Capitolo 2 (Raphael - Presente)

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A volte persino i miei fratelli pensavano che fossi un automa, scolpito con sapiente maestria nel blocco di ghiaccio più freddo, ricavato dalla tundra più gelata di quel pianeta.

La maggior parte delle volte mi prendevano in giro, ma nelle loro parole c'era sempre un fondo di verità.

Segretamente, me ne compiacevo. Avevo faticato per modellarmi quella maschera. In parte era il risultato di un atteggiamento innato, della naturale propensione a non lasciarmi toccare da quello che mi capitava intorno. In parte era la diretta conseguenza della paura che, se avessi lasciato andare la rabbia che mi bruciava nel petto per la maggior parte del tempo, avrei finito col ferire chi mi stava intorno. 

Le emozioni mi mettevano profondamente a disagio, soprattutto se manifeste. La loro caratteristica principale era la confusione e la snervante attitudine a sfuggire a qualunque tipo di controllo. E se c'era una cosa che non ero disposto a perdere era il controllo. Mi sembrava molto più logico scendere a patti con quegli stronzi che prendevano il nome di sentimenti e concedergli di vivere dentro di me alle mie regole. Il più grande atto di ribellione che riuscivano a organizzare erano dei piccoli tremori alla mano, che mi costringevano a chiudere le dita a pugno. Per il resto, ero io che decidevo quando e come far venire tutto fuori.

Solo che quella mattina la mia autorità sembrava non contare un cazzo per i fastidiosi occupanti abusivi del mio corpo. Mentre camminavo nell'ingresso invaso di luce, con i raggi del sole che si riflettevano sul marmo bianco de pavimento, accecandomi, li sentivo agitarsi in un punto imprecisato tra le costole e lo stomaco.

Dopo anni avrei dovuto esserci abituato. E invece quella temporanea perdita di controllo sulle mie stesse sensazioni non mancava mai di mandarmi in bestia.

Tornato a Mistfold, New York mi sembrava sempre un luogo irreale, così come i fantasmi che lo abitavano. Lasciarla galleggiare nelle nebbie del passato era come risvegliarsi da un sogno troppo vivido, che ti lasciava appiccicata addosso per ore la nostalgia di tornare in un posto che sai che non esiste.

«Ditemi che non avete scopato anche sul tavolo della colazione.» Una sorta di sospiro esasperato mi lasciò il petto quando vidi Michael e Charlie, le lingue impegnate in qualcosa che non somigliava nemmeno lontanamente a una conversazione, seppure dalle loro gole uscissero suoni disarticolati.

Sul serio, quei due dovevano darsi una calmata e lo avevo messo bene in chiaro quando avevo scoperto la profanazione del mio tavolo da biliardo. Ero stato a tanto così da notificare a mio fratello maggiore e alla sua futura moglie un ordine restrittivo. Alla fine mi ero accontentato del regalo di pace di Michael, che aveva sostituito il tavolo da biliardo, sebbene nel profondo avessi nutrito la speranza di fare fuoco al precedente.

«Non stamattina.» Michael si girò appena per sollevare un sopracciglio nella mia direzione. «Non ancora, almeno.» aggiunse, prima di catturare in un morso le labbra di Charlie, che squittì una falsa protesta.

Roteai gli occhi dietro la testa, ammazzando quel ghigno traditore che minacciava di lasciare le mie labbra senza un ordine diretto. Non avrei mai dato quella soddisfazione a quel pervertito di Michael. Già così, quei due non facevano altro che scopare su ogni dannata superficie di quella casa. 

Nonostante tutto, non potevo non essere felice per mio fratello. Per lui e per Charlie. Ne avevano passate tante, troppe, e adesso meritavano quel cazzo di lieto fine che così poche persone riuscivano a conquistare.

Ignorai la punta di acidità allo stomaco, decidendo di riversarla tutta nella voce. «Sei disgustoso. E sei ancora a rischio di una denuncia per atti osceni in luogo pubblico.»

«E denunceresti anche me?» Charlie finalmente mise fine all'appassionato incontro di bocche e mi pose la domanda guardandomi dritto in faccia, mentre mi sedevo di fronte a loro. Questa volta concessi al muscolo all'angolo delle mie labbra di contrarsi appena. Nell'ultimo anno Charlie era entrata più in confidenza con me. Non al punto da riuscire a sostenere il mio sguardo troppo a lungo (le persone che ci riuscivano si contavano sulle dita di una mano), ma ormai riuscivamo ad avere una conversazione leggera senza che lei arrossisse dopo pochi secondi. Non ero così insensibile da far sentire mia cognata in soggezione intorno a me. Michael l'amava, Charlie ormai era parte della nostra famiglia. E il mio affetto per lei non era in discussione. A volte però, mi divertiva vederla arrossire, imbarazzata davanti ai miei sguardi profondi e indecifrabili.

Angel Of RageWhere stories live. Discover now