03) Quel lontano pomeriggio al fiume

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Culona si trovava nella sala d'attesa della guardia medica, un luogo asettico e impersonale che contrastava con il tumulto dei suoi pensieri. Circondata da numeri pazienti, Roberta sentiva nuovamente i loro sguardi posarsi su di lei. Avrebbe volentieri evitato quella sgradita passarella ma i suoi psicofarmaci erano un faro di stabilità in un mare spesso tempestoso, e la necessità di rinnovare la prescrizione era diventata una priorità. La burocrazia aveva rallentato il suo cambio di residenza, lasciandola in una specie di limbo amministrativo, senza un medico di base a cui riferirsi. Questa transizione forzata la portò alla guardia medica, l'unico posto dove poteva rivolgersi per il momento.
Dopo un'attesa snervante, fu finalmente il suo turno. Culona attraversò la porta per entrare nello studio, una soglia che sembrava separare il passato dall'attuale momento di bisogno. Ma il passato era lì ad aspettarla, seduto dietro la scrivania, sotto forma di un vecchio amore quasi dimenticato.
Alessandro, suo coetaneo, nonché grande amore di gioventù, era ora dottore dalla guardia medica. Sollevò lo sguardo dai suoi documenti. I suoi occhi si allargarono in un misto di sorpresa e riconoscimento. Un sorriso si disegnò sulle sue labbra mentre la sua voce rompeva il silenzio con una calda familiarità.
"Culona, ma sei proprio tu?"

Il tempo sembrava essersi fermato per un attimo, mentre si scambiavano quegli sguardi che dicevano più di mille parole. C'era un'intera storia lì, in quella stanza, tra farmaci da prescrivere e ricordi da riordinare. La professionalità avrebbe guidato il loro incontro, ma era chiaro che il passato avrebbe avuto il suo peso in quella conversazione inaspettata.

Alessandro diede un'occhiata al piano terapeutico di Culona, poi si grattò la fronte, perplesso.

"E' da tanto che prendi questa roba? Sono farmaci impegnativi".

"Più o meno" si limitò a rispondere lei, lasciando intuire di non voler toccare l'argomento.
Mentre Alessandro preparava la prescrizione, l'atmosfera nello studio medico divenne meno formale. I ricordi cominciarono a fluire liberamente, come se il tempo avesse aperto una diga tenuta chiusa per troppo a lungo.

"Sono stato io a darti quel nomignolo" sorrise Alessandro.

"Ricordo bene. E ora è come una seconda pelle, purtroppo" rispose Roberta.

L'argomento del soprannome "Culona" emerse quasi naturalmente, come un aneddoto troppo colorito per essere ignorato.

Alessandro incalzò, quasi felice che fosse stato lui a coniare quel nomignolo durante gli anni dell'adolescenza. "Ricordi quel giorno al fiume?" chiese, il tono leggero ma i suoi occhi riflettevano la profondità di un ricordo condiviso.
Culona annuì, il sorriso tra il nostalgico e l'amareggiato, mentre la memoria la riportava indietro nel tempo. Il fiume era il loro ritrovo estivo, un luogo di libertà lontano dagli occhi giudicanti degli adulti. Lì, Culona si scatenava, diventando il passatempo più ambito dei ragazzi del pese. Quel giorno in particolare, era stato pieno di vita, con un brulichio di adolescenti che si godevano l'acqua fresca e la compagnia l'uno dell'altro.
"Eri saltata da quella roccia alta... tutti ti guardavano, eri così coraggiosa," continuò Alessandro, ridendo. "E quando sei emersa dall'acqua, ero lì a gridare 'Culona!' perché... beh, il costume da bagno ti stava un po' stretto!"

"Forse era una delle poche volte che lo tenevo ancora addosso, il costume" rispose Culona.

"Effettivamente…perché lo facevi?" chiese Alessandro.

"Conoscevi i miei, no? Erano severi, bigotti, insensibili alla spensieratezza dei miei anni. Al contrario di tanti di voi, a me erano proibite le serate in discoteca e le feste. Fare quelle cose era l'unico modo di sentirmi viva. Iniziai così, poi persi il controllo".

"E diventasti Culona" sorrise Alessandro.
"I ragazzi iniziarono a chiamarmi così da quel giorno," disse Culona, "e il soprannome è rimasto. Ma non mi dava fastidio, sai? Era parte di chi ero, di quei momenti spensierati."
Entrambi tacquero per un momento, persi nei loro pensieri. C'era una dolce malinconia in quel silenzio, un senso di perduta innocenza che entrambi avevano lasciato su quella riva del fiume. Eppure, nella stanza del medico, la presenza di quel ricordo sembrava colmare il divario degli anni, ricordando loro che, anche se la vita aveva preso strade diverse, quelle estati giovanili sarebbero sempre state un terreno comune, un luogo dove, almeno nella memoria, potevano ancora incontrarsi e sorridere.
Mentre conversavano, Culona lasciò che le onde di quel ricordo l'avvolgessero completamente. Quel giorno al fiume non era stato solo un giorno di nuotate, salti e risate, ma una vera e propria avventura che aveva messo alla prova il suo spirito e il suo corpo. Era stata una giornata intensa, piena di sfide e piccole vittorie personali, di quelle che segnano la fine dell'infanzia e l'ingresso nel turbolento mondo dell'adolescenza.
"Ricordo che tornai a casa esausta," disse Culona. "Le gambe mi tremavano per tutto quello che avevamo fatto".
Il sorriso sul suo volto era uno di quei sorrisi rari che nascono dal profondo, che si portano dietro la luce di un giorno che non si dimentica. "Quel giorno fu unico, indimenticabile. Mi sentivo così viva, così parte di qualcosa."

Culona Per SempreWhere stories live. Discover now