Scossi la testa. <No, non voglio usare il termometro. L'ho accettato, sai? Puoi togliere i guanti.> dissi, indicando con gli occhi le sue mani.

<Hai accettato il tuo corpo o la tua mente?> chiese lui, rispettando la mia richiesta e togliendosi i guanti.

<Il fatto di non possedere il controllo su nessuno dei due. Puoi toccarmi, il calore delle tue mani non cambierà nulla.> dissi, sollevandomi leggermente e sedendomi con la schiena appoggiata al cuscino.

Se i suoi polpastrelli mi avessero sfiorata, cosa sarebbe cambiato? Nulla. Il freddo dei guanti non avrebbe cancellato il veleno iniettato nel mio corpo da quei mostri. Allo stesso modo, il calore delle sue mani non avrebbe intensificato quel veleno.

Finalmente l'ho compreso anch'io: non sono il padrone del mio corpo.

Pensavo che evitando ogni contatto umano, la mia mente avrebbe cancellato quelle notti, liberandomi dalle sensazioni di quelle mani che ancora oggi sento addosso.

Pensavo che sarei stata in grado di "andare avanti" se avessi respinto qualsiasi forma di contatto fisico o calore corporeo.

Pensavo che sarei tornata alla normalità.

Mi sbagliavo.

Era solo una convinzione infondata, generata dalla mia mente per farmi credere nell'esistenza di una soluzione che potesse eliminare lo sporco in questo corpo e riportarmi alla vita normale.

Io non detengo il controllo del mio corpo nel piacere, ma nel dolore sì. Sono io a ferire questi polsi, sono io ad aprire il rubinetto dell'acqua bollente. Il mio possesso del corpo è diverso, è unico.

<Non sarò io ad impormi. Se lo desideri, puoi toccarmi tu. Ovunque tu preferisca.> dichiarò con mia sorpresa lo psichiatra, ponendo il termometro sulle coperte, davanti a me.

<Ovunque?> risposi, sostenendo il suo sguardo penetrante.

<Ovunque.> affermò con gli occhi lucenti di un bagliore dorato, illuminati dalla lampada.

<Apri la camicia.> dettai, abbassando lo sguardo sui bottoni della camicia che lentamente strinse aprendoli, eseguendo la mia richiesta senza opporsi.

Quando finalmente giunse all'ultimo bottone, lo fermai e alzai lo sguardo sulla ferita causata dal proiettile sparato da Luke. Con cautela, spostai la camicia appena sufficientemente da poter osservare il tatuaggio "Step By Step" posizionato esattamente sopra il suo cuore. <Ovunque hai detto.> affermai con calma, seguendo il tracciato del tatuaggio e soffermandomi precisamente nel mezzo, dove la pelle era cicatrizzata. <Cosa ti è successo?> chiesi, con la curiosità accesa dal desiderio di conoscere la storia dell'unico tatuaggio presente sul suo corpo.

I miei sospetti si dimostrarono fondati: una cicatrice decorava il suo cuore, testimone di una ferita causata da un oggetto tagliente. Tuttavia, i dettagli riguardo a come fosse avvenuto quel danno erano noti solo a lui, e avrei potuto conoscerli solo se avesse deciso di confidarmeli.

Lo vidi abbassare gli occhi sulla mia mano mentre un velo di malinconia sembrava avvolgerlo. <Ho giocato a fare il ribelle con la persona sbagliata.> disse, la sua voce portava con sé un'ombra di ricordi lontani, persi in chissà quale intricato labirinto del passato.

The Promise 2Where stories live. Discover now