Mi aggrappai al lavabo stringendo con forza le mani, osservando il riflesso che sin da bambina imparai ad odiare. Un riflesso che mi costrinsero a rinnegare e giudicare. La visione di me stessa che mi strapparono dalle braccia in tenera età, un ricordo costante delle mie debolezze.

Vidi il corpo che molti bramarono, che venne desiderato a soli 8 anni, che toccarono e usarono a loro piacimento.

Vidi una donna costretta a convivere con una memoria autodistruttiva, impossibilitata nel dimenticare, voltare capitolo e proseguire la sua storia.

Vidi la bambina ancora rinchiusa nei miei pensieri. Incapace di abbandonare, di rifiutare e ignorare le sue parole che lentamente mi sussurrò:

"Come hai potuto farmi questo?"
"Tu hai promesso."
"Il nostro patto era di diventare l'adulto di cui tanto necessitavamo."
"Tu mi hai deluso Diamond, tu non hai mantenuto la promessa nei miei confronti."

Vidi le manine piccole stringere il vestitino strappato con forza, i capelli scompigliati e le braccia violacee a causa della potenza esercitata.

Sentii il suo dolore, la sua voce dolce che cercava di rassicurarla, che promise a sé stessa che si sarebbe vendicata del mostro della sua infanzia.

Ruppi quella promessa, fui costretta a cedere il mio corpo e non riuscii a rendere fiera la me bambina, delusi me stessa.

Una rabbia incontrollata si diffuse nelle mie vene, e con un colpo frantumai lo specchio, disperdendo il mio riflesso in diversi e piccoli frammenti di Diamond <Zitta.> ordinai alla bambina, sottovoce.

Sentii i passi di Eros avvicinarsi. Con forza mi fece voltare verso la sua direzione <Stai esagerando.> dichiarò, costringendomi a seguirlo e conducendomi sul balcone <Vuoi ucciderti? Prego, buttati.> affermò lui guardandomi da cima a fondo <Lui è vivo.> pronunciai con enorme calma voltandomi verso la sua direzione <Il König è vivo.> vidi l'espressione sul suo volto mutare alle mie parole.

<L'hai visto anche tu immerso nel suo stesso sangue.> cercò di giustificarsi, osservai la cicatrice sul suo volto e, in seguito, l'occhio bianco <Ti ho sentito.> riuscii a rispondere prima che mi stringesse con forza la nuca avvicinandomi al balcone e costringendomi a guardare in basso <Morirà.> mi fece rialzare stringendo con forza i miei capelli <E sta a te decidere se desideri seguirlo o mantenere la tua vita.> concluse, lasciandomi e rientrando.

Lo raggiunsi <Perché non me lo hai detto? Di chi è quella tomba se lo psichiatra n. 7 è vivo? Tu mi hai mentito. Per tutto questo tempo mi hai manipolata.> gli occhi divennero lucidi al pensiero che per un intero anno abbia pianto la morte di un uomo che in realtà si rivelò essere ancora vivo.

Mi avvicinai ulteriormente <Parli tanto di forza e potere ma sei uguale a Peter. Entrambi siete codardi e temete il confronto con il König.> conclusi scrutandolo con sdegno, lui rise a quella affermazione e si avvicinò colpendomi con forza sul volto per poi stringerlo in una presa salda <Ti sbagli. Non sono come Peter. Lui non ti ha ucciso, io lo farei volentieri.> effettuò due passi indietro lasciandomi il viso <Fallo. Uccidimi e poniamo un fine a questo stupido gioco.> dissi con sicurezza, aprendo le braccia in segno di sfida.

<Se ti avessi voluta morta lo saresti già stata Diamond One. Mi servi viva ma non per questo intera. Tu pensa a ricoprire il ruolo di moglie e rimani lontana dalle grandi partite. Non sei mai stata un giocatore.>

<E cosa sarei?> chiesi con indifferenza <Una pedina.> affermò Eros <Vuoi sapere che ruolo ricopri invece tu?> chiesi ironicamente, avvicinandomi di qualche passo <Indossi la maschera dell'uomo potente e invincibile invece sei solamente la vittima.> dissi d'un fiato, non distogliendo lo sguardo dal suo volto <Sei tu la vittima Diamond, non io.> rispose lui con un sorriso <Il König mi salverà, a te invece ucciderà. A chi appartiene il peggior destino Eros Knight?> sorrisi a mia volta e lo superai uscendo dalla stanza e dirigendomi in cucina.

