CAPITOLO VENTESIMO

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Il ragazzo del Distretto 1 muore prima di riuscire a estrarre la lancia. La mia freccia si conficca profondamente al centro del suo collo. Lui cade in ginocchio e dimezza il poco di vita che gli rimane tirando fuori la freccia e affogando nel suo stesso sangue. Dopo aver ricaricato l'arco, sposto la mira da una parte all'altra, mentre urlo a Rue:

- Ce ne sono altri? Ce ne sono altri?-

Lei deve ripetere no parecchie volte prima che io la senta.
È rotolata su un fianco, col corpo incurvato sulla lancia. Spingo il ragazzo via da lei, tiro fuori il coltello e la libero dalla rete.

Uno sguardo alla ferita, e capisco che va ben oltre le mie capacità di guarirla. Forse oltre quelle di chiunque altro. La punta della lancia le è affondata nello stomaco fino all'asta. Mi accovaccio davanti a lei, fissando impotente l'arma conficcata nel suo corpo. Non servono parole di conforto, non serve dirle che starà bene. Non è stupida. Allunga la mano e io la stringo come se fosse una cima di salvataggio. Come se fossi io sul punto di morire, invece di Rue.

- Hai fatto saltare in aria il cibo? - sussurra.
-Fino all'ultima briciola - rispondo. -Devi vincere - dice.
-Lo farò. Vincerò per tutt'e due, adesso- le prometto.

Sento il cannone e guardo in su. Deve essere per il ragazzo del Distretto 1.
-Non andare via.- Rue stringe la presa sulla mia mano.
-Certo che no. Sto qui con te - le dico.
Mi sposto più vicino a lei e poso la sua testa sulle mie ginocchia. Le scosto delicatamente i capelli scuri e folti mettendoglieli dietro un orecchio.

-Canta - dice lei, ma riesco a malapena ad afferrare la parola.
Canta! penso. Canta cosa! Qualche canzone la so, in effetti. Che ci crediate o no, un tempo c'era musica anche a casa mia. E anch'io partecipavo. Era mio padre a invogliarmi, con quella sua voce straordinaria... Però non ho cantato molto, da quando è morto. Solo quando Prim è molto malata. Allora le canto le canzoni che le piacevano quando era piccola.
Canta.
La mia gola è serrata dalle lacrime, roca per il fumo e la fatica. Ma se questo è l'ultimo desiderio di Rue, devo almeno provarci.

La canzone che mi viene in mente è una semplice ninnananna, una di quelle che cantiamo ai bambini irrequieti, affamati, per farli addormentare. È antica, molto antica, credo. Le parole sono semplici e rassicuranti e promettono che il domani sarà più piacevole di quell'orribile frammento di tempo che chiamiamo oggi. Do un piccolo colpo di tosse, deglutisco con forza e inizio.

Là in fondo al prato, all'ombra del pino,
C'è un letto d'erba, un soffice cuscino,
Il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi,
Quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare,
Qui è il luogo in cui ti voglio amare.

Gli occhi di Rue si sono chiusi, con un battito delle palpebre. Il suo petto si muove, ma solo leggermente. Libero le lacrime, che mi scivolano lentamente lungo le guance. Ma devo finire la canzone per lei.

Là in fondo al prato, nel folto celato
c'è un manto di foglie di luna illuminato.
Scorda le angustie, le pene abbandona. Quando verrà mattina, spariranno a una a una.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.

Gli ultimi versi si sentono appena.

Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare qui è il luogo in cui ti voglio amare.

Tutto è immobile e tranquillo. Poi, in modo un po' inquietante, le ghiandaie ripetono la mia canzone.
Resto seduta per un momento, guardando le mie lacrime che gocciolano sul suo viso. Il cannone spara per Rue. Mi chino in avanti e premo le labbra contro la sua tempia. Lentamente, come per non svegliarla, le poso di nuovo la testa sul terreno e lascio andare la sua mano.

I 74° Hunger Games: GalenissWhere stories live. Discover now