15. Heart-Shaped Box

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Non aveva senso.
Niente di quella faccenda aveva senso.
Perché quel pensiero lo perseguitava? Perché quell'ansia lo attanagliava in quel modo?

Le mani gli tremavano al solo pensare a lei, fogli pieni di testi sparsi per la stanza lo circondavano mentre camminava in tondo. Non era amore, era una fottuta maledizione.

Si lasciò andare sul letto con la testa tra le mani, tremante e col respiro erratico, mentre il telefono riprendeva a squillargli per la terza volta quel giorno. Non voleva rispondere, non poteva rispondere. Non in quello stato, mentre sentiva il petto potergli esplodere insieme ai timpani.

Si allungò verso il telefono, lasciato a squillare sopra il materasso per quasi l'intera giornata. Non riusciva a leggere il nome, la mano gli tremava e le lacrime gli pizzicavano gli occhi. Premette il tasto per rispondere e si portò il telefono all'orecchio, mentre cercava di riprendere fiato.

"Pronto?" La sua voce uscì più tremolante di quanto avrebbe voluto.

"Alex, si può sapere dove sei?" Era Matt. Aveva saltato le prove, ancora una volta a causa sua. Non poteva, non voleva dirgli la verità, eppure sapeva che l'avrebbe capito lo stesso.

"A casa, sto male, non posso venire." Tentò di riagganciare, ma il suo respiro affannato doveva aver fatto comprendere a Matt che c'era qualcosa che non andava.

"Che succede?" Alex si portò le mani sul viso per asciugare le lacrime che continuavano a scorrere. Era tutto così confuso, l'aria che gli entrava nei polmoni sembrava fatta di fuoco, ogni respiro gli pareva nullo. Trattenne un singhiozzio, mentre Matt continuava a fargli domande a cui non riusciva a rispondere. "Alex che succede? Devo venire?"

"Lasciami stare, lasciami stare!" Urlò ad un certo punto contro il telefono prima di chiudere la chiamata e lanciarlo contro il pavimento. Riprese a camminare in giro per la stanza, con la testa tra le mani e il petto che riprendeva ad alzarsi e abbassarsi freneticamente. Si lasciò andare contro il pavimento, con la schiena appoggiata al muro e le ginocchia al petto.

Mancava poco meno di un mese prima di partire per l'Università e questo di certo non lo aiutava, anzi gli metteva ancora più pressione. Doveva capire prima di andarsene e lasciare Sheffield cosa provasse per quella ragazza. O mettere a tacere tutti quei sentimenti definitivamente, forse la cosa più semplice da fare. Non la migliore, ma la meno complicata di certo.

Mancavano esattamente diciassette giorni prima dell'uno Novembre, prima di abbandonare quel posto. L'unica cosa che lo consolava era la certezza di rimanere con i suoi amici anche negli anni successivi e di non dover abbandonare anche loro.

Nel bel mezzo di quell'attacco che non riusciva a fermare, sentì bussare alla porta. Era solo a casa, quindi non poteva nemmeno sperare che ci andasse qualcun altro ad aprire al posto suo. Non riusciva ad alzarsi, continuava ad essere in quello stato di iperventilazione costante, mentre le lacrime continuavano a solcargli le guance. Non poteva farsi vedere in quello stato. Magari se avesse ignorato chiunque fosse alla porta, quello se ne sarebbe andato.

Si aggrappò inutilmente a quella speranza, ma dopo poco sentì bussare, stavolta più forte. Si costrinse ad alzarsi asciugandosi gli occhi e traballò al piano di sotto. Una volta davanti la porta, prese un profondo respiro, che gli diede solo la sensazione di star ingerendo spine, ed aprì. Gli si parò davanti Matt che si fiondò in casa e lo guardò per bene. Non ci mise molto a notare gli occhi rossi e gonfi dal pianto, il respiro veloce e le mani tremanti.

"Che cos'è successo, Alex?" Gli chiese preoccupato. Alex strinse le mani in pugni, conficcandosi le unghie nei palmi. Distolse lo sguardo, rifiutandosi di farsi vedere in quel modo da Matt. "Che succede?"

No Buses || Arctic MonkeysМесто, где живут истории. Откройте их для себя