Le sue grida risuonarono nel bagno, parole indistinte e minacce che si insinuarono come lame nella mia mente.

Mi avvicinai alla porta, stringendo la maniglia e cercando di resistere ai continui colpi che Eros scaricò su di essa.

Ogni secondo si prolungò in un'eternità, la mia mente divenne un vortice di pensieri contrastanti, e il mio cuore un misto di emozioni.

Dio, dicono che tu sia misericordioso. Se mi salvi questa volta, ti prometto che perdonerò il dolore della mia infanzia. Per una volta, soltanto questa, aiutami.

<APRI QUESTA PORTA DIAMOND!>

La porta divenne sempre più fragile e, nell'oscurità soffocante del bagno, pregai che Dio mi ascoltasse e che quella porta resistesse ancora per un po'.

Con un colpo finale, la porta cedette, lo specchio fu scagliato con forza e il suo sguardo gelido si posò su di me.

Stringendo con maggior forza il frammento di vetro dietro la schiena, fissai i suoi occhi cercando di mostrare una forza che in realtà non mi apparteneva. <Non otterrai mai nulla da me.> sussurrai.

Eros mi fissò con uno sguardo minaccioso. Non gli avrei mai concesso la soddisfazione di percepire il terrore nei miei occhi.

Lentamente, fece un passo in avanti sorridendo. <Non capisci?> ribadii <Non riuscirai mai a piegarmi. Non appartengo a te.>

La paura si fuse con la rabbia dentro di me.

Avanzò lentamente guardandomi attentamente mentre io stringevo con forza il frammento di vetro. Il respiro si fece affannato e la tensione si diffuse nell'aria.

Mi trovai intrappolata tra il suo corpo e il muro, stringendo con ancora più forza il frammento di vetro. Con un movimento rapido, cercai di spingerlo nella sua direzione, ma lui riuscì a bloccare la mia mano stringendo il mio polso. Col suo gomito, immobilizzò il mio collo contro la parete.

Il mio corpo si irrigidì, cercai con gli occhi qualcosa per respingerlo, ma non trovai nulla. <Sei meschino.> sussurrai a bassa voce mentre lui mi strappava il frammento di vetro dalla mano. Lo sollevò con un sorriso sul volto.

<Prima hai detto che non appartieni a me. Fammi indovinare: appartieni al König?> un ghigno si dipinse sul suo volto. <Appartengo a me stessa.> risposi, tossendo e sfiorando il collo dopo che mi liberò dalla sua stretta.

<Il tuo piano era di colpirmi con questo?> chiese ironicamente, giocando con il frammento fra le dita. <Conosci la storia del bambino e il frammento di vetro?> chiese nuovamente, sorridendo. <No.> risposi, senza mai distogliere lo sguardo dal suo occhio bianco e dalla cicatrice che gli attraversava la guancia.

Mi afferrò con forza e mi trascinò fuori dal bagno. Lo colpii e urlai cercando di sfuggire di nuovo, ma lui, con un gesto rapido, mi spinse sul letto. <C'era una volta un bambino> cominciò, togliendosi la maglietta rossa e gettandola sul pavimento.

Mi alzai correndo verso la porta, ma lui mi afferrò con forza e mi spinse al suolo. <la sua bellezza era invidiata da tutto il quartiere> disse, togliendo la cintura dai pantaloni. Io mi rialzai con gli occhi colmi di lacrime. <Eros...> sussurrai a fiato corto.

Lui non si curò delle mie suppliche; anzi, sembrarono persino piacergli. <dicevano che avesse inglobato l'alba stessa.> gettò la cintura a terra e si sfilò le scarpe. <PERCHÉ LO FAI! AVEVAMO UN PATTO.> urlai con le lacrime a rigarmi il volto senza sosta.

<Vivace, spensierato, felice, temuto da tutti.> continuò, ignorando le mie parole. Percepii il freddo della parete sprigionarsi nel mio corpo.

<Un bambino ribelle che sin dall'infanzia piegò chiunque al suo volere.> continuò, togliendo anche i pantaloni e i boxer, rimanendo completamente nudo davanti a me. Cercai nuovamente di correre verso la porta, ma mi afferrò, stringendo con forza le mie braccia. <Le promesse si devono mantenere, e tu hai promesso...> affermai, con i battiti irregolari e un tremolio in tutto il corpo.

The Promise 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora