Capitolo 16.

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Roma, 1978.

Organizzare la mostra non fu difficile per Gabriele, ma mettere in atto la progettazione fu proprio faticante. Di comune accordo Margherita e il rosso decisero di renderla una sorpresa per Lisa e ciò inevitabilmente conseguì, al fine che la piccola non scoprisse tutto ciò, che l'installazione avvenisse nelle uniche ore in cui lei non fosse vigile e, dunque, che si verificasse in un'unica notte, quella prima dell'apertura al pubblico.

Gabriele si intrufolò nella stanza della piccola, in piena notte, e sottrasse, come i migliori ladri, tutte le tele di Lisa. In meno di una notte la mostra fu messa in atto, la collaborazione che ci fu dietro sorprese il ragazzo. La sera all'arrivo del ragazzo e di Margherita nella sala centrale, proprio nel momento in cui il rosso era sull'orlo della disperazione per il timore di non potercela fare, si presentarono alcuni pazienti, altre infermiere e perfino alcuni dottori.
Tutti seguivano gli ordini di Gabriele che regolava ogni minuzioso dettaglio tra la posizione dei quadri e le loro descrizioni a fianco. Perfino l'infermiera minuta e poco gentile sembrò essere di buon umore e, addirittura, Gabriele credette di averla vista sorridere.

Quando i primi raggi solari iniziarono a illuminare la sala centrale, già era tutto pronto: le pareti bianche erano tutte ornate dai quadri della piccola Lisa. Gabriele sentiva il proprio cuore sciogliersi dalla commozione, più si guardava intorno e più notava come tutto fosse perfetto. In quel momento trovò un barlume di bellezza nell'umanità. Senza l'aiuto delle altre persone, che spinte dal sentimento della solidarietà avevano collaborato quella notte neppur conoscendosi tra di loro, la mostra non si sarebbe mai realizzata. Ed era così bello poter credere in qualcosa, dopo aver perso ogni tipo di fede.

Gabriele ringraziò di cuore ciascuno dei collaboratori di quella notte e pian piano lasciarono la sala, chi andò nelle proprie stanze a riposare, chi tornò nelle proprie case e chi invece si preparò per il proprio turno lavorativo in clinica.
Rimasero così soli Margherita e Gabriele. Appoggiati allo schienale di uno dei divani della sala.
<<Hai fatto proprio un grande lavoro.>> pronunciò la dolce infermiera, con lo sguardo ancora vago tra le tante tele.
<<Abbiamo fatto, lo sai.>> Gabriele poggiò la testa sulla spalla della donna.
<<Tua madre mi ha ordinato di recapitarti un completo nella tua stanza, da indossare per la mostra.>>
<<Sa della mostra?>> domandò stranito il ragazzo. Non si era mai interessata alla passione del figlio, né promosso alcuna sua iniziativa in questo campo.
<<Il primario ha una sorta d'obbligo nell' informarla su tutto quello che avviene e che ti avviene qui dentro.>>
Gabriele sbuffò divertito a quelle parole.
<<Non si sono degnati di presentarsi neppure una volta, ma devono essenzialmente essere informati su tutto ciò che mi riguarda.>> il ragazzo scosse la testa, ma d'altronde non era così sorpreso. Per un attimo però si immobilizzò, alzò la testa e si voltò verso Margherita.
<<Sanno di quello che è successo tra me e... insomma Edoardo?>> domandò, temendo fortemente la risposta.
<<Il primario deve informarli su tutto, io non gli passerei alcuna notizia su di te. Tranquillo.>> ribatté la donna con tono superiore.
Gabriele tirò un sospiro di sollievo.
<<Grazie di tutto.>> le disse sinceramente. Margherita gli scompigliò scherzosamente i capelli.
<<Dai, concediamoci qualche ora di sonno. Poi dobbiamo farci belli per la mostra.>> Margherita si mise in piedi e diede una mano al ragazzo.
<<Andiamo.>>

Ti chiedo di amare la vita. Where stories live. Discover now