26) L'amara verità

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Il tempo sembrava sospeso mentre Culona si avvicinava al vecchio castello, il cuore pulsava all'unisono con i rintocchi che annunciavano la mezzanotte. L'auto lasciata, come al solito, ben prima dell'antica struttura che si ergeva davanti a lei come un monolite che sfidava il tempo.
Ogni passo che compiva era un'eco nell'oscurità, un suono che sembrava attirare l'attenzione di ombre invisibili. Il terrore le si era insinuato nelle vene, un sentimento estraneo che la percorreva con vigore sconosciuto. Non era solo l'eco dei suoi passi che risuonava tra le mura diroccate a metterla in allerta, ma un istinto primitivo che le suggeriva di essere osservata. Le rivelazioni recenti avevano alimentato il suo stato di ansia, ma questo era qualcosa di diverso; era come se l'atmosfera stessa fosse impregnata di una presenza invisibile. Il castello, con le sue torri svettanti e i suoi muri coperti di edera, sembrava un gigante dormiente che si svegliava lentamente al suo avvicinarsi. Il vento aumentava d'intensità, facendo sussurrare i rami secchi e le foglie come fossero messaggeri di un antico linguaggio dimenticato.

Culona stringeva qualcosa nella tasca del suo cappotto - un talismano? Un cellulare? Una difesa? Non importava, era un piccolo conforto contro l'immensità di quel luogo e la crescente sensazione di vulnerabilità. Nonostante il cielo fosse coperto da nuvole minacciose, i suoi occhi erano ormai abituati all'oscurità e riusciva a distinguere il percorso che portava all'ingresso concordato. Raggiungere Luca significava ottenere risposte, completare il puzzle che si era composto nella sua mente con pezzi sparsi e confusi. Doveva capire il motivo dietro gli sguardi sospetti, le parole non dette, gli eventi sfuggenti che avevano iniziato a turbare la sua realtà.
Una volta giunta al punto d'incontro, si fermò, scrutando il buio alla ricerca della figura di Luca. "Dove sei?" sussurrò, più a se stessa che a lui, mentre il vento giocava con i suoi capelli e le portava l'eco di un passo discreto. Era Luca che si avvicinava, o qualcos'altro nascosto tra le ombre del castello abbandonato? Culona aspettava, il fiato sospeso, pronta a scoprire quale verità la notte aveva ancora da rivelarle.
Luca era nascosto dietro ad un albero, quasi fuso con l'ombra proiettata dalla luna velata da nuvole inquiete. Mentre Culona avanzava, attenta ad ogni crepitio e fruscio, la figura del barista si palesò come un'apparizione, un fantasma reso carne. Un sospiro di sollievo sfuggì dalle labbra di Culona, spezzando per un attimo il silenzio carico di tensione. Il suo cuore rallentò la frenetica corsa, trovando conforto nella presenza conosciuta.

"Ti ha seguito qualcuno?" chiese Luca con una voce che era un misto di preoccupazione e urgenza, i suoi occhi scrutavano oltre Culona, quasi cercando di penetrare l'oscurità che li avvolgeva.
"Non so, sono stata attenta, penso di no" rispose Culona, la sua voce bassa ma ferma. La paranoia era un lusso che non potevano permettersi, non in quella notte e non in quel luogo. "Hai la chiave?" l'interrogativo di Luca era diretto, quasi privo di emozioni, ma i suoi occhi tradivano la gravità della situazione.
"Certo" disse Culona, con una sicurezza che non si sentiva. La mano le tremava leggermente mentre estraeva la chiave dalla tasca, un piccolo pezzo di metallo che si sentiva pesante come il piombo.
Con movimenti che erano un misto di cautela e familiarità, aprirono la solita porta sul retro del castello. Il legno vecchio cigolò sotto il loro tocco, un suono stridente che sembrava troppo forte nel silenzio del castello abbandonato.
Non si fermarono a contemplare i corridoi e le sale vuote, luoghi che un tempo erano stati testimoni dei loro passi giovani e spensierati. Non c'era tempo per nostalgia; il presente li richiamava con urgenze più pressanti.

Salirono le scale pericolanti, i gradini sembravano contare i loro passi, fino a raggiungere il piano superiore. La stanza che Culona prediligeva si apriva davanti a loro, ancora come la ricordava, una volta rifugio di segreti e sogni, ora camera di un incontro segnato da bisbigli e ombre. Entrarono, e la porta si chiuse alle loro spalle con un suono definitivo, come se sigillasse il mondo esterno e i suoi pericoli fuori da quella stanza. Qui, tra le antiche mura, si sarebbero confrontati con la verità, qualunque forma essa avesse deciso di prendere. "Sono stata qui con mio figlio, qualche sera fa" confessò Culona. "Roberta, ma mica..." insinuò Luca.
"Ma no, stupidino! Sono depravata ma non fino a quel punto. Abbiamo un rapporto speciale. Ci raccontiamo tutto e volevo fargli vedere questo posto" spiegò lei. Luca sorrise per un attimo, tornando poi serio.
I suoi occhi riflettevano l'importanza delle parole che stava per pronunciare. Culona sentì un brivido di anticipazione percorrere la sua schiena. Era evidente che quello che stava per sentire avrebbe scosso le fondamenta della sua realtà. Culona annuì, il suo sguardo fisso su Luca. Si sedette sul letto coperto da un telo che aveva disteso, un gesto quasi cerimoniale preparato per l'occasione. Le sue scarpe giacevano a terra, come se toglierle fosse un modo per ancorarsi a quel luogo, a quel momento.

Culona Per SempreWhere stories live. Discover now