Capitolo 10 (Raphael - Passato)

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Avevo compreso molto presto che mettermi alla prova contro gli altri, per me, non era uno stimolo abbastanza forte. Peccare di superbia non mi causava alcun problema, a dodici anni ero di gran lunga più preparato di tutti i miei coetanei, anche di quelli che a differenza mia trascorrevano intere giornate a farsi sanguinare gli occhi sui libri nell'ansia di primeggiare in qualcosa, di dimostrarsi validi, magari a beneficio degli insegnanti, dei genitori o di loro stessi.

Io non avevo nessuna di queste necessità, imparare un numero eccessivo di nozioni eccessivamente complesse per la mente di un dodicenne non era altro che una sfida a me stesso, una sfida che, in tutta onestà, e senza un grammo di modestia, vincevo ogni volta a mani basse e senza il minimo sforzo.

Lo studio non mi impediva di godermi le giornate come volevo. Trovavo il tempo per stare con i miei fratelli, per allenarmi con la sciabola e persino per spalleggiare Michael nelle sue risse con Maxim, un appuntamento che avveniva a cadenza quasi settimanale. Di quell'ultima attività non mi lamentavo affatto. Scaricare pugni contro quel grosso cazzone di Maxim mi aiutava a mettere a posto per un po' tutto quell'ingarbugliamento che per la maggior parte del tempo mi divorava e se ci scappava una ginocchiata nelle palle di Anthony la cosa si faceva ancora più soddisfacente.

Ormai mi era ben chiaro il concetto che sfogarmi a calci e pugni su ragazzini a caso non era l'opzione migliore, in più, dopo aver pestato Leo senza altro motivo se non che in quel momento desideravo ardentemente fare del male a qualcuno, avevo sperimentato un logorante senso di colpa, che era peggiorato quando lui quella sera a cena, un po' intimorito, cercando di non dare a vedere che si nascondeva dietro la sorella, mi fece comunque un debole cenno di saluto con la mano, azzardando persino un timido sorriso. Ogni cosa dentro di me si era rivoltata e avevo sentito la pelle cosparsa da tanti piccoli e molesti scarafaggi. Non avrei dovuto picchiarlo senza motivo, me n'ero reso conto immediatamente, ma in quel momento mi ero sentito un vero e proprio vigliacco. Ed ecco una cosa che non volevo più sperimentare, la sensazione che le emozioni mi sfuggissero di mano e si accedessero come una spia luminosa sulla mia pelle. Odiavo sentirmi così a disagio e odiavo non riuscire a controllarlo. E così, con il tempo, avevo provato in tutti i modi a imparare a farlo, affinando una tecnica che, ritenevo, con il tempo sarebbe potuta diventare perfetta. 

L'estate era il periodo dell'anno in cui tutto sembrava sempre sfuggirmi un po' più di mano. La ignoravo, la evitavo, facevo di tutto per non trovarmi nei posti dove c'era lei. Io non volevo vederla! O almeno quello era ciò che mi ripetevo in continuazione. In un modo o nell'altro, mi ritrovavo sempre a gravitare attorno a quella forza di attrazione che aveva i capelli rossi che la circondavano come un'aureola infuocata e la stessa presenza di spirito di un temporale estivo, brutale, selvaggia e che non lasciava scampo.

«Io dico che quello che ti irrita davvero è il fatto che Arielle ti ignora completamente e che preferisce passare il suo tempo con Anthony.»

Cazzo, prima o poi avrei dato a quello stronzo di Michael una dose della sua stessa medicina. Però era vero che Arielle e il mio fratellastro trascorrevano molto tempo insieme. Fin dalla prima estate che avevano trascorso sull'isola, quei due erano sempre andati d'accordo. Fantastico, mi ripetevo in continuazione. Più sta con Anthony meno l'avrò intorno. Quello che non dicevo, e con non dicevo intendo che io stesso ero nella categoria delle persone a cui non lo dicevo, era che ogni volta che li vedevo insieme, qualcosa di rabbioso si scaldava nelle mie mani, dandomi la sensazione di tenere fra le dita un ferro arroventato che avrei tanto voluto scagliare contro qualcosa, possibilmente la faccia di Anthony.

«Quella mocciosa può passare il suo tempo con chi le pare. Anzi, deve passarlo il più lontano possibile da me.»

Non ne capivo proprio niente di attrazione a dodici anni. Sapevo cos'era il sesso, era difficile non saperlo quando avevi una mente curiosa e un padre che non faceva mistero di avere altri figli, ma a parte la meccanica della cosa, non possedevo nemmeno il più basilare concetto di quello che gli ruotava intorno. Ma quella fiamma in movimento, con il broncio e occhi affilati, era un richiamo che mi sforzavo a tutti i costi di ignorare. Per tre mesi all'anno assistevo a quella fiamma che un momento ardeva di risate e poi di scuriva di concentrazione, che si schiariva quando pensava nessuno la stesse guardando e che si lasciava mitigare dal mare quando si lanciava tra le onde e nuotava senza preoccuparsi una sola volta di lanciare uno sguardo alla riva. Arielle Myers era un enigma e io lo sentivo mio da risolvere.

Angel Of RageWhere stories live. Discover now