Capitolo Cinque.

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Lola

Erano le cinque quando mi sono svegliata, e da li ho passato il resto del tempo fino al suono della sveglia a leggere, immersa nel mio mondo. La lettura per me era sacra, non c'era notte che non riuscivo a dormire e approfittavo per leggere e rintanarmi in un altro universo, uno dove non esisteva altro che me e i racconti scritti su carta.

Appena sento la sveglia, la spengo e scendo dal letto, andando verso il bagno subito dopo aver posato il libro nella mia libreria. Sono finalmente, o forse sfortunatamente, tornata a casa mia e di mio fratello e non ho nessuno di indesiderato tra i piedi a vietarmi persino dei biscotti del cazzo.

Al ricordo di lui mi viene quasi il vomito, soprattutto per le emozioni che non avrei mai dovuto provare sentendolo cosi vicino a me da condividere il respiro.

Una volta in bagno, mi tolgo il pigiama e lo ripiego, poggiandolo sul ripiano accanto al lavello, e mi sciacquo il viso, mettendo poi una crema e sciogliendo i capelli.

Entro in doccia e non appena l'acqua bollente mi scorre sul corpo sento un senso di sollievo e piacere che mi pervade, distogliendomi da tutti i pensieri che mi affliggono in quel periodo abbastanza pieno tra studio, lavoro part-time e pattinaggio.

Esco dalla doccia una mezz'ora dopo, e dopo essermi avvolta nel mio accappatoio, accendo il telefono che avevo lasciato insieme al pigiama sul ripiano e trovo una chiamata persa.
La ignoro.

Spengo il telefono e mi dirigo nuovamente in camera mia, erano le sette e un quarto, tra quarantacinque minuti dovrò essere al bar della scuola per vedere James e Riley.

E ovviamente spiegare loro cosa succede, non posso dimenticare qualcosa che è successo se prima non ne parlo con i miei migliori amici.

Mi mangerebbero viva. Anzi, prima mi torturerebbero, poi mi farebbero allo spiedo e poi porrebbero fine alle mie sofferenze e mi mangerebbero.

Metto un jeans semplice con una felpa bianca, prendo lo zaino e il telefono, poi mi avvio di corsa per arrivare senza essere come al solito in ritardo.

Appena arrivata, entro nel bar e mi siedo al nostro solito bar da tre persone, mentre la musica lieve e l'odore di caffè e dolci appena sfornati mi riempie le narici.

Aspetto Riley e James mentre ordino un caffè e un dolcetto, tanto per assaggiarlo.

Dopo una decina di minuti arrivano e appena li vedo la felicità in me cresce in men che non si dica, tanto che un sorriso fiorisce agli angoli delle mie labbra.

Mi avvicino subito a loro e li abbraccio, stringendoli forte a me sentendo tutto intorno a me sparire. Quando sono insieme a loro tutto diventa magicamente migliore.

Ci andiamo a sedere al tavolo in cui mi ero seduta prima e anche loro prendono i loro caffè, e iniziamo a parlare del più e del meno, finendo con me che racconto della vicenda con Hunter.

« Non è possibile. »
« Ma sei pazza? È il migliore amico di tuo fratello!»
« È stato il tuo incubo per anni e ora ci vai a letto? »
Domande su domande, ma l'ultima cattura la mia attenzione.

« Non ci vado a letto! Non ci andrò mai! » Dico sulla difensiva, ed è vero, non andrei mai a letto con lui neanche se mi pagassero milioni.

Affrontato quel discorso, continuamo a parlare fino a circa le nove, poi ci dividiamo per andare ognuno alle proprie lezioni. Mi tocca matematica.

Che odio.

Entro in aula e mi siedo in seconda fila, si voglio stare attenta, ma non voglio neanche sembrare una di quelle che leccano il culo ai prof solamente per qualche voto o punto in più.

La lezione inizia ed io cerco di concentrarmi il più possibile, senza perdermi nessuna formula, o almeno, provando a non perderne nessuna per la via. La mia soglia dell'attenzione raggiunge il limite quando qualcuno irrompe nell'aula, in ritardo, e subito capisco chi è. Stronzo maledetto.

Si siede accanto a me, cribbio ma non c'è nessun posto libero? Continuo a prendere appunti, ignorando la sua esistenza sperando che sparisca all'improvviso alla Fantagenitori, ma non accade, purtroppo.

Suona la campanella e io mi alzo immediatamente, devo allontanarmi da lui il prima possibile, cosi esco dalla classe e vado al mio armadietto, buttando le carte che non mi servono nel cestino infondo al corridoio.

Accendo il telefono.

Tre chiamate perse.

Ignoro.

Non mi avrà ancora.

Torno a casa e trovo Thomas ad aspettarmi a braccia aperte, mi è mancato tanto stare con lui, dato che è rimasto da Hunter per tre giorni in più rispetto a me.

Stasera dovrei uscire con David, anche se non ne ho chissà che voglia, ma accetto il mio destino e vado a prepararmi. Non odio il mio fidanzato, è infondo un bravo ragazzo, ma ultimamente sembra strano, non insiste più come una volta a vedermi, ed è strano.

Appena arrivo al parco dove ci siamo dati appuntamento, lo vedo abbastanza incazzato. Si, ho fatto cinque minuti di ritardo, mica è una tragedia, sono cinque dannati minuti.

Gli sorrido ma lui resta impassibile, allora ignoro quel piccolo dettaglio e ci incamminiamo in silenzio verso il ristorante. È un silenzio assordante, non siamo più mano nella mano, siamo solo fianco a fianco e camminiamo come due morti risorti senza voglia di vivere.

Appena entriamo nel ristorante una musica lieve e un caldo di cui ho bisogno mi pervade e un piccolo sorriso sboccia sulle mie labbra nel sentire quella sensazione cosi familiare. È il mio ristorante sushi preferito.

Ci andiamo a sedere e un cameriere subito viene noi incontro, cosi, col mio solito tono gentile, ordino ciò che volevo mangiare e David fa lo stesso, anche se in tono lievemente più rude. Ma che gli prende stasera?

« Colazione di pane e frustrazione? » Dico ridacchiando per alleggerire la situazione, ma lui non abbocca e si versa un bicchiere d'acqua, stando tutta la serata al telefono, tranne quando poi mangiava.

Mi riaccompagna a casa restando in quel silenzio quasi doloroso, ma quando siamo sotto casa mia e mi sporgo per baciarlo, uno schiaffo mi arriva in piena faccia.

« Ho visto come facevi gli occhi dolci al cameriere, e sei arrivata tardi, con chi eri, eh? » Dice con le vene che gli pulsano sul collo, mentre la mia guancia è ancora arrossata e brucia un po' per l'impatto.

Quando realizzo gli occhi mi si riempiono di lacrime. « Non ero con nessuno, non riuscivo a mettere l'eyeliner, e non ho fatto gli occhi dolci al cameriere, sono solo stata gentile come sono con tutti. »

Rispondo io, mantenendo una calma che in questo momento non sento mi appartenga, e lo mollo li, entrando in casa.

Non saluto Thomas, ma mi chiudo direttamente in camera mia e mi rintano a letto, sotto le coperte. Non è possibile. Devo averlo immaginato avendo preso freddo. No.

David è bravo, non farebbe mai una cosa del genere, mai. Era solamente arrabbiato, non mi avrebbe mai fatto del male. Presa dalla stanchezza, mi addormento lentamente con una consapevolezza nel petto: David è come lui.

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Forse ti odio - CollideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora