10. Should I stay or should I go...

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Quella volta Lonnie aveva davvero oltrepassato la linea. La nostra famiglia stava crollando. Ormai avevamo a malapena i soldi per fare la spesa e sopravvivere. Lonnie spendeva tutto in alcol e Dio sa cosa...

Aveva lavoretti che duravano al massimo una settimana e non portavano a nessuno guadagno proficuo. Mamma si ammazzava di lavoro e fra poco sarebbe toccato anche a Jonathan «aiutare».

Mamma era sempre meno comprensiva e disponibile con papà. Quello che io avevo sempre scambiato per affetto, non si stava rivelando altro che tolleranza, per un bene superiore. Anni di angherie subite, solo perché nostra madre voleva che noi crescessimo con un padre. In realtà era quasi nobile da parte sua. Peccato che Lonnie non fosse un buon padre.

E da un giorno all'altro si stufò di noi. Che non è altro che un modo gentile per dire che in realtà si stufò di me.

Papà voleva una famiglia. Lui voleva Joyce. Voleva Jonathan. Ma non voleva me. Non lo ha mai fatto.

Sarebbe restato, se io non fossi mai esistito.

Quel giorno tornai a casa da scuola. Mamma come al solito era al lavoro. Jonathan sarebbe arrivato di lì a poco.

«Papà?»

Nessuna risposta.

«Papà...?» Controllai le stanze, ma non c'era nessuno. Il che era strano. Ma non così strano. Voglio dire...era pur sempre Lonnie. Forse si era imboscato in qualche bar a fare scommesse che non poteva ripagare.

Ma il pomeriggio non era ancora tornato.

Quello fu il momento dove vidi la mamma in lacrime (di rabbia, sia chiaro) con un biglietto in mano.

Mi misi a piangere. Non era un bravo padre. Ma io desideravo che mi amasse, che mi volesse bene. Io volevo che pensasse che io ero come tutti gli altri.

Era tutta colpa mia, e lui era andato via.

Jonathan mi prese in collo, mentre ero in preda ai singhiozzi.

«Ehi...ehi Will...perché non facciamo una cosa?» Continuai a piangere.

Lui mi appoggiò sul letto e afferrò uno dei miei ultimi disegni.

Castle Byers.

Un posto sicuro di mia invenzione creato per proteggermi. Un luogo dove potermi nascondere senza mai essere trovato. L'unico posto dove lui non mi avrebbe mai potuto raggiungere.

«C'è della legna nel bosco...e poi c'è il telone impermeabile nel capannone...vuoi venire con me? Dirigi tu i lavori.» Sorrisi un poco.

«Va bene.»

Prendemmo tutto quello che ci sembrava necessario e andammo nel bosco.

Lì iniziammo a costruire. Ci mettemmo tantissimo tempo. Facevo davvero schifo a mettere i chiodi e a colpirli con il martello. Verso sera si mise anche a piovere. Fortunatamente avevamo già messo il telone impermeabile. Ci riparammo lì sotto e io disegnai l'insegna:

Home of Will the Wise

Castle Byers

Poi aggiunsi «All friends welcome» pensando al Party.

Il nostro gruppo era più unito che mai. Dustin ci aveva appunto introdotto, già dalle elementari, a questo gioco di ruolo fighissimo: Dungeons and Dragons. In poco tempo ci eravamo ossessionati. Avevamo creato dei personaggi e giocavamo anche per ore. Io ero un chierico, Will The Wise. Mike era Tayr, il nostro Dungeon Master prediletto. Lucas era il cavaliere Sundar The Bold, e il nostro carissimo Dustin era il nano Nog.

The Chronicles of Will the Wise -BylerDonde viven las historias. Descúbrelo ahora