Capitolo 15.

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ROMA, 1978.

Quella giornata di metà marzo era molto calda. Era mattina ed i raggi solari penetravo impetranti all'interno della stanza di Gabriele, facendo brillare le pareti ricoperte dalla chiara vernice. Il rosso posava il suo sguardo su quegli spiragli di luce, ma non fu quella la motivazione per cui si ritrovava già sveglio. Ben altri pensieri impedirono al giovane di chiudere occhio quella notte. Non era sua abitudine riposare nelle ore notturne, pertanto, sarebbe stato assurdo per lui concedersi un dolce sonno quando la sua mente e il suo copro fremevano dalla voglia di avere notizie. Nella mente di Gabriele balenò l'unica notte in cui riuscì davvero a dormire, ma la scacciò subito dai suoi pensieri. Non si poteva permettere di cedere alla tristezza o alla paranoia.
Si rigirò nel letto, sbuffando. Trovava estremamente scomoda la posizione in cui era, nonostante fosse disteso normalmente si sentiva quasi immobilizzato su quel materasso. Odiava sdraiarsi su di esso, ciò conseguiva avere lo sguardo rivolto essenzialmente a quel soffitto bianco e la solo vista di un unico colore, inevitabilmente, portava angoscia dentro Gabriele. Eppure, da quando sorse il sole decise di posizionarsi lì, così come aveva ordinato Margherita. In cuor suo, sarebbe stato un minimo segno di riconoscenza.
Sbuffò di nuovo e posò lo sguardo sull'orologio da parete. Erano da poche passate le nove. Presto sarebbe passato il vitto, presto avrebbe incontrato Margherita. Tentò di placare la sua gioia, in fondo era molto probabile che la cara infermiera non avesse notizie dato che era solo passata la notte. Ma ogni suo tentativo risultò vano quando vide la porta spalancarsi e una chioma riccia sbucare proprio da lì.

<<Buongiorno splendore.>>
Gabriele non aveva mai visitato la Sicilia, conosceva solo la sua storia, ma in quei giorni era impossibile spiegare quanto si sentisse rallegrato al sentire quell'accento siculo.
<<Hai notizie?>> il rosso si mise subito seduto sul letto.
<<Sì, tesoro. Ho passato la notte divinamente, grazie per aver chiesto.>> si pronunciò la donna, fermando il suo carrellino accanto al letto del ragazzo.
<<Hai ragione, scusa. Hai notizie?>> domandò lui, adesso con tono più pacato.
<<Ti noto nel tuo letto, e non in quel balcone a prendere freddo, e per lo più vestito e senza la camera in soqquadro. Sono proprio fiera di te. >> sorrise Margherita, portando ad alzare gli occhi al cielo Gabriele.
<<E va bene, va bene.>> la donna alzò le mani in segno di resa e si sedette accanto al ragazzo. Quest'ultimo si mosse sul posto, senza distogliere per un solo secondo lo sguardo dal volto di Margherita, gli era impossibile contenere quella curiosità che per tutta la notte non aveva fatto altro che divorare i suoi pensieri.
<<Stanotte ho parlato con il primario.>> Gabriele strabuzzò gli occhi.
<<Sei riuscita a parlargli davvero stanotte?>> domandò esterrefatto.
<<Ehi, era in turno quanto lo ero io. Può benissimo sentire una mia proposta.>> Gabriele semplicemente sorrise al finto tono offeso della donna.
<<E...>> il ragazzo guardò l'infermiera.
<<E...>> Margherita posò i suoi occhi scuri sul volto candito del ragazzo.
<<E ha detto che la trova un'idea fantastica.>>
Gabriele schiuse la bocca incredulo. Sbatté le ciglia numerose volte, cercando le parole dette. Era senza fiato, sentiva il suo cuore implodere di gioia.
<<Grazie, grazie.>> mormorò incredulo, passandosi le mani sul volto. Le fermò sul collo, guardando con uno sguardo colmo di allegria la sua dolce infermiera.
<<Grazie?>> domandò lei, posando le mani sui tondi fianchi ricoperti dalla sua divisa blu.
<<Tu non hai idea del grandissimo lavoro che ci aspetterà. Perché collaboreremo tutti, chiaro?>>
<<Chiaro.>> sorrise Gabriele.
Margherita annuì con fare severo, ma senza nascondere un'espressione gioiosa.
<<Ora fa' colazione e dormi, che hai bisogno di energie. Potrai benissimo farti trovare sotto le coperte ogni giorno, ma le tue occhiaie non nascondono le tue ore di insonnia.>>
Il rosso sbuffò ma annuì semplicemente. Margherita gli diede una pacca sulle gambe, ancora poste sotto le lenzuola, e si alzò. Salutò il ragazzo, raccomandandosi un'altra volta di dormire per poi chiudere la porta della stanza. Gabriele posò lo sguardo sulla colazione lasciata dalla dolce infermiera, ma non aveva tempo né per dormire e né per mangiare: doveva organizzare la mostra e l'avrebbe fatto nel più impeccabile dei modi.

Ti chiedo di amare la vita. Where stories live. Discover now