a passare davanti casa di Lola e Thomas. In questo momento Thomas è già da Theo, e in casa quindi c'è solamente Lola, o magari è uscita. Chissà se è con qualche ragazzo... Accelero il passo e arrivo a casa di Theo in poco, per fortuna.

Theo apre la porta e io accenno un sorriso appena visibile, sanno che a loro ci tengo, anche se Thomas lo conosco da molto ma molto più tempo, tengo a entrambi come fratelli.

Entro e andiamo in salotto tutti e tre, avremmo dovuto vedere un incontro di boxe della nostra squadra preferita, ma i biglietti erano sold-out, e quindi dovremo guardarla in streaming. Mi squilla il telefono e quando leggo un numero sconosciuto sul display del cellulare esito, ma poi rispondo.

« Pronto? »
« Aiutami Hunter, ti prego, vieni qui » Mi supplica una voce tremante, e quando capisco di chi si tratta, la rabbia mi ribolle nel sangue. Chi ha potuto ridurla così?

Dopo solo cinque minuti sono a casa di Lola, e quando mi apre la porta, mi precipito dentro.

La trovo davanti a me con gli occhi rossi e gonfi, le labbra tremanti e singhiozzi che le spezzano la voce. La squadro per intero e sotto al mio sguardo sembra nascondere qualcosa, con le braccia coperte e una felpa enorme.

« Parla, Bambina. » Dico. Lei scuote la testa ed io chiudo la porta che avevo lasciato aperta e le prendo un braccio, scoprendolo dal tessuto della felpa. È piena di lividi.

« Chi te li ha fatti, Lola? » Sussurro, avvicinandomi al suo viso. « Nessun...» « Chi. » Ripeto, e lei esita un attimo, poi parla. « David » Sussurra con la voce che tremava insieme alle sue labbra rosee.

La tiro a me e la stringo, odio il contatto fisico ma adesso, con lei, sento di poterle dare questo e anche di più. Qualcosa che mi spaventa. Che spaventa entrambi.

La abbraccio con tutto me stesso, la abbraccio con l'amore che non ho avuto, l'abbraccio con amore. Odio. Protezione. Possessione.

« Andrà tutto bene, Bambina. Ora vieni con me e stenditi sul letto, lascia che mi prenda io cura di te. » Sussurro, un tono dolce che non mi è mai appartenuto, e prendendola in braccio, la porto al piano di sopra e la metto sul letto, mettendole le coperte sul corpo, e solo adesso noto com'è arredata la sua camera.

Foto con amici, foto con Thomas, appese sul muro davanti al letto, una scrivania con dei libri messi in ordine sopra, una libreria a muro e vestiti sparsi sul pavimento che probabilmente aveva dimenticato di sistemare, e un peluche accanto a lei.

Il peluche per cui la prendevo in giro. Era così carina quando abbracciava quel pupazzo che non sapevo trattenermi e la prendevo in giro.

« Non stare qui, è in disordine e... » La interrompo. « Stai tranquilla, non baderò alla tua camera, lascia solo che mi prenda cura di te Lola, ti prego. »

Ripeto, e non ho mai pregato nessuno perché ho sempre creduto che fosse da stupidi o deboli. Ma con lei faccio oramai ogni tipo di accezione. Lei non risponde e chiude gli occhi, visibilmente stanca, ed io vado in bagno.

Cerco nel mobiletto un po' di medicina o pomata, e trovo sia quest'ultima sia un antidolorifico, così prendo entrambe le cose, scendo in cucina, prendo una merendina così che non stia digiuno o che la medicina non le faccia male, e torno da lei.

Vado da lei e mi siedo accanto a lei sul letto, iniziando a toglierle lentamente la maglietta, per fortuna ha ancora il reggiseno. Ha la pancia, i fianchi e le braccia piene di lividi, e la mia rabbia cresce sempre di più.

Inizio a stenderle in modo lento e delicato la pomata sulla sua pelle macchiata di un peccato non suo e mi godo il contatto dei miei polpastrelli con la sua pelle morbida.

Appena finito con la crema le faccio mangiare, pezzettino per pezzettino, la merendina, e infine le faccio prendere l'antidolorifico. La mia Bambina.

Scuoto la testa a quel pensiero e mi alzo dal letto.
« Torno tra poco, tu riposa. » Dico con un tono che non accetta risposta, ed esco da quella camera, e subito dopo da quella casa. Il mio primo omicidio.
Eccitante.

Spazio autrice:

Opla, io l'ho sempre saputo che David non è chi si crede... e voi?  Ci vediamo col prossimo capitolo fiocchetti di neve ❄️

Forse ti odio - CollideWhere stories live. Discover now