Dopo pochi minuti sentii i suoi passi <Con un passato come il tuo, pensi di possedere un destino migliore del mio?> pronunciò con disprezzo, spostandomi i capelli di lato <Non sei riuscita neppure a preservare il tuo corpo e vorresti amare uno come il König?> percepii il suo alito sul collo ad ogni parola <Io non lo voglio, lo faccio già.> dichiarai, cercando di mantenere il controllo su me stessa <E cos'ha questo König in più di me?> sussurrò vicino al mio orecchio.

Mi voltai nella sua direzione incrociando i nostri sguardi <Lui è vero. Mi protegge. Non mi ha mai fatto del male. Non mi ha mai torturata o insultata. Lui mi rispetta.>

Lo psichiatra n. 7 mi accolse fra le sua braccia, mi salvò nel momento in cui la mia intera vita si ruppe in mille cocci difficili da riassemblare, lui si prese l'incarico di curare un'anima come la mia.

Io stessa rigettai me stessa, rinnegai il mio passato e cercai per più volte di dimenticare voltando pagina come fossi un lettore stanco di percepire tanto dolore e soffrimento, stanco di leggere la realtà della vita e delle persone che, indifese, si ritrovano contro il mondo intero a una tenera età. Persone giudicate per le loro azioni da adulti, ignari del passato che conducono sulle loro spalle, inconsapevoli dell'enorme macigno che giova sul loro petto stringendo il cuore e soffocandolo.

<Anch'io ti posso rispettare.> disse Eros, effettuando un passo in avanti a cui ne seguii uno mio indietro <Amare. Proteggere.>

<L'unico da cui devo essere protetta lo sto guardando in questo preciso istante.> affermai, scontrandomi contro la parete e con il suo corpo a pochi metri da me.

<Ma io ti voglio bene, io ti amo.> disse sorridendo e, nel momento in cui cercai di superarlo uscendo dalla cucina, mi prese con forza dal braccio bloccandomi contro il muro.

<Lasciami. Voglio andarmene.> dichiarai, sentendo la sudorazione aumentare e il battito accelerare.

<Sei mia moglie. E come tale hai dei doveri coniugali a cui ancora non hai adempiuto.> si avvicinò al mio collo inspirando il mio profumo <Il König ti ama? Io ti amerò nel peggiore dei modi.> affermò, stringendo con forza il mio polso.

<Abbiamo un accordo.> dissi, e un brivido di terrore mi percorse la spina dorsale.

<A me non frega un cazzo di mantenere le promesse mogliettina.> dichiarò, stringendo con forza un seno e baciandomi il collo, riuscii a spingerlo di poco e lo colpii sul cavallo dei pantaloni, si piegò su se stesso e potei liberarmi correndo fuori dalla cucina, salii velocemente le scale e mi chiusi dentro la stanza posizionando vari mobili contro la porta per bloccarla.

Non sarei riuscita a fuggire dal portone principale, la villa da sempre viene controllata da molti uomini disposti sull'intera area.

Chiusi gli occhi e cercai di tranquillizzarmi, non l'avrebbe fatto. Le mie parole erano chiare: se lui mi avesse toccata, io avrei ucciso lui e poi me.

Entrai in bagno chiudendomi anche lì, presi lo specchio e lo misi al di sotto della maniglia bloccandola.

Mai avrei immaginato di ritrovarmi in una simile situazione per una promessa, per papà.

La mia intera speranza venne riposta solamente verso lo psichiatra n. 7, sulla fiducia che mi avrebbe cercata e trovata, protetta come suo solito e concluso quest'inferno liberandomi.

Lo psichiatra n. 7 era vivo, sopravvisse a quell'attacco e legò la sua esistenza ulteriormente a questa vita, a me. Lui era diverso, unico. Non sarei mai riuscita a paragonarlo a nessun altro.

Anche non facendo assolutamente nulla si sarebbe distinto dalla massa, avrebbe brillato da solo e io sarei stata lì pronta a voltare il capo verso l'alba delle sue iridi.

Chiusi le orecchie e mi concentrai sulla vista dello psichiatra n. 7, riuscii a distaccarmi dalla realtà e a non ascoltare i colpi alla porta e le minacce di Eros.

